LA FESTA DI CRISTO RE RICORDA LA SUA REGALITA' SOCIALE (CONTRO LAICISMO E ATEISMO)
Papa Pio XI istituì la festa della regalità sociale di Cristo per rispondere al dilagante laicismo degli Stati occidentali, iniziato con il pensiero illuminista e messo in pratica con la Rivoluzione francese
da Radio Roma Libera
Allora Pilato Gli disse: "Dunque, Tu sei Re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici: Io sono Re" - Cristo è Re come Dio e come uomo. È Re come Dio in quanto possiede insieme al Padre e allo Spirito Santo il potere più alto e più perfetto su tutto l'universo; è Re come uomo in due modi: prima in virtù dell'intima unione tra la sua Divinità ed Umanità (l'Unione Hypostatica) e secondo, in virtù della redenzione che meritò per Lui il potere assoluto su tutti gli uomini.
Questa regalità di Cristo su tutti gli uomini è soprattutto spirituale, ma anche sociale. Ed era per celebrare e per promuovere questa sua regalità sociale che Papa Pio XI scrisse la sua enciclica Quas primas e stabilì la festa di Cristo Re per la Chiesa universale.
LA REGALITÀ SOCIALE DI CRISTO
Ora, la regalità sociale di Cristo è il potere del Signore di intervenire negli affari degli uomini tramite l'intermediario della Santa Chiesa Cattolica. Lo scopo di questo intervento è che non solo i privati, ma anche i magistrati ed i governanti venerino Cristo pubblicamente e Gli prestino obbedienza; che non solo individui ma anche le società (nonché tutto il genere umano) si sottomettano all'impero ed alla potestà sovrana di Gesù Cristo.
Ebbene, a questo grave obbligo dell'uomo ad assumere il giogo di Cristo nell'ambito sociale si oppone la tesi nefasta e perniciosa del 'secolarismo'. Questa tesi, sviluppatasi a partire dal '900, è, nelle parole di San Pio X (Vehementer nos, del 1906) "la negazione chiarissima dell'ordine sovrannaturale. Essa rivoluziona ugualmente l'ordine molto saggio stabilito da Dio nel mondo; ordine che esige un'armoniosa concordia tra la Società Civile e la Società Religiosa. Queste due società hanno in effetti gli stessi soggetti, visto che ognuna di esse esercita nel proprio campo la sua autorità su di essi. La laicità dello Stato infligge gravissimi danni alla Società Civile stessa, perché non può né prosperare né durare a lungo, quando non si crei un posto alla Religione".
CHIESA E STATO
Purtroppo questa opposizione alla regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo è entrata fino a un certo qual grado anche nella mente di certi uomini di Chiesa, cioè nella loro prontezza di separare la Chiesa dallo Stato; nell'ecumenismo di cui Pio XI scrive: "La Religione Cristiana fu eguagliata ad altre religioni false ed indecorosamente abbassata al livello di queste"; e finalmente nella promozione di prosperità, progresso e pace sociale senza riferimento a Colui che è (nelle parole dello stesso Papa) "l'unico autore della prosperità e della vera felicità sia per i singoli cittadini, sia per gli Stati".
L'opposizione al Regno di Cristo è stata espressa e preannunciata già nella parabola della gente, che disse "non vogliamo che lui regni su di noi", e sarà vendicata nel Giudizio Universale, quando nelle parole della stessa enciclica: "Cristo, scacciato dalla società o anche solo ignorato e disprezzato, vendicherà acerbamente le tante ingiurie ricevute, richiedendo la Sua regale dignità, affinché la società intera si uniformi ai Divini Comandamenti e ai princìpi cristiani, sia nella legislazione e nell'amministrazione della giustizia, sia nel provvedere per la gioventù una sana educazione morale".
Esempi di questi crimini degli Stati contemporanei abbiamo visto nelle iniziative del tutto vergognose di proporre come matrimonio alleanze abominevoli ed intrinsecamente pervertite e di proporre con un sottile e menzognero velo di decenza sotto il nome di "corsi sul corpo e affettività" dei programmi per offuscare le menti dei nostri figli, distruggere le loro anime e massacrare i non-nati, che si potrebbero concepire in seguito alla licenza morale a loro avocata.
