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Le letture di questa domenica ci invitano a una profonda conversione interiore. Nella prima lettura abbiamo ascoltato l'incarico che Dio diede al profeta Giona di andare a Ninive, una grande città pagana, per predicare e rivolgere a tutti l'appello alla conversione. I niniviti, pur essendo pagani, ascoltarono docilmente le parole di Giona e diedero segni di conversione. «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta» (Gio 3,4), proclamava il profeta, e – continua il testo – «i cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli» (Gio 3,5). Allora «Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia» (Gio 3,10) e non li castigò.
Questo appello alla conversione risuona anche nella predicazione di Gesù. Il Maestro Divino, iniziando la sua predicazione in Galilea, disse con forza: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Queste parole sono rivolte a ciascuno di noi, a noi che ogni domenica andiamo alla Messa, che tante volte pensiamo di essere dei buoni cattolici. Ogni giorno possiamo e dobbiamo convertirci. Non ci sarà mai un momento nel quale potremo dire di aver raggiunto il nostro obiettivo: ci sarà sempre da migliorare. Per alcuni sarà una conversione dal peccato alla vita di grazia; per altri, una conversione dalla mediocrità al fervore; per i più generosi si tratterà di una conversione da una vita di fervore alla santità.
La vita cristiana è un po' come risalire la corrente di un fiume: se non si rema si torna inevitabilmente indietro. Alla stesso modo, se non ci si converte continuamente, se non si cerca in tutti i modi di migliorare, inevitabilmente si torna indietro verso la mediocrità e il peccato. Pertanto, le parole di Gesù sono rivolte a tutti noi. Ogni giorno dobbiamo ripetere quelle belle parole del Salmo: «Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri» (Sal 24,4).
Tante volte noi sentiamo l'ispirazione e il desiderio di migliorare, ma commettiamo il grande errore di rimandare a domani ciò che possiamo fare oggi, e così passano i mesi e gli anni e noi rimaniamo sempre quelli di prima, anzi, torniamo sempre più indietro. San Paolo pertanto ci dice: «Fratelli, il tempo si è fatto breve [...] passa la figura di questo mondo» (1Cor 7,29-31). Con queste parole, l'Apostolo delle genti ci invita a usare con prudenza e moderazione i beni che passano, per non perdere i beni eterni.
Come abbiamo potuto notare, sia nella prima lettura che nel Vangelo, la conversione dei niniviti e la conversione dei primi Discepoli di Gesù è iniziata dall'ascolto della predicazione della Parola di Dio. Non c'è conversione se non vi è ascolto; e non c'è ascolto se non vi è predicazione. La predicazione illumina le menti affinché esse possano conoscere la verità tutta intera, senza menomazioni di sorta. Per questo motivo, san Francesco scrisse nella sua Regola che i frati dovevano predicare semplicemente, parlando dei vizi e delle virtù, della pena e della gloria. Le anime hanno il diritto di conoscere la verità interamente, senza compromessi e accomodazioni. Ai giorni d'oggi, forse, si tende a tacere alcune verità "scomode" come quelle che riguardano i Novissimi, in particolare il Giudizio e l'inferno, per non spaventare i fedeli. San Francesco non era di questo parere e voleva che si annunciasse semplicemente la verità in modo integrale, per il bene di tutti fedeli.
Per questo motivo così egli esortava: «Il piacere è breve: la pena eterna. La sofferenza è poca: la gloria infinita... tutti saremo giudicati. Fratelli, finché abbiamo tempo, operiamo il bene». Il tempo passa e noi ci avviciniamo inesorabilmente al giorno del nostro Giudizio. Viviamo su questa terra senza perdere di vista questa verità che è l'unica cosa certa della nostra vita.
Predicando e invitando tutti alla conversione, Gesù chiamò i suoi primi Discepoli. Chiamò Andrea e suo fratello Simone, e chiamò i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. La cosa che colpisce in modo particolare è la prontezza di questi uomini nel lasciare tutto per seguire il Signore. Di Andrea e Simone, il Vangelo dice che «subito, lasciarono le reti e lo seguirono» (Mc 1,18); di Giacomo e Giovanni, il testo dice che «essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui» (Mc 1,20). La risposta dei primi Discepoli è stata davvero generosa, e Gesù promette loro qualcosa di molto grande: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini» (Mc 1,17). Seguire Gesù significa diventare suoi collaboratori nell'opera della Redenzione.
Preghiamo dunque affinché ci siano sempre numerose e sante vocazioni, per la salvezza e il bene delle anime.
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