LA COMMISSIONE SEGRE E' FIGLIA DELLA DITTATURA DEL RELATIVISMO
Lo Stato impone di parlare in un certo modo ed organizza ''i due minuti di odio'' (come il Grande Fratello nel romanzo 1984 di George Orwell)
di Stefano Fontana
In questo ultimo periodo abbiamo assistito a diversi interventi "educativi" o "rieducativi" dello Stato italiano nei confronti dei cittadini. La manovra economica allo studio del governo prevede la tassazione della plastica con effetti dissuasivi sugli acquisti di prodotti confezionati in questo modo. Ecco un primo intervento rieducativo: la plastica è male, lo Stato combatte il male quindi educa i cittadini al bene. Lo Stato induce comportamenti etici e dissuade da quelli non etici.
Per rimanere nella finanziaria, il Partito Democratico vuole inserire un bella cifra da spendere per diffondere i giornali nelle scuole pubbliche. Anche questa idea rientra nell'ambito dello Stato Educatore. Il finanziamento pubblico alla stampa è già di per sé un modo di uniformarla, diffondere poi i giornali nelle scuole nasconde il progetto di uniformare anche le menti dei nostri giovani ad una stampa già uniformata. Sui banchi di scuola non ci sarà il "giornale di Stato", ma comunque ci saranno i giornali dell'ideologia dominante.
LA COMMISSIONE SEGRE CONTRO LA DISCRIMINAZIONE E L'ODIO
Ma l'intervento maggiormente dotato di spessore pedagogico è stata la costituzione della ormai famosa "Commissione Segre" contro la discriminazione e l'odio. Molti hanno lamentato che tale Commissione è contraria alla libertà di espressione. Il che è certamente vero. Infatti prese di posizione verbali sulla stampa o in internet a proposito di preferenze sessuali, sovranismo, immigrazioni o altro potranno essere considerati Hate Speech e perseguiti.
Però c'è di più: lo Stato qui non si limita ad impedire di parlare, impone di parlare in un certo modo. In altre parole si fa Educatore. Anche il Grande Fratello di Orwell agiva da Grande Educatore e organizzava "i due minuti di odio" che la Commissione Segre potrebbe ora sostituire con "i due minuti di odio contro l'odio".
Qui c'è un argomento molto interessante per la Dottrina sociale della Chiesa. Come è possibile che uno Stato che si proclama neutro da valori religiosi ed etici imponga poi una sua etica? La contraddizione sembra evidente, ma approfondendo le cose si comprende che la contraddizione non c'è. Uno Stato che non fa riferimento a valori oggettivi e indisponibili anche a se stesso, è completamente libero di imporre i valori che vuole. Se non esistono valori oggettivi, i valori dello Stato diventano assoluti e indiscutibili, perché per metterli in discussione bisognerebbe partire da valori superiori e oggettivi che non esistono. Lo Stato neutro dai valori non può che essere relativista, ma il relativismo significa non solo che tutti i valori sono uguali ma anche che per lo Stato il suo valore è assoluto. Ecco perché, come diceva Benedetto XVI, il relativismo si trasforma in dittatura.
LA DITTATURA DEL RELATIVISMO
Un punto decisivo consiste nel capire che il relativismo non è meno arrogante nelle democrazie vuote di contenuto che non nelle dittature o nei totalitarismi. Le dittature e i totalitarismi pretendono di aver sempre ragione, in quanto è vero ciò che essi decidono, stante la neutralità dello Stato verso tutti i valori. Ma anche le democrazie pretendono di aver sempre ragione, perché ciò che esse decidono è sempre vero, mancando anche qui criteri oggettivi di valutazione. Però - si dirà - esse lo decidono a maggioranza, ossia democraticamente, mentre il dittatore lo decide dittatorialmente. Lasciando pur stare qui come si formino le maggioranze nelle democrazie moderno (non sempre in modo democratico, anzi), va riconosciuto che la maggioranza è pur sempre un esercizio di forza muscolare, un puro volere come è un puro volere quello del dittatore. A meno di non giustificare quel volere, giustificazione che però non può venire dal semplice computo quantitativo dei voti ricevuti, perché quello stesso criterio avrebbe giustificato la scelta opposta se fosse stata votata dalla maggioranza.