DOVE SONO I CRISTEROS OGGI?
Chi possiede oggi il coraggio tra i nostri governanti o i nostri Prelati di ergersi contro questi oltraggi alla legge naturale, alla legge divina, alla ragione stessa, ma soprattutto al nostro Divino Re? Dov'è lo spirito che abbiamo visto cento anni fa in Messico, lo spirito dei Cristeros che si sono opposti al regime anti-cattolico del loro Stato, che prestarono giuramento di fedeltà a Cristo Re e alla Santissima Vergine di Guadalupe, ricevettero il Crocefisso al collo per mano del sacerdote e salutarono i loro compagni col saluto "arrivederci in Paradiso", come preludio al loro probabile martirio?
Dove lo spirito del loro capo, l'avvocato Josè Anacleto Gonzalez Flores, che morì torturato pregando per il suo carnefice, lo spirito espresso nel suo testamento nelle parole seguenti: "Gesù misericordioso! I miei peccati sono più numerosi delle gocce di sangue che versaste per me. Non merito di appartenere all'esercito che difende i diritti della Vostra Chiesa e che lotta per Voi. Vorrei non aver mai peccato in modo tale che la mia vita fosse un'offerta gradevole ai Vostri occhi. Lavatemi dalle mie iniquità e purificatemi dei miei peccati. Per la Vostra Santa Croce, per la mia Santissima Madre di Guadalupe, perdonatemi! Non ho saputo fare penitenza dei miei peccati, per questo motivo voglio ricevere la morte come una punizione meritata per essi. Non voglio combattere, né vivere, né morire, se non per Voi e per la Vostra Chiesa. Madre Santa di Guadalupe accompagnate nella sua agonia questo povero peccatore. Concedetemi che il mio ultimo grido sulla terra ed il mio cantico nel Cielo sia, Viva Cristo Re!".
Nota di BastaBugie: Cristina Siccardi nell'articolo seguente dal titolo "Il rimedio al laicismo" spiega perché Pio XI istituì la festa di Cristo Re nel 1925.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Radici Cristiane:
Per rispondere al dilagante laicismo degli Stati occidentali, iniziato con il pensiero illuminista e messo in pratica con la Rivoluzione francese, Pio XI istituì la festa di Cristo Re con l'enciclica Quas Primas dell'11 dicembre 1925. Tale scelta si poneva come perno dottrinale fra la beatificazione dei «Martiri di settembre» (17 ottobre 1926) e la formale condanna dell'Action française, con l'allocuzione concistoriale del 20 dicembre 1926, dove il Pontefice (ponendosi in linea con il Ralliement di Leone XIII) non cedeva alle pressioni del pensiero controrivoluzionario, ma a quelle di chi pensava che era bene tenere buoni rapporti con la Repubblica francese, Repubblica che continuò, nonostante la mano tesa dalla Santa Sede, a perseguitare clero, episcopati e Chiesa intera.
Ma chi erano i «Martiri di settembre»? Dal 2 al 5 settembre 1792 vennero massacrati oltre mille detenuti delle carceri parigine. In un tribunale allestito all'interno del convento dei Carmelitani scalzi furono giudicati e condannati molti consacrati a Cristo che si erano rifiutati di prestare giuramento alla Costituzione civile del clero. Perirono in odium fidei o furono ostaggi politici, giustiziati come traditori della nazione? Una lunga e difficile indagine venne svolta dalla Congregazione dei Riti e il 17 ottobre 1926, riconosciuto il martirio, Pio XI beatificò 191 persone, per lo più religiosi e sacerdoti, compresi tre vescovi, che diedero la vita per la loro pubblica appartenenza a Cristo.
