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Tolleranza zero per chi non la pensa come loro. Non è la prima volta che gli ecologisti riservano questo trattamento a chi sostiene idee che contraddicono la loro dogmatica dottrina, ma nel caso di George Will sono davvero riusciti a superarsi. Per aver scritto un editoriale contro l'allarmismo climatico e contro l'eco-pessimismo, cioè per aver espresso la propria opinione, è stato accusato di quello che per un giornalista è un peccato mortale: mentire. E il giornalista menzognero, si sa, quando gli è tolta la sua credibilità, rischia la condanna a non scrivere più.
La vicenda inizia il 15 febbraio, quando sul Washington Post esce un pezzo di Will intitolato "Dark Green Doomsayers", in italiano qualcosa di simile a "Verdi profeti di sventura", in cui il giornalista rievoca una nutrita serie di catastrofi predette dagli ecologisti che però poi non si sono verificate, dalla moderna era glaciale annunciata negli anni Settanta (che avrebbe causato, tra l'altro, una riduzione della produzione agricola mondiale per il resto del secolo), all'allarme lanciato di recente per la prossima e definitiva dissoluzione dei ghiacci marini (causata senza ombra di dubbio dal global warming di umana responsabilità).
A partire dallo scorso settembre, proprio quest'ultima catastrofe è stata ufficialmente scongiurata dagli scienziati autorevoli del Centro Ricerche sul Clima Artico dell'Università dell'Illinois, che hanno comunicato il ritorno del livello globale dei ghiacci marini a quello rilevato 29 anni fa, quando nel 1979 iniziarono le osservazioni satellitari delle regioni polari negli emisferi Nord e Sud.
George F. Will, classe 1941, premio Pulitzer nel 1977, di idee tendenzialmente conservatrici, ma che più di una volta ha preso posizioni personali e non sempre allineate riguardo alla politica interna ed estera del suo Paese, ha sempre esercitato il proprio diritto di opinione e di espressione, offrendo attraverso i media il proprio pensiero. Nel corso della sua lunga carriera di giornalista è stato più volte contestato, ha trovato chi la pensava in modo diverso da lui, ma mai si era trovato a dover combattere contro un'aggressione mediatica della portata di quella che stavolta lo ha investito.
Gli ecologisti di tutta l'America (Center for American Progress Action Fund, Media Matters e la rappresentanza americana degli Amici della Terra) si sono uniti per metterlo all'indice. Hanno organizzato una raccolta di firme via internet rivolta all'ombundsman del Washington Post (una sorta di "garante dei lettori", figura presente in molti giornali americani) attraverso la quale, più che chiedere, si intima al Post di non permettere più ai propri giornalisti di "offuscare" con le loro opinioni (qualificate come menzogne, "falsehoods"), la verità inconfutabile del global warming.
"This must stop", scrivono, "questo deve finire". Bisogna impedire che i giornalisti scrivano il contrario di quello che pensano loro. Che strano. Il tono di questo appello appare davvero molto imperativo. Troppo imperativo per associazioni che si definiscono non dogmatiche, libere da pregiudizi ideologici e soprattutto democratiche. E la libertà di opinione dove la mettiamo?
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