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I PROMESSI SPOSI E LA FECONDAZIONE ARTIFICIALE
Sulle orme di Renzo e Lucia scopriamo che il sorgere della vita non può essere separato da un atto d'amore
di Giorgio Carbone

Per semplificare la valutazione prendo il caso più semplice, cioè una coppia di sposi di manzoniana memoria, Renzo e Lucia, che dopo anni di matrimonio non riescono ad avere un tanto desiderato figlio. Alcuni esperti li indirizzano verso la fecondazione in provetta facendo uso degli ovociti di Lucia e degli spermatozoi di Renzo, tentano cioè la fecondazione in provetta omologa. Questo tentativo è eticamente buono?

BIMBO SENZA SESSO
Il protocollo fivet - acronimo che significa fecondazione in vitro con trasferimento dell'embrione - prevede che Renzo e Lucia non abbiano nessun atto coniugale. Gli ovociti sono prelevati dopo un lungo trattamento ormonale. Gli spermatozoi in genere sono ottenuti con la masturbazione. Ovociti e spermatozoi sono messi in un vetrino perché si verifichi la fecondazione. Avvenuta la fecondazione, l'essere umano embrione si sviluppa, moltiplica le cellule di cui si compone e dopo un numero di giorni che oscilla tra i 2 e i 5 - a seconda della tecnica scelta - è trasferito all'interno della cavità uterina perché vi si annidi. Questa succinta descrizione della tecnica è sufficiente a mettere in luce che il figlio di età embrionale c'è, ma non c'è l'atto coniugale.
Cos'è l'atto di generare un figlio?
Generare un figlio è un aspetto o un effetto di un atto di amore coniugale, un amore profondamente personale, in quanto coinvolge tutti gli aspetti di Renzo e Lucia: l'aspetto biologico (come ad esempio gli ormoni, gli ovociti, gli spermatozoi); l'aspetto emozionale (l'attrazione fisica); l'aspetto affettivo (l'amore coniugale); l'aspetto fisico (l'unione corporea); l'aspetto spirituale (l'unione delle volontà in ordine a un progetto di vita che va al di là della stessa coppia). L'atto dell'amore coniugale esprime anche la donazione totale che un coniuge fa all'altro della propria vita e quindi esprime la comunione totale trai due. Generare un figlio non è un fatto o un processo biologico, ma è un risultato probabile di un atto personale umano, che coinvolge in modo libero, responsabile ed esclusivo la totalità delle persone dei coniugi.
C'è una grande differenza tra generare un figlio e produrre cellule o tessuti vegetali o animali. Generare un uomo non è come riprodurre le cellule del midollo osseo o una pianta di pomodoro in laboratorio. Perciò se Renzo e Lucia vogliono vivere la possibilità di generare un figlio in modo umano, avranno un atto coniugale. Lo vivranno in tutti i suoi aspetti biologico, psicologico, fisico, spirituale. Separare questi aspetti significa di fatto separare il sorgere della vita umana dall'amore umano. Non sto dicendo che Renzo e Lucia non amino il figlio. Sto dicendo che la fecondazione extracorporea forse riuscirà a dare loro un figlio, ma attraverso una procedura con la quale l'aspetto biologico è completamente separato dalla dimensione personale dell'amore coniugale e del generare propriamente umano. Il figlio è il risultato, non più di un atto coniugale che non c'è più, ma di un processo tecnico. La sessualità umana è ridotta alla capacità di fornire gameti, quando invece l'atto coniugale e la sessualità umana sono dimensioni esistenziali della persona umana cariche di alti valori. Quindi, con la fecondazione extracorporea, anche solo omologa, il generare un uomo perde la pienezza del suo significato: è spersonalizzato.
La conseguenza di questo riduzionismo è segnalata dal linguaggio: abitualmente si parla di «tecniche di riproduzione artificiale», di «prodotto del concepimento».