La Quas Primas proclama la festa della «realtà sociale permanente e universale di Gesù Cristo» contro lo Stato ateo e secolarizzato, «peste del nostro tempo». La preoccupazione del Papa era quella di chiarire che i mali del mondo venivano dall'aver allontanato sempre più Cristo «e la sua santa legge» dalla pratica della loro vita, dalla famiglia e dalla società, «ma altresì che mai poteva esservi speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni avessero negato e da loro rigettato l'impero di Cristo Salvatore». Necessaria ed indispensabile per il magistero della Chiesa era pertanto la Restaurazione del Regno di Nostro Signore e la proclamazione di Cristo quale Re dell'Universo. Di grande attualità risulta l'analisi di Papa Ratti di un mondo moderno che decise e decide volontariamente di fare a meno di Dio:
«Ora, se comandiamo che Cristo Re venga venerato da tutti i cattolici del mondo, con ciò Noi provvederemo alle necessità dei tempi presenti, apportando un rimedio efficacissimo a quella peste che pervade l'umana società. La peste della età nostra è il così detto laicismo coi suoi errori e i suoi empi incentivi; [...] tale empietà non maturò in un solo giorno ma da gran tempo covava nelle viscere della società. Infatti si cominciò a negare l'impero di Cristo su tutte le genti; si negò alla Chiesa il diritto - che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo - di ammaestrare, cioè, le genti, di far leggi, di governare i popoli per condurli alla eterna felicità. E a poco a poco la religione cristiana fu uguagliata con altre religioni false e indecorosamente abbassata al livello di queste; quindi la si sottomise al potere civile e fu lasciata quasi all'arbitrio dei principi e dei magistrati. Si andò più innanzi ancora: vi furono di quelli che pensarono di sostituire alla religione di Cristo un certo sentimento religioso naturale. Né mancarono Stati i quali opinarono di poter fare a meno di Dio, riposero la loro religione nell'irreligione e nel disprezzo di Dio stesso».
Il Sommo Pontefice, già nell'enclicla Ubi arcano Dei lamentava che i semi della discordia accendevano «odii e quelle rivalità tra i popoli, che tanto indugio ancora frappongono al ristabilimento della pace; l'intemperanza delle passioni che così spesso si nascondono sotto le apparenze del pubblico bene e dell'amor patrio; le discordie civili che ne derivarono, insieme a quel cieco e smoderato egoismo sì largamente diffuso, il quale, tendendo solo al bene privato ed al proprio comodo, tutto misura alla stregua di questo; la pace domestica profondamente turbata dalla dimenticanza e dalla trascuratezza dei doveri familiari; l'unione e la stabilità delle famiglie infrante, infine la stessa società scossa e spinta verso la rovina».
Togliere al Figlio di Dio (Creatore di «tutte le cose visibili ed invisibili», come recita il Credo) il potere sulle cose temporali è tragico per tutti gli uomini. «Non toglie il trono terreno Colui che dona il regno eterno dei cieli», sta scritto nel Breviario Romano («Inno del Mattutino dell'Epifania») e Pio XI, nella Quas Primas, afferma che non c'è differenza fra gli individui e «il consorzio domestico e civile» e soltanto Cristo è «la fonte della salute privata e pubblica: è lui solo l'autore della prosperità e della vera felicità sia per i singoli sia per gli Stati». Tutto ciò corrispondeva al voto espresso nell'assemblea dei Cardinali e degli Arcivescovi francesi del 10 marzo 1925 in una riunione sul tema Sur les lois dites de laicité et sur les misure à prendre pour les combattre (Sulle leggi dette di laicità e sulle misure da prendersi per combatterle).
Nel giorno della beatificazione dei «Martiri di settembre», alla Semaine religieuse di Lille, venne auspicato che si realizzasse la profezia del visconte Louis-Gabriel-Ambroise de Bonald (1754-1840): la «rivoluzione ha avuto inizio con la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, [...] essa non finirà che con la dichiarazione dei diritti di Dio».
Titolo originale: Cristo Re e la Sua Regalità Sociale
Fonte: Radio Roma Libera, 28/10/2018
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