L'ORDINE DEI GIORNALISTI SOSPENDE PADRE LIVIO PER AVER CRITICATO DA RADIO MARIA I MATRIMONI GAY
La dittatura non ammette che si dica la verità e soprattutto che ci si opponga allo Stato, considerato come un dio
di Riccardo Cascioli
A leggere i dialoghi ci sarebbe da ridere se non fosse tragico. Il processo imbastito dall'Ordine dei Giornalisti nei confronti di padre Livio Fanzaga su denuncia della senatrice Monica Cirinnà (di cui diamo conto nell'articolo di Ermes Dovico [riportato nella nota alla fine di questo articolo, N.d.BB]) ci riporta ai fasti dell'Unione Sovietica e della Cina maoista. Novelli inquisitori che giudicano errata l'esegesi cattolica di un brano dell'Apocalisse e pronunciano la sentenza di condanna. Da non credere. E da non sottovalutare. Anzi, è un segnale più che inquietante, che si unisce a tanti altri che stanno accadendo in questo periodo e che preparano tempi molto difficili.
LA DITTATURA GAY IN AZIONE
Ormai la Gaystapo colpisce sistematicamente chiunque esprima un pensiero non in linea con l'ideologia omosessualista. Ma nel caso di padre Livio si è andati ben oltre, si colpisce direttamente la libertà religiosa: da oggi citare la Bibbia o ricordare a qualcuno che dovrà comparire davanti al tribunale di Dio, seppure il più tardi possibile, può costare caro. Non siamo ancora a ciò che dovette subire Giovanni Battista ma ci stiamo incamminando rapidamente su quella strada.
C'è però un dato che colpisce in questa vicenda, ovvero il profilo basso, anzi bassissimo tenuto da padre Livio. Non fosse stato per un'inchiesta di Libero - peraltro arrivata a sanzione già scontata - non ne avremmo saputo nulla.
È interessante chiedersi perché: in fondo non è solo una questione personale, una condanna del genere riguarda tutti, l'allarme va lanciato. E padre Livio non è mai stato tipo da tirarsi indietro. Perché allora questo silenzio? Azzardo un'ipotesi: Radio Maria da tempo subisce forti pressioni, dentro e fuori la Chiesa, probabilmente padre Livio sta cercando di guidare la barca a luci spente per non farsi colpire e affondare, sperando così di restare al timone fino a tempi migliori. Non è garantito.
UN ALTRO TRAPPOLONE GAY PER RADIO MARIA
A dare fastidio non è neanche l'emittente ma la sua azionista di maggioranza: la Madonna. Ho già avuto modo di scriverlo quando un altro trappolone gay scatenò nel novembre scorso il can can contro padre Giovanni Cavalcoli: «Radio Maria richiama non solo le apparizioni di Medjugorje, ma tutti i segni che Maria lascia nel mondo, rilancia gli appelli alla conversione, al digiuno e alla preghiera. Per quanto i toni si siano molto ammorbiditi in ossequio al nuovo corso, la radio sta lì sempre a ricordarci che Satana è scatenato, che perciò il mondo non è così amico di Cristo come lo si vuol dipingere in tanti circoli ecclesiali; ci ricorda che il nostro primo compito è cercare, mendicare la salvezza, non aggiustare ciò che nel mondo non funziona. È questo che dà veramente fastidio, così come dà fastidio il moltiplicarsi delle apparizioni della Madonna e soprattutto i messaggi: il mondo in pericolo, l'attacco sferrato contro la famiglia e la vita, l'apostasia nella Chiesa. E perciò l'appello a pregare, a convertirsi».
Il problema è che non è solo il mondo a non voler sentire, il che sarebbe anche nell'ordine delle cose. È nella Chiesa che non si vuol più sentir parlare di preghiera, conversione, penitenza, peccato, giudizio. Si ricorderà che nel caso Cavalcoli gli attacchi più velenosi contro Radio Maria vennero dal solito Alberto Melloni e addirittura dal numero 2 della Segreteria di Stato, monsignor Angelo Becciu. Un segnale chiaro [leggi: LA GOGNA MEDIATICA PER RADIO MARIA, clicca qui, N.d.BB].
