LA TENTAZIONE DI PREFERIRE IL PANE MATERIALE AL PANE SPIRITUALE
Abbiamo ascoltato una bella e famosa pagina del Vangelo di Giovanni. Il Signore ci conceda di arriva re a comprendere con la nostra intelligenza illuminata dalla sua luce non solo il fatto, ma anche la sua verità.
Il fatto è uno dei pochissimi che è testimoniato concordemente da tutte e quattro le narrazioni evangeli che. Il che ci rivela quanto il ricordo sia rimasto vivo nella coscienza dei primi discepoli, che avevano visto coi loro occhi il prodigio, e quanta importanza l’avvenimento abbia avuto nella catechesi della comunità primitiva.
L’episodio avviene di primavera. Giovanni ci ha fatto sapere che era vicina la Pasqua, e Marco, col suo modo pittoresco e un po’ infantile di scrivere, nota nel suo racconto che la gente si siede sull’erba verde.
Una grande folla è come affascinata da Gesù e lo segue tenacemente, fino a trovarsi lontano dall’abitato e fino a trascurare addirittura la necessità di nutrirsi. C’è solo un ragazzo con cinque pani d’orzo e due pesci; certo un ragazzo con una madre previdente, che, prima di lasciarlo partire da casa al mattino per le sue libere scorribande, gli ha preparato un piccolo canestro con un po’ del cibo dei poveri.
Dopo l’intervento di Gesù, cinquemila persone si saziano, e ancora avanzano dodici canestri di pane. Il fatto poi si conclude, un po’ malinconicamente, con una incomprensione: la gente, avendo incontrato uno capace di mantenerla tanto a buon mercato, pensa subito ad affidargli il governo della cosa pubblica e vuol prenderlo per farlo re. Gesù, che aveva avuto ben altra intenzione e voleva portarli invece alla fede nel “pane di vita”, sfugge al loro entusiasmo interessato, e si ritira sulla montagna tutto solo. Tutto solo, perché nessuno è con lui; ma più ancora e più profondamente perché nessuno lo ha saputo davvero capire.
Vediamo adesso di saper trovare tra le pieghe del racconto un po’ di quella luce che è vitale per l’anima nostra, riflettendo con molta semplicità su alcuni particolari del testo.
L’INAPPETENZA SPIRITUALE DELL’UOMO CONTEMPORANEO
Una grande folla lo seguiva: una folla che avvertiva fortissimo il bisogno di lui e della sua parola. Pare quasi di veder avverato qui quanto aveva preannunciato un profeta d’Israele molti secoli prima: Ecco, verranno giorni – dice il Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane né sete di acqua, ma d’ascoltare la parola del Signore (Am 8,11).
A noi purtroppo questa fame manca. Arricchiti di proteine e vitamine, noi siamo spesso dei sazi sul piano fisico e degli inappetenti sul piano spirituale. Se ci mettiamo ad ascoltare la parola di Dio, lo faccia mo talvolta con la sufficienza e il tedio di chi ritiene di non venire a sapere niente di nuovo e comunque niente di interessante.
E mentre lasciamo che quotidianamente si rovesci sul nostro spirito l’alluvione delle parole vuote e delle cognizioni inutili, non sappiamo metterci seriamente in cerca della verità sull’uomo, sul mondo, sul nostro destino; cioè in cerca delle conoscenze che davvero contano per la nostra vita e per la sua significanza.
È proprio curioso il comportamento che ci è imposto dal conformismo imperante (anche se molte volte è vestito di appariscente anticonformismo): uno può parlare due ore con gli amici dei fatti di cronaca nera, rosa, sportiva; ripetere le sempiterne idiozie che ci passiamo continuamente tra noi; non evadere mai coi suoi discorsi dalla futilità, ed è ritenuto un uomo normale e piacevole. Basterebbe che parlasse cinque minuti del senso ultimo dell’esistenza e della vita eterna, e sarebbe giudicato subito una persona strana e noiosa.
