UNA LEZIONE DA NON DIMENTICARE
Negli anni 70 dicevano: siamo troppi e il mondo rischia di morire
di Piero Gheddo
Il premio Nobel Dario Fo ha pubblicato un volume, “la catastrofe rimandata”, radicalmente pessimista sul futuro del mondo e dell’umanità. Non c’è più petrolio, non c’è più acqua, non c’è più cibo, ci sono troppi uomini, troppe armi e via dicendo. Ma pochi se ne accorgono – continua Fo – la maggioranza si dichiara ottimista: fin che saranno caduti nel baratro.
Questi sono i “profeti” che trenta o quarant’anni fa insistevano nel dire che la Terra stava morendo per il boom demografico e che il petrolio sarebbe finito entro il Novecento. Previsioni “scientifiche” che la storia ha dimostrato false. Il boom demografico è diventato uno “sboom”: secondo dati dell’ONU oggi ci sono 67 Paesi nei quali la popolazione non aumenta ma diminuisce, fra i quali naturalmente anche l’Italia; gli italiani diminuiscono e il loro posto viene preso da bambini dei terzomondiali, che sono fra noi. Se non ci fossero i circa tre milioni di lavoratori stranieri noi italiani diminuiremmo di numero! Quanto al petrolio, sebbene l’estrazione dell’oro nero continui ad aumentare, quasi ogni giorno si scoprono altre fonti di gas e di petrolio sulla terra e nei mari.
Al cosiddetto catastrofismo non ho mai creduto, anzitutto perché siamo agli inizi delle scoperte scientifiche che cambieranno la vita dell’uomo e dell’umanità e non sappiamo cosa ci riserverà la natura. So che il famoso “Club di Roma”, nato all’inizio degli anni Settanta da un gruppo di scienziati, era molto autorevole e diffondeva, documentandole scientificamente, notizie catastrofiche sul futuro dell’umanità. Era famoso appunto perché molti lo citavano. Oggi è scomparso dalla scena mondiale in quanto le sue previsioni, basate su dati “inoppugnabili”, sono state tutte smentite dalla realtà dei fatti.
Fra l’altro ricordo le previsione che, entro la fine del millennio, ci sarebbero state guerre per l’occupazione di terreni agricoli perché la produzione di grano, riso, mais e altri cereali di base non sarebbe bastata per tutti i dieci miliardi di uomini che si prevedeva. Invece siamo sei miliardi e non si sono ancora viste guerre per occupare territori agricoli. Non solo, ma in Europa e negli USA i governi pagano perché i territori agricoli siano lasciati incolti perché c’è troppa produzione di cibo, carne, latte, agrumi, rispetto alla nostra popolazione. Quindi il problema non è che siamo troppi, ma che i più poveri non sono educati a produrre per la loro sopravvivenza.
Affermare che la fame in Africa esiste anche perché c’è troppa popolazione è un assurdo: il continente africano è assolutamente sottopopolato, ma la fame è spiegabile solo con la povera gente tenuta nell’ignoranza e senza che nessuno vada ad insegnargli anche solo l’uso della ruota e dell’aratro, lo scavo dei pozzi, l’irrigazione artificiale e via dicendo. L’agricoltura di sussistenza bastava mezzo secolo fa, quando gli africani erano sui 300 milioni, non basta più oggi che si avvicinano ai 900.
E’ una lezione che il mondo moderno non ha imparato, perché continua a ripetere che gli uomini sono troppi, che fra poco mancheranno l’acqua e il petrolio, che lo scioglimento dei ghiacci dell’Antartide porterà ad un innalzamento delle acque dei mari, di due-tre metri, inondando quasi tutte le città costiere. Sono convinto che questo catastrofismo, oltre ad essere continuamente smentito dai fatti, non è produttivo e non serve ad educarci a un vero risparmio di energia, di acqua ecc.
Non ho mai creduto al catastrofismo dei profeti di sventura per un importante motivo: la fede in Dio, Creatore e Padre dell’umanità, e la fiducia nella Provvidenza. Il cosmo, la natura del pianeta Terra sono stati creati da Dio come strumenti offerti all’uomo, creato a sua immagine e somiglianza” dice la Bibbia, per migliorare le condizioni di vita di tutti gli uomini. La natura va rispettata, esplorata, utilizzata affinché produca per l’uomo quello di cui ha bisogno. Se si mette tra parentesi la relazione della natura con Dio Creatore, la si svuota del suo significato profondo, e per lo stesso motivo si perde di vista chi è l’uomo e di cosa ha veramente bisogno per essere felice. La natura non è nata per caso dal famoso Big Bang delle origini: è anch’essa una creatura di Dio posta a servizio dell’uomo, di tutti gli uomini.
Ora, Dio Creatore e Padre di tutti gli uomini, che vede tutto, può tutto e sa tutto, che conosce il passato, ma anche il futuro, non è pensabile che permetta un esaurimento fisico e delle possibilità ancora inesplorate delle forze della natura, fin che l’umanità sopravvive. Ecco perché occorre tenere assieme i due bandoli della matassa, da cui si dipana il mistero del futuro: da un lato l’uomo ha il dovere di usare bene la natura creata, senza sprecare risorse, senza distruggerla (ad esempio con i bombardamenti e gli incendi di foreste) ricercando nel profondo delle cose create tutte le loro possibilità di servizio all’uomo; dall’altro, mi pare contrario alla fede cristiana perdere la fiducia nella Provvidenza e prevedere continuamente catastrofi a breve scadenza, che tolgono all’uomo, soprattutto ai giovani, la gioia di vivere, la speranza nel futuro, e poi sono smentite dalla storia.
Fonte: ZENIT, 18 giugno 2009
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