RU 486
Rinfreschiamoci le idee su cosa dire quando si parla di aborto
di I Tre Sentieri, 1 agosto 2009
La recente decisione dell'Agenzia del Farmaco in merito alla RU486 (la pillola abortiva) richiede una "rinfrescata" in merito all'aborto e soprattutto a come rispondere relativamente a questo crimine, che frequentemente viene presentato e creduto come un'inevitabile "conquista civile". Tra i credenti coloro che si dichiarano antiabortisti (purtroppo non sono tutti!) spesso non sanno cosa dire ed eventualmente tenere una discussione su questo argomento per difendere i sacri principi della vita. (...) Ecco alcune "idee" da far circolare.
Una precisazione: alcune di queste obiezioni sono molto banali, ma sono quelle che più facilmente si sentono in giro.
1. Bisogna essere contro l’aborto, ma in alcuni casi non se ne può fare a meno.
Risposta: La vita umana o c’è o non c’è. Se non c’è, è inutile complicarsi l’esistenza: si potrebbe abortire sia se la motivazione è grave sia se è banale. Ma se la vita umana c’è, può un motivo, per quanto gravissimo, giustificare la soppressione di un essere umano innocente? Quale motivo può essere anteposto alla vita umana?
2. Quando si sa che il bambino dovrà soffrire, perché non impedirgli questa sofferenza?
Risposta: Prima di tutto chi può decidere se una vita umana è degna o non è degna di essere vissuta? Inoltre, chi stabilisce quale debba essere il criterio per stabilire l’entità della sofferenza? Per alcuni potrebbe essere un’entità grave, per altri un’entità oggettivamente meno grave, ma, soggettivamente, ugualmente grave. Per esempio, per chi ha un’idea corporeista ed atletica della vita già sapere che il proprio figlio può avere un braccio o una gamba più corta dell’altra può essere un motivo di grave sofferenza. Ma ci si rende conto che, secondo questo ragionamento, si ritorna all’antico concetto del pater familias dell’antica Roma? In quel tempo i bambini deformi (e molto spesso anche femminucce) dopo il parto venivano scaraventati a terra o esposti nelle pubbliche cloache dove morivano di stenti o divorati dai topi. Molti inorridiscono: poveri bambini! Ma dov’è la differenza con l’aborto moderno? I “poveri” antichi romani facevano (dopo) quello che non potevano fare prima. Se avessero avuto anche loro l’ecografia o l’amniocentesi…che ipocrisia! Si legittima l’aborto perché non si vede il bambino (ecco perché ha dato e dà tanto fastidio il documentario The silent scream del dottor Nathanson dove si vedono, ecograficamente, le reazioni del feto al momento dell’aborto), ma se si vedesse…Quando vi fanno questa obiezione, aprite la mano davanti al vostro interlocutore e ditegli: “Qui sulla mia mano c’è un feto vivente, schiaccialo se hai il coraggio!” Al 99 per cento non riuscirà a farlo…e cambierà discorso.
3. Ma se non ci fosse l’aborto legale, ci sarebbe quello clandestino, le donne abortirebbero ugualmente e, per giunta, rischiando di più.
Risposta: Cosa pensereste se qualcuno dicesse: “Dal momento che i rapinatori, facendo le rapine, rischiano la vita, sarebbe opportuno legalizzare le loro malefatte”? Un conto è non infierire penalmente su chi decide per l’aborto, altro è legalizzare questo crimine.
4. È giusto che la donna decida di diventare madre quando desidera di diventarlo.
Risposta: Ammesso e non concesso che sia così. “Non concesso”, perché sarebbe un discorso, questo, che ci porterebbe fuori argomento. Dicevamo: ammesso e non concesso che sia così, la donna non diventa madre quando partorisce, ma quando concepisce. La donna, dal concepimento, avverte dentro di sé che è cambiato tutto. Ci sono donne che non sopportano un determinato cibo, poi, dopo il concepimento, desiderano quel cibo (evidentemente l’embrione prima e il feto dopo danno degli impulsi per cui hanno bisogno di quelle sostanze nutritive); quindi, dopo il parto, i gusti ritornano come prima. Se, dunque, la mamma diventa mamma dal concepimento e non dal parto, allora si capisce bene perché la donna non può rinunciare ad essere mamma quando già lo è.
