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Diciassette dei diciannove trans non sono trans, ma si sono dichiarati trans solo per essere eletti come donne. Lo scioglilingua serve a descrivere la paradossale situazione venutasi a creare a Oaxaca, Messico, nelle elezioni municipali e raccontata oggi sul Foglio.
Quando furono presentate le liste, le associazioni che riuniscono le persone transessuali avevano esultato per un numero così alto di candidati. Poi, l'amara sorpresa. Non si tratta di trans ma di furbi maschietti che, approfittando dell'articolo 16 della nuova legge che tutela le scelte di queste persone, si sono dichiarati donne così da aumentare le loro possibilità di essere eletti grazie alle quota rosa.
Oh-oh, qualcosa non torna. Quando si sono accorti dell'imbroglio, le associazioni si sono arrabbiate. «Si è identificato che 17 delle 19 candidature approvate non formano parte della comunità̀ transgender», ha detto la leader Naomy Méndez. Da qui una denuncia alle autorità̀ federali, che hanno avviato un'indagine.
La cosa verrà risolta con l'obbligo per i candidati di presentarsi non come un nome fittizio, come è successo, e di dover fare campagna elettorale qualificandosi pubblicamente come transessuali davanti agli elettori.
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).
IN CINA NIENTE CENSURA WEB SU CONTENUTI LGBT
Sina Weibo, il colosso di microblogging cinese, sceglie di togliere la censura sugli argomenti LGBT presenti sulla sua piattaforma. Weibo è un social network come Facebook e Twitter che vanta 397 milioni di utenti.
L'aver tolto dalla censura alcuni termini propri del mondo LGBT è stato anche l'effetto di una campagna massiccia on line che aveva come slogan #IAmGay e #IAmnotapervert.
Eliminare dal web filtri anti teoria del gender è di fondamentale importanza per le lobby gay perché la rete è il primo canale non solo per veicolare informazioni gay friendly ma per espandere in modo estensivo e rapidissimo modi di pensare e costumi filoLgtb.
(Gender Watch News, 3 maggio 2018)
A MADRID I POPOLARI IMPONGONO L'IDEOLOGIA GENDER NELLE SCUOLE
Davvero senza ritegno il Partito Popolare spagnolo, che nella Comunità Autonoma di Madrid, ove governa, si è preso la briga di modificare i contenuti della didattica, per imporre dal prossimo anno in tutte le scuole, tanto pubbliche quanto private, l'ideologia gender.
I tre decreti relativi, assunti in applicazione della legge Lgbt approvata all'unanimità dal parlamentino madrileno, sono già stati pubblicati sul Bollettino Ufficiale, hanno quindi valore e riguardano le elementari, le medie, fino ai licei, tutte obbligate ad adeguarsi, quelle cattoliche comprese.
Già sono partiti un mese fa appositi corsi di indottrinamento per i docenti, ovviamente tenuti tutti da personale schierato, fazioso, rigorosamente unilaterale: c'è un trans ex-volontario del Cogam, una Ong di lesbiche, gay, transessuali e bisessuali di Madrid; ci sono la sessuologa ed il consigliere giuridico, responsabili dei rispettivi settori del programma Lgbt; ci sono psicologi e dirigenti delle équipe di orientamento scolastico.
Come possono, le famiglie, difendersi da tutto questo? Innanzi tutto, compilando una dichiarazione relativa all'obiezione di coscienza, che si richiama all'art. 27.3 della Costituzione spagnola, articolo che garantisce il diritto dei genitori di assicurare ai figli un'educazione conforme a quella impartita in casa. E poi facendo riferimento alle sentenze della Corte Suprema, che l'11 febbraio 2009 non autorizzò scuole e docenti «ad imporre o inculcare, neppure in forma indiretta, alcun punto di vista» preconfezionato su questioni morali, che risultino ancora «controverse».
(Corrispondenza Romana, 24 aprile 2018)
LUXURIA E IL DIRITTO ALLA COMUNIONE
La comunione non è un diritto, ma ci sono dei diritti dei fedeli sulla comunione. In epoca di dirittocrazia anche la Chiesa non poteva non essere investita dal desiderio eretto a norma arbitraria e alla violazione di quelli che sono i diritti veri. A regolamentarli, o meglio, a farli rispettare dovrebbero essere i vescovi. Ma che cosa succede quando i prelati non lo fanno? Oppure: che cosa deve fare un fedele quando si vede negato un diritto o quando, peggio ancora, un altro reclama pubblicamente come suo diritto la Comunione eucaristica senza neppure preventivare la confessione?
Succede che vige la legge del più forte, nella quale chi fa la voce più grossa prevarica sugli altri e la giustizia viene cancellata. Due casi opposti e speculari lo dimostrano molto bene.
Ad Ancona i fedeli della Parrocchia dei salesiani di Corso Carlo Alberto le stanno provando tutte da quando il parroco, arbitrariamente, ha deciso di non distribuire più la Comunione in bocca. "La comunione verrà distribuita solo in mano", va ripetendo da qualche tempo a questa parte il sacerdote. C'è anche un video che sta girando su Facebook che lo prova. Molti fedeli che invece desiderano ricevere l'Ostia santa in bocca, e magari anche in ginocchio, hanno dapprima chiesto spiegazioni al reverendo, il quale non ne ha date, arrogandosi il diritto di decidere su queste cose. Diritto che invece, lo vedremo con i documenti appositi, non può vantare.