E questa volta, davanti alla gravità per tutti i cattolici della sanzione comminata dall'Ordine dei Giornalisti, c'è stato il silenzio assoluto. Non una voce si è levata da Roma - né dalla CEI né dalla Santa Sede - a difesa della libertà religiosa. Non una presa di posizione che allertasse sul pericolo di certe sentenze che colpiscono la libertà personale. È un segnale eloquente. Da ora, chi vuole insistere nel difendere la Verità sull'uomo; chi pensa che famiglia, vita ed educazione siano davvero i princìpi fondamentali su cui costruire la società e che quindi vadano difesi fino in fondo; chi persiste nel seguire ciò che ha imparato nel Catechismo, sa che nel momento della prova sarà abbandonato - se non colpito - dai pastori che pure dovrebbero difendere il proprio gregge.
Nota di BastaBugie: Ermes Dovico nell'articolo sottostante dal titolo "Caso padre Livio: l'Ordine dei Giornalisti processa la Bibbia" spiega come mai l'Ordine dei giornalisti ha deciso di sospendere per sei mesi il direttore di Radio Maria, padre Livio Fanzaga. Ufficialmente il motivo è l'interpretazione di Apocalisse 17, citata in una trasmissione durante la battaglia parlamentare sulle unioni civili, ma è evidente che questa è solo una scusa. Il motivo vero è che la dittatura non ammette che si dica la verità. E soprattutto è vietato opporsi allo Stato, considerato come un dio.
Ecco dunque l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 23 giugno 2017:
«È stato interessante ascoltare l'intervento introduttivo di Monica Cirinnà. Questa qui, mi sembra un po' la donna del capitolo diciassettesimo dell'Apocalisse, la Babilonia insomma, che adesso brinda con prosecco alla vittoria (ride). Signora, arriverà anche il funerale, stia tranquilla. Glielo auguro il più lontano possibile, ma arriverà anche quello».
È il 3 febbraio 2016, il giorno prima al Senato è iniziato l'esame del disegno di legge sulle unioni civili e padre Livio Fanzaga, nel suo tradizionale commento alla stampa, ricorda alla relatrice Monica Cirinnà una verità ovvia: presto o tardi morirà. Il direttore di Radio Maria sa pure che la Cirinnà si dichiara cattolica e la similitudine biblica con la Babilonia di Apocalisse 17 serve a ricordarle che quel ddl contraddice gravemente l'ordine divino della Creazione e un giorno, come tutti, dovrà rendere conto a Dio della sua condotta in terra.
Essendo la salvezza delle anime la missione della Chiesa, fondata a tale scopo da Cristo, si comprende perché la tradizione cattolica includa l'ammonimento dei peccatori tra le opere di misericordia spirituale, sulla base di un consolidato insegnamento biblico che attraversa tanto l'Antico (Ez 33, 7-9) quanto il Nuovo Testamento, di cui citiamo su tutti la lettera di Giacomo. "Chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati" (Gc 5, 20; vedi anche Mt 18, 15-17; Gal 6, 1).
Verità magari politicamente scorrette per i tempi che corrono, ma salvifiche, di cui tutti possiamo avere bisogno nell'errore. Sta di fatto che l'ammonimento cristiano di padre Livio, pronunciato con la sua spontanea ironia, non ottiene l'effetto sperato. Il giorno dopo, la senatrice del Pd presenta un esposto all'Ordine dei giornalisti della Lombardia, che a strettissimo giro - il 10 febbraio - comunica a padre Livio, iscritto all'albo dei pubblicisti, l'apertura di un procedimento disciplinare per verificare "se vi sia stata violazione delle norme deontologiche che presiedono la professione e in particolare dell'articolo 2, comma 1, della stessa legge [la legge professionale 69/1963, ndr], per aver tenuto un comportamento lesivo della professione nell'inosservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui; dell'articolo 9 del codice deontologico [...] laddove nell'esercitare il diritto-dovere di cronaca il giornalista è tenuto a rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali".