DIO AMA COINVOLGERE L’UOMO NEL SUO OPERARE
Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbia no da mangiare? Gesù si accorge del disagio degli altri. Egli non ha mai promesso pane e il suo compito non è quello di dar da mangiare alla gente. Egli ha sempre parlato del Padre che è nei cieli e ci aspetta, e del Regno di Dio, che ci è dato in sorte; non ha mai confuso il Vangelo, cioè l’annuncio della salvezza totale dell’uomo, con l’annuncio della giustizia terrena, della liberazione politica, del benessere sociale. Ma davanti alla fame si commuove e si preoccupa.
Di fronte alla sua fame nel deserto, aveva risposto: Non di solo pane vive l’uomo.
Di fronte alla fame degli altri, trova il modo di dar da mangiare. Perché la fame del mio fratello non è più per me una questione puramente economica o sociale: è una questione religiosa, che interpella l’autenticità, la vivacità, la concretezza della mia fede.
Gesù dunque interviene. Ma quando decide di inter venire, vuole che sia la gente stessa a dare prima di tutto quello che ha.
Potrebbe fare tutto da solo; ma sceglie di associarci nelle sue grandi imprese, ed esige che abbiamo a mettere a disposizione della sua sconfinata potenza la nostra incapacità e la nostra miseria. È il suo stile: ci coinvolge sempre, perché anche noi con lui abbiamo a diventare protagonisti.
Cinque pani e due pesci. Che cos’è questo per tanta gente?, dice Andrea.
È certamente poco, pochissimo; ma è tutto quello che c’è. Il Signore, per operare i suoi miracoli, non ha bisogno che ciò che possiamo dargli sia molto; ha solo bisogno che sia tutto.
Nessuno di noi deve dire: sono troppo piccolo, debole, miserabile, per servire ai disegni di Dio, perché questo a Dio non importa. Purché la donazione sia totale: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze.
Sembra avaro il Signore, che, per incominciare a intervenire nella situazione, ha voluto quasi confisca re la merenda di quel ragazzo. Ma non è avarizia, è desiderio di farci efficacemente partecipare. Tanto è vero che poi non misura la sua generosità: dopo che tutti furono saziati, ancora avanzano dodici ceste ricolme.
LA PREZIOSITÀ DI OGNI FRAMMENTO AGLI OCCHI DI DIO
Ma c’è ancora una sorpresa. Che cosa se ne può fare del pane avanzato, colui che ha sfamato di colpo cinquemila persone? Eppure se ne preoccupa: Raccogliete i frammenti avanzati – dice – perché nulla vada perduto.
Con quest’ultima frase Gesù ci rivela stupendamente la sua insaziabile sete della nostra salvezza e la sua attenzione a tutto ciò che in qualche modo e per qualche aspetto contiene un valore, anche se è solo un valore parziale.
Egli costruisce il Regno di Dio con tutti i frammenti di verità, di giustizia, di bontà, che riesce a trovare nel cuore dell’uomo.
Nessuno di noi possiede in assoluto l’integralità della divina ricchezza. Ciascuno di noi, speriamo, è dentro di sé un frammento, piccolo o grande, di quell’ideale di uomo, che pienamente si è avverato soltanto in Cristo, il Figlio di Dio crocifisso e risorto.
Oggi, tra le altre cose, la parola di Dio ci comunica una notizia consolante: anche i frammenti sono preziosi agli occhi del Signore, il quale vuole che nulla vada perduto.
Se anche ci sono giorni in cui ci sentiamo soltanto dei rottami, questa verità evangelica deve rianimarci e darci fiducia. Purché naturalmente non ci compiacciamo o vantiamo della nostra condizione di rottami, ma aspiriamo ogni giorno a costruire dentro di noi l’uomo perfetto.
Il Signore Gesù ci dà, per aiutarci in questa quotidiana fatica di inseguimento dell’ideale, il cibo della sia eucaristia, il Pan di vita, che è in grado di donare sostegno e vigore al popolo pellegrinante di Dio.
Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.
ALTRA OMELIA XVII DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 6,1-15)da Il settimanale di Padre Pio
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Fonte: Stilli come rugiada il mio dire