COSA DIREBBE DON CAMILLO SUL TERREMOTO IN EMILIA
Intervista al figlio di Guareschi, l'indimenticabile inventore di Mondo Piccolo: ''Quante analogie con l'alluvione del '51''
di Stefano Andrini
«Mio padre, alla domanda di don Camillo che chiede cosa si può fare di fronte a una catastrofe, fa rispondere al 'suo' Cristo: "Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede a mantenerla intatta"». Cosi, citando la saga di Giovannino Guareschi, il figlio dello scrittore, Alberto, entra in punta di piedi nelle vicende di paura e speranza che si intrecciano nelle zone terremotate.
Il sisma ha fatto emergere ancora una volta le caratteristiche del popolo emiliano che non si rassegna di fronte alle calamità. Come lo vedeva Guareschi questo popolo?
«Bisogna rendersi conto, scrive, che in quella fettaccia di terra tra il fiume e il monte, possono succedere cose che da altre parti non succedono. Cose che non stonano mai col paesaggio… Allora si capisce meglio don Camillo, Peppone e tutta l'altra mercanzia. E non ci si stupisce che il Cristo parli e che uno possa spaccare la zucca a un altro, ma onestamente, però: cioè senza odio. E che due nemici si trovino, alla fine, d'accordo nelle cose essenziali».
La reazione del paese di fronte all'alluvione sembra simile a quella che oggi vediamo di fronte al sisma… «Don Camillo, solo, nella chiesa allagata, per rincuorare la sua gente che lo ascolta raccolta sugli argini dove si è rifugiata, cerca di riaccendere nel loro cuore la speranza: "Fratelli! Le acque escono tumultuose dal letto dei fiumi e tutto travolgono: ma un giorno esse ritorneranno, placate, nel loro alveo e ritornerà a risplendere il sole. E se, alla fine, voi avrete perso ogni cosa, sarete ancora ricchi se non avrete persa la fede in Dio. Ma chi avrà dubitato della bontà e della giustizia di Dio sarà povero e miserabile anche se avrà salvato ogni sua cosa"».
Tante chiese sono andate distrutte. Cos'era la chiesa parrocchiale nel mondo di Guareschi? E se la chiesa di don Camillo fosse crollata, cosa avrebbe fatto il comunista Peppone?
«La chiesa di don Camillo era tutt'uno con il suo parroco e la canonica era un confortante rifugio: in tantissimi racconti don Camillo dà ospitalità in canonica ai suoi parrocchiani, specie ai bambini. E se la chiesa fosse andata distrutta il comunista Peppone avrebbe contribuito alla sua ricostruzione come aveva già fatto per riparare la torre campanaria lesionata per la semplice ragione che: "Da questa torre, queste campane hanno salutato ieri l'alba della Liberazione e da questa torre queste stesse campane dovranno salutare domani l'alba radiosa della rivoluzione proletaria!", disse Peppone a don Camillo. E gli mise davanti tre grandi fazzoletti rossi pieni di soldi».
In una lettera alle popolazioni terremotate il cardinale Caffarra parla della dedizione eroica dei sindaci e della testimonianza commovente dei sacerdoti. Parole che a Guareschi sarebbero piaciute?
«Sì, le parole del cardinale Caffarra gli sarebbero piaciute e si sarebbe sentito in sintonia con lui: prima di tutto perché il cardinale è un figlio della nostra terra e poi perché anche mio padre, raccontando la famosa alluvione del 1951, aveva messo in evidenza, come segno esemplare, gli sforzi del sindaco Peppone per mettere in salvo la propria gente, e la condivisione di don Camillo delle sofferenze del suo gregge».
Questi giorni hanno fatto emergere la religiosità forte e radicata dell'Emilia. È simile a quella che ha raccontato suo padre?
«È molto simile: mio padre si sarebbe profondamente commosso per l'atto di devozione di don Ivan Martini che ha perso la vita per salvare la Madonnina. Come lo aveva commosso la misericordia pastorale che aveva spinto don Giovanni Bernini, parroco di Mezzano Inferiore, a restare sulla torre campanaria durante l'alluvione del novembre 1951 per rincuorare la sua gente con il suono dell'Ave Maria. Tanto da far rimanere, nel suo racconto dell'alluvione, don Camillo in chiesa...».
Nota di BastaBugie: per approfondire la figura di Giovannino Guareschi e le storie di don Camillo e Peppone oppure per vedere "La rabbia" il film del 1963 di Giovannino Guareschi che fotografa bene la situazione del tempo e che a mezzo secolo di distanza conserva la sua validità sia come documento storico che come documento profetico, clicca qui sotto
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Fonte: Avvenire, 01/06/2012
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