Come ha ricostruito per primo Libero e come si può vedere direttamente dai documenti sul sito dell'Ordine, il consiglio di disciplina territoriale ha condannato padre Livio a sei mesi di sospensione l'8 giugno 2016, nonostante nella sua memoria difensiva il sacerdote avesse allegato due interviste all'Adnkronos e all'Huffington Post, in cui spiegava benissimo il perché delle sue parole e il riferimento a Babilonia. "Chi legge i miei scritti - è riportato nell'intervista all'agenzia - sa che io chiamo Babilonia il mondo senza Dio, descritto dal romanzo di Benson «Il padrone del mondo». Intendevo dire che la proposta di legge della senatrice contribuisce a costruire questo tipo di mondo, dove l'uomo si mette al posto di Dio".
Incredibilmente, ai primi giudici dell'Ordine la corretta esegesi di padre Livio non va bene. Nella delibera di giugno, allegano così l'intero capitolo 17 dell'Apocalisse e scrivono che a loro avviso "le spiegazioni fornite dal Fanzaga sono prive di qualsiasi fondamento". Prive di fondamento? Poco più sotto compare la loro personale interpretazione, secondo cui "non può negarsi che le frasi pronunciate dal Fanzaga costituiscano un grave attacco alla persona della Cirinnà, che viene definita come una prostituta". Sbalorditivo. In Apocalisse 17 compare sì più volte il termine prostituta, ma il significato allegorico del testo è evidente e, come in vari altri passi della Bibbia, il termine "prostituzione" indica l'idolatria, che in sostanza è il rifiuto di Dio.
A quel punto, il sacerdote fa ricorso e si affida a un avvocato, ma il consiglio di disciplina nazionale ribadisce la condanna il 15 dicembre 2016. Sanzione, la seconda più grave nell'ambito dell'Odg, che il direttore di Radio Maria ha già scontato, come ci ha confermato al telefono, cambiando il taglio della sua trasmissione mattutina.
I sei mesi di sospensione sono passati, ma rimane la gravità di un procedimento che ha del tragicomico, perché attacca la libertà d'espressione (che viene sempre più limitata quando in qualche modo si dissente rispetto alla propaganda dell'associazionismo Lgbt) e, in particolare, la libertà di un cattolico di professare pubblicamente la propria fede. Per pararsi dall'accusa di attentare alla libertà di espressione, nella prima delibera si fa una distinzione da azzeccagarbugli tra il sacerdote e il giornalista, affermando che "non è qui in gioco la figura morale del sacerdote", ma il suo comportamento da giornalista. Il che è una contraddizione bella e buona: se non era in gioco la sua figura da sacerdote, com'è possibile che dei giudici-giornalisti arrivino a scrivere nero su bianco che la sua esegesi, fondata sull'insegnamento della Chiesa, è "priva di qualsiasi fondamento"?
In primo grado il consiglio di disciplina è arrivato perfino ad affermare che padre Livio "si augura, seppure in un futuro non troppo vicino, la morte" della Cirinnà. Ora, qui siamo alla falsificazione dell'italiano, sostenuta anche da alcuni quotidiani di area laicista che si sono stracciati le vesti: ricordare a una persona che morirà, in ragione dell'ammonimento cristiano di cui sopra, e "augurarle" un funerale il più tardi possibile (si rileggano le parole), è cosa ben diversa dall'augurare la morte, nel senso che lascia intendere la delibera di giugno 2016. La quale, infatti, chiosa: "Dunque la critica espressa dal Fanzaga supera ampiamente i limiti della continenza espressiva e della pertinenza consentiti dalle norme di deontologia professionale".
La condanna in primo grado di padre Livio si basa perciò su:
1) un'interpretazione erronea della Bibbia da parte del consiglio di disciplina, che non corrisponde a quella della Chiesa, unica interprete autentica delle Scritture per volontà di Dio;
2) una distorsione dell'italiano.
Una giustizia sommaria per delle parole legittime, mentre diversi giornalisti di casa nostra continuano tranquillamente a offendere la Chiesa e i fedeli.
A nulla è poi valsa in secondo grado la documentazione di esegesi biblica allegata dal direttore di Radio Maria, laddove si spiega che "alla luce di una comprensione non scolastica dei testi biblici e della tradizione cristiana, così come di una ricerca coscienziosa, la Babilonia dell'Apocalisse non è semplicemente una prostituta e non è neppure una donna". [...]
Titolo originale: Un attacco alla libertà religiosa. E la Chiesa tace
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23-06-2017
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