FIGLIO PER DELEGA
Renzo e Lucia chiedono agli esperti - come è ovvio che sia - che la procedura tecnica sia eseguita con attenzione e perizia. Se ci fosse uno scambio di ovociti o di spermatozoi, un errore nel trasferimento dell'embrione, Renzo e Lucia potranno agire in giudizio per chiedere un risarcimento dei danni. Ottenere un figlio con la fivet carica l'équipe dei biologi e dei medici di responsabilità: è questa équipe che è la causa efficiente del figlio. La fivet introduce una causalità genitoriale plurima ed estranea alla coppia e realizza una sorta di "delega procreatica": coloro che generano non sono più Renzo e Lucia, ma sono il medico e il biologo che uniscono ovociti e spermatozoi, che controllano lo sviluppo degli embrioni, li selezionano e li scartano in base a criteri biomedici. Questa delega è segnalata anche da alcune modificazioni linguistiche: il figlio sparisce e compare l'embrione, la blastocisti; sparisce il grembo materno, al massimo c'è la provetta o l'utero; sparisce la donna e compaiono le funzioni fisiologiche; il padre sparisce dietro la fornitura di seme. Ora si possono delegare delle funzioni - ad es. Tizio può delegare Caio nella firma di un contratto -, ma non gli atti personali. Nessun marito, assentandosi dal tetto coniugale per un mese, chiede a un suo amico di farsi sostituire come marito negli atti personali che il marito compie con sua moglie. Generare un figlio - come anche essere madre e essere padre - non sono semplicemente delle funzioni fisiologiche riproduttive.
La fivet altera non solo i tempi, i luoghi e i modi della generazione umana, ma anche i suoi protagonisti: con la fornitura di ovociti e spermatozoi, con la produzione del figlio nella provetta e con gli altri aspetti tecnici Renzo e Lucia svaniscono, perdono la loro consistenza e identità.
Sarà poi inevitabile che il generare un uomo, ridotto a procedura tecnica, sarà valutato secondo una logica di efficacia produttiva.
Quando produco qualcosa mi preoccupo:
1) che ne valga la spesa e che la procedura di produzione sia efficace;
2) una volta ottenuto il prodotto, do un giudizio di qualità su di esso;
3) in base a questo giudizio decido se tenermi il prodotto oppure no.
È giocoforza che questa logica sia trasferita alla generazione umana. Infatti, davanti alle varie tecniche ci si chiede:
1) qual è quella più efficace e sicura per avere un figlio?
2) una volta ottenuto l'embrione in vitro, verifico se è di buona qualità;
3) se non lo è lo scarto e non lo impianto.
Perciò se introduco nell'origine della vita umana una tecnica produttiva, con essa introduce di conseguenza anche la logica dell'efficacia produttiva che inevitabilmente finisce per distruggere l'individuo umano.

TERAPIA?
Alcuni traducono la fivet o le sue varianti con «fecondazione assistita», o «medicalmente assistita», inducendo altri a credere che essa sia un atto di assistenza o un atto terapeutico, sia un rimedio alla sterilità. Ora una terapia consiste in un atto che mira alla rimozione delle cause di una patologia, ma non sostituisce i soggetti affetti dalla patologia.
La fivet si sostituisce tout court all'uomo e alla donna a cui è diagnosticata una causa di sterilità: Renzo e Lucia, pur avendo il figlio in braccio, rimarranno sterili. Se Renzo ha pochi spermatozoi e per di più deboli, e se Lucia ha le tube chiuse, potranno anche avere in braccio il bimbo ottenuto con la provetta, ma continueranno a essere sterili. La fivet o le sue varianti non intervengono sulle cause della patologia, né migliorano né correggono la
funzionalità degli organi umani.
Dal punto di vista morale, bisogna insistere sull'onestà e sulla perizia delle diagnosi, nell'individuare le cause della sterilità e rimuoverle promuovendo tutti quegli interventi farmacologici, chimici, chirurgici per ripristinare la funzionalità degli organi o dei tessuti dell'apparato genitale. Innanzitutto, bisogna eliminare la causa che induce la persona a essere sterile e nella maggior parte dei casi si tratta di cause temporanee di sterilità. Rimuovere le cause della sterilità non è assolutamente lo scopo della fivet, la quale, invece, propone una soluzione alternativa, per nulla terapeutica, che risulta sostitutiva dell'atto coniugale. Quindi chiamare la fivet «procreazione medicalmente assistita» o «terapeutica» è una manipolazione linguistica che di fatto illude e inganna Renzo e Lucia.

DOSSIER "I PROMESSI SPOSI"
Sulle orme di Renzo e Lucia

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Titolo originale: Per amore e non per forza
Fonte: Il Timone, luglio-agosto 2018 (n. 175)