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In un recente appello per un "intervento di emergenza" sul cambiamento climatico, i direttori delle riviste mediche più importanti al mondo hanno dato ampio credito all'affermazione fuorviante secondo la quale le morti per caldo starebbero aumentando rapidamente.
Il riscaldamento globale causa sì più morti per caldo, ma i dati statistici usati dai direttori sono ingannevoli. Questi ultimi sostengono che globalmente le morti per caldo sono incrementate del 54 per cento tra gli anziani negli ultimi 20 anni, tuttavia mancano di menzionare il fatto che il numero di persone anziane è cresciuto quasi allo stesso modo. È stata la demografia a guidare l'aumento, non il cambiamento climatico.
I firmatari dell'appello tralasciano anche il fatto che l'innalzamento delle temperature ha salvato più vite dai decessi collegati alle temperature di quante ne abbia portate via. Le morti per caldo rappresentano circa l'1 per cento dei decessi globali annuali - quasi 600 mila vittime - ma il freddo uccide otto volte tanto, totalizzando 4,5 milioni di morti ogni anno. Dal 2000, mentre le temperature salivano, le morti per caldo sono aumentate dello 0,21 per cento, mentre le morti per freddo sono diminuite dello 0,51 per cento. Oggi muoiono per il caldo circa 116 mila persone in più ogni anno, ma ne muoiono di freddo 283 mila in meno. Nel complesso dunque attualmente assistiamo a oltre 166 mila decessi legati alle temperature in meno ogni anno.
Tipicamente, è più facile mitigare il caldo che il freddo. I sistemi di allerta, bere liquidi e l'accesso a luoghi ombreggiati e rinfrescati contribuiscono a proteggere le persone dalle giornate più torride durante l'anno. Negli ultimi decenni le morti per caldo nei paesi ricchi sono generalmente diminuite grazie al condizionamento dell'aria.
È molto più difficile fronteggiare il freddo. Riscaldare bene una casa durante tutto l'inverno può costare cifre proibitive per le famiglie più povere, anche nelle nazioni sviluppate. Uno studio ha concluso che quando intorno al 2010 il fracking fece calare i prezzi del gas negli Stati Uniti, questo permise soprattutto alle famiglie più povere di riscaldarsi meglio, salvando secondo le stime 11 mila vite ogni anno.
Il modo migliore per proteggere le persone dal caldo o dal freddo è l'accesso a fonti di energia abbondanti ed economiche, malgrado questo molte volte significhi combustibili fossili. È buffo che tutto ciò non abbia trovato spazio tra le raccomandazioni dei direttori.
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Bjørn Lomborg, nell'articolo seguente dal titolo "No, i costi delle alluvioni non aumentano: si stanno riducendo" spiega che anche sulle devastazioni provocate da inondazioni e straripamenti le cose non stanno come le raccontano i media.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 5 ottobre 2021:
Si sente parlare spesso dei costi elevati delle alluvioni, tuttavia il conto che questi fenomeni presentano in termini di beni e di vite si è abbassato nel tempo. Negli Stati Uniti, che hanno dati di lungo periodo tra i migliori a disposizione, i costi relativi delle alluvioni negli ultimi 117 anni si sono ridotti quasi a un decimo, dallo 0,5 per cento del Pil dell'inizio del secolo scorso allo 0,05 per cento attuale. Il rischio di morire si è ridotto a quasi un terzo rispetto al passato.
I dati mondiali sono più scarsi, ma alcune ricerche sulle alluvioni indicano che dal 1980 al 2010 i costi in relazione al Pil e le morti in rapporto alla popolazione sono diminuiti a livello globale.
I titoli allarmanti sui costi crescenti delle alluvioni derivano in genere da statistiche fuorvianti che riguardano i danni totali, dati che in realtà ci parlano più della crescita economica degli Stati Uniti che non del cambiamento climatico. Dall'inizio del XX secolo la popolazione degli Stati Uniti è quadruplicata e il Pil annuale si è moltiplicato per 36. Non c'erano mai state così tante persone e costruzioni negli Stati Uniti, pianure alluvionali incluse.
Un'alluvione che colpisca oggi Atlanta, per esempio, incontrerà molti più abitanti e edifici di trent'anni fa. Il numero di unità abitative esposte al rischio nella pianura alluvionale della città è salito del 58 per cento dal 1990 al 2010. Nello stesso tempo, una maggiore ricchezza e una tecnologia migliore hanno reso le persone e i beni nelle aree depresse più sicure nei confronti delle alluvioni. Solo prendendo in considerazione i danni nel contesto del Pil è possibile distinguere che cosa rappresenta un segnale della crescita della ricchezza e che cosa indica resilienza o vulnerabilità alle alluvioni.
Malgrado non sia stato ben pubblicizzato, il Gruppo intergovernativo Onu sul cambiamento climatico (Ipcc) dice di avere «scarsa confidenza nell'influenza dell'uomo sui cambiamenti della portata dei fiumi su scala globale». Si aspetta che un maggior numero di aree in futuro vedano la frequenza delle alluvioni crescere piuttosto che diminuire: un effetto negativo del cambiamento climatico, ma molto meno drammatico di quanto suggerisca la narrazione mediatica. E con l'aumento della ricchezza mondiale, le infrastrutture e la tecnologia probabilmente faranno abbassare i costi relativi e il numero di vittime delle alluvioni. I dati dimostrano che lo stanno già facendo.
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