5. Ma non è un’ingiustizia nei confronti della donna costringerla a proseguire la gravidanza?
Risposta: Lo abbiamo appena detto: se si è già papà e mamma non si può rinunciare ad esserlo. Ma perché io e non altri? Rispondiamo facendo questo esempio. Sono su un’auto e sto percorrendo una strada deserta, una strada su cui passano automobili ogni mezz’ora. Sto andando ad un appuntamento importante, decisivo per il mio futuro lavorativo. Ad un tratto sul ciglio della strada vedo un uomo sanguinante che ha bisogno di essere trasportato urgentemente all’ospedale. Se vi fosse un’altra auto dietro di me, potrei chiedere la cortesia a qualcun altro di trasportare quel disgraziato. Ma, sapendo che non passeranno altre auto per tanti minuti, io (appuntamento o meno) dovrò caricare quel poveraccio e trasportarlo in ospedale. Se non lo facessi, sarebbe per me gravissimo. In quel momento io solo (e non altri!) ho la possibilità di salvare la vita a quell’uomo. Così è per la donna che è già mamma: solo da lei dipende la vita o la morte di quel bambino.
6. Nei casi di violenza carnale come è possibile pretendere che la donna si tenga un bambino che le possa ricordare continuamente il trauma subito?
Risposta: Indubbiamente la donna che subisce una violenza rimane fortemente traumatizzata. Ma -chiediamoci- è giusto ritorcere una violenza subita su chi non ha nessuna colpa, ovvero sul bambino concepito? Inoltre, la donna che ha subito una violenza già è fortemente traumatizzata e la cosa da evitare è proprio aggiungere trauma su trauma. La donna che abortisce, infatti, sa che ha la vita in sé e sa anche che, in ultima analisi, è stata lei a decidere. Questo (come documenta ormai una fornita letteratura scientifica che parla di “sindrome depressiva post-abortiva”) può aggravare, non alleviare, la sua già drammatica situazione psicologica.
7. Il feto non è uomo perché non ha nessuna possibilità di relazionarsi consapevolmente con l’ambiente.
Risposta: Anche il bambino appena nato non è capace di relazionarsi consapevolmente con l’ambiente. Lo stesso si deve dire per il demente e per il malato in coma. La consapevolezza è certamente una componente dell’essere uomo, ma non la componente. Se così fosse -lo ripetiamo- potremmo uccidere i bambini anche dopo nati, potremmo uccidere i dementi, i malati in coma. La logica è logica!
8. Il feto non è uomo perché non è ancora totalmente formato.
Risposta: Prima di tutto va detto che l’organogenesi (la formazione degli organi) si completa ad appena sessanta giorni dal concepimento, il che vuol dire quando la donna sa di essere in cinta da un mese o poco più. Piuttosto questo discorso potrebbe valere per l’embrione. Ma –ragioniamo- non è la crescita ciò che conferisce dignità umana. Se così fosse, dovremmo dire che un uomo alto due metri è più uomo di uno alto un metro e mezzo. Oppure che un adulto è più uomo di un bambino. Si potrebbe inoltre fare questo esempio: un milligrammo d’oro è ugualmente oro rispetto ad un quintale dello stesso metallo. La differenza è quantitativa, non qualitativa!
9. L’antiabortismo della Chiesa non è credibile, perché il suo essere contro gli anticoncezionali fa sì che molti decidano dopo ciò che potrebbero decidere prima.
Risposta: Falso. Statisticamente parlando, le zone d’Italia in cui è più diffusa la contraccezione sono anche quelle in cui è più diffusa la pratica abortiva. O tutt’al più non c’è significativa differenza. La contraccezione sottende una mentalità in cui l’uomo e la donna si arrogano il diritto di decidere categoricamente sulla vita. In questo caso: assolutamente no! E’ evidente che quando fallisce la tecnica contraccettiva (cosa che può succedere) si può passare all’aborto come “ultimo contraccettivo”.
10. La Chiesa non è credibile perché, se fosse davvero a favore della vita, approverebbe tutte le tecniche per favorire le nascite. Per esempio la fecondazione in vitro.
Risposta: Dire “voglio un figlio a tutti i costi” o dire “non lo voglio assolutamente” è la stessa cosa. Dinanzi al mistero della vita l’uomo può solo proporre, non disporre seconda una sua presunta volontà di potenza.
11. La legge 194/78 ha fatto diminuire il numero degli aborti, anche quelli clandestini.
Risposta: Sciocchezze! Prima di tutto gli aborti se sono clandestini vuol dire che non sono computabili. Seconda cosa: non è affatto vero che gli aborti sono diminuiti, se per aborti intendiamo anche quelli che avvengono con la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, che, proprio perché è “del giorno dopo” non impedisce il concepimento ma l’annidamento del concepimento. Il che vuol dire che è abortiva.
Dunque, o siamo nel campo della stupidità o in quello del volontario accecamento dell’intelligenza. Attenzione: con questi giudizi non siamo duri. Ogni errante va sempre affidato alla misericordia di Dio, ma contro l’errore non è possibile alcuna mediazione e tentennamento. Ed è contro ogni errore (quindi anche contro l’errore dell’aborto) che si deve alzare la voce. Al Signore dovremo rendere conto di ogni nostro compromesso con il male…quindi anche con il terribile crimine dell’aborto.