Successivamente dopo alcune campagne stampa hanno intrapreso la via della denuncia canonica. Si tratta di un esposto presentato al vescovo di Ancona, Angelo Spina, che è il moderatore della liturgia, nella quale a norma dell'Istruzione Redemptionis Sacramentum si raccomandano le regole per la distribuzione dell'Ostia consacrata. Ovviamente tra le forme ammesse vi è anche quella della comunione in bocca, che resta addirittura quella privilegiata.
Ma dopo giorni di richieste pressanti il vescovo non ha risposto. Anche la Nuova BQ lo ha cercato ripetutamente e finalmente ieri lo ha trovato: "Sono impegnato, di questa vicenda si occupa il parroco", ha tagliato corto il vescovo senza darci neppure la possibilità di chiedere ragione del fatto che le leggi della Chiesa dicano l'esatto contrario. E, si badi, si tratta di leggi del 2004 non di un secolo "buio" e preconciliare.
Ad esempio, sempre stando alla Redemptionis Sacramentum, che cita passi addirittura della Costituzione Conciliare sulla liturgia Sacrosantum Concilium, al numero 90 si legge: "«I fedeli si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza dei Vescovi», e confermato da parte della Sede Apostolica". E al 91: "Nella distribuzione della santa Comunione è da ricordare che «i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli»" e ancora "non è lecito, quindi, negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio, che egli vuole ricevere l'Eucaristia in ginocchio oppure in piedi".
Ancor più interessante il punto 92 che entra nello specifico della distribuzione in mano: "Benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca, se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia. Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l'ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se c'è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli".
La Chiesa, dunque, ribadisce che quello di ricevere il Sacramento in bocca è un diritto del fedele e che la consegna sulla mano è un permessa solo a certe condizioni. Quindi, l'autorità ecclesiastica potrebbe per alcuni validi motivi proibire la distribuzione nella mano e "imporre" quella in bocca e non viceversa. Ad esempio quando c'è pericolo di profanazione. Proprio l'esatto opposto di quanto sta accadendo ad Ancona.
Infatti recentemente proprio nella Diocesi marchigiana ignoti hanno trafugato due pissidi con ostie consacrate dal tabernacolo della chiesa di San Francesco alle Scale, costringendo il vescovo Spina ad un vibrato e sentito atto di riparazione di questo sacrilegio.
A maggior ragione dunque, proprio a causa di questo precedente sacrilego, il vescovo avrebbe potuto imporre, anche temporaneamente, la distribuzione della comunione in bocca. Non è stato fatto. Però in una parrocchia di Ancona accade l'esatto contrario. I fedeli umiliati nelle loro richieste più semplici e sentite. Un diritto calpestato dunque, un diritto negato da un vescovo che invece dovrebbe intervenire subito.
Dall'altro lato invece abbiamo un caso diametralmente opposto, ma che ha come comune denominatore il tema del diritto e della Santa Comunione.
Ospite della conduttrice Caterina Balivo su Rai Due a Detto, fatto, il trans Vladimiro Guadagno, in arte "Luxuria" ha raccontato del suo rapporto con la fede. E qui, curiosamente, la parola diritto è risuonata più e più volte per ribadire che in fondo anche Luxuria ha diritto di fare la comunione. Per poterlo affermare ovviamente il trans più famoso d'Italia utilizza espressioni romanticizzate e che suscitino la lacrima facile del pubblico.
Ad esempio quando mostra la foto della sua prima Comunione e di come si allontanò dalla Chiesa perché non accettava la sua parte femminile: "Non avevo il diritto di pregare, era come se non fossi degna di essere ascoltata". Poi, grazie "a don Andrea Gallo e al Pontificato di questo Papa ho capito che ognuno di noi deve considerarsi figlio di Dio". Infatti Luxuria diede scandalo perché proprio ai funerali di don Gallo ricevette la comunione direttamente dalle mani del cardinale Angelo Bagnasco, allora presidente della Cei.
Ma è chiaro che anche questo è un attacco al Sacramento dell'Eucarestia, perché viene ridotto a semplice premio, a puro simbolo religioso e non al corpo del Cristo.
Così Guadagno torna a fare la Comunione su pressione di una signora che a Napoli, durante la messa la invita: "Cosa aspetti a unirti a noi? Mi ha detto che anche una come me aveva il diritto di prendere la comunione come gli altri".
E la confessione? Bazzecole. "L'ho fatto e sto meglio". E poi in chiusura: "Ognuno di noi deve avere il diritto alla fede".
Ritorna dunque costante il riferimento al diritto per un caso quello di Luxuria in cui il pubblico scandalo delle sue affermazioni non veranno passate al vaglio di nessuno. Nessun vescovo si interrogherà sul sacrilegio di chi, personaggio pubblico, si vanta di accostarsi alla Comunione prescindendo da una conversione e dalla conseguente confessione. L'Ostia diventa uno spot, un simbolo, appunto, di cui disporre per "sentirsi meglio" e non per essere in comunione con Gesù Cristo.
Perché allora Luxuria può parlare di diritto e, nonostante non ne abbia i requisiti, vederselo riconosciuto nella disattenzione dei pastori? E perché invece i parrocchiani di Ancona pur potendo rivendicare un sacrosanto diritto invece non vengono minimamente ascoltati? Perche ormai anche nella Chiesa vige la legge del più forte, che calpesta non solo le sensibilità, ma la devozione e la fede dei fedeli semplici, quelli che in realtà dovrebbero essere i poveri. Infatti andare contro il diktat omosessualista non porta i consensi del mondo ai pastori. Meglio avere l'odore del più forte. A quelle quattro pecorelle maleodoranti, pazienza, ci penserà qualcun altro.
(Andrea Zambrano, La Nuova Bussola Quotidiana, 11 maggio 2018)
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