Bisogna allora comprendere come avvenga che lo Stato neutro da valori transiti dalla dittatura alla democrazia. Il motivo è in sé piuttosto semplice: lo Stato neutro rispetto ai valori è costretto ad imporre questa neutralità, che è la sua verità assoluta. Non può fermarsi ad essere neutro, deve imporre la neutralità, deve richiederla anche ai cittadini, li deve educare alla neutralità, perché la neutralità rispetto ai valori è per lo Stato un valore, anzi il valore. E come fare per educare alla neutralità? Educando alla tolleranza verso tutto meno che verso chi dice che non si deve tollerare tutto. Costoro sono accusati di odio. Ecco che si spiega la Commissione Segre ed anche i giornali nelle scuole. Ma ecco che si spiega anche l'educazione plastic free: che è sbagliato lo dice lo Stato. Punto.
Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Odio e fake news: pretesti per controllare il Web" parla dei casi Segre e Mattarella. È caccia aperta agli odiatori in rete (haters) e a chi diffonde notizie false (fake news). Questa è la tendenza della nuova politica sull'informazione. Ma non è tanto l'amore per la quiete sociale che la motiva, quanto la vecchia battaglia della sinistra per la conquista dell'egemonia culturale.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 14 novembre 2019:
Caccia aperta agli odiatori in rete (haters) e a chi diffonde notizie false (fake news). Questa è la tendenza della nuova politica sull'informazione. Non si tratta solo di riprovazione morale, ma di nuove leggi, che dovrebbero combattere e anche prevenire l'odio.
I circa 200 insulti antisemiti che verrebbero rivolti online ogni giorno alla senatrice a vita Liliana Segre, secondo il quotidiano La Repubblica (una statistica prima messa in dubbio dal quotidiano Termometro Politico, poi confermata nuovamente dal quotidiano fondato da Scalfari e poi ancora rimessa in dubbio da Dagospia), sono stati la motivazione principale dell'istituzione dell'apposita Commissione per la lotta ai discorsi dell'odio (hate speech). Liliana Segre oggigiorno gira con una scorta al seguito. La Commissione, come abbiamo visto su queste colonne, sarà tuttavia uno strumento potenzialmente liberticida che non si limiterà a monitorare l'antisemitismo in rete, ma indagherà su tutte le forme di odio, comprese l'omofobia, l'islamofobia, i pregiudizi sui migranti e sui rom e anche quelli sui difetti fisici. Casualmente non figura la cristianofobia e neppure l'odio di classe, che pure sono le due forme di odio che hanno motivato rispettivamente jihadisti e terroristi rossi, quelli più letali in Occidente. Potrebbe dunque diventare uno strumento di censura, contro tutte le forme di espressioni "non conformi" al pensiero progressista.
Parallelamente, si sta svolgendo a Bologna il processo ad Eleonora Elvira Zanrosso, accusata di aver minacciato online il Presidente della Repubblica. La Zanrosso, nel pieno del conflitto politico sulla nomina dei ministri del primo tentativo di governo giallo-verde, quando i Cinque Stelle invitavano i loro sostenitori a scendere in piazza, si era lanciata a scrivere sul suo profilo social: "Ti hanno ammazzato il fratello, c**... non ti basta?" (asterischi nostri, ndr). Si tratta comunque di una signora di 68 anni, con figli e nipoti. Una nonna, senza precedenti penali, non un mafioso come chi uccise realmente il fratello del Presidente, Piersanti Mattarella, nel 1980. L'accusa le può costare fino a 15 anni di carcere fra istigazione a delinquere, attentato alla libertà e "offesa al prestigio e all'onore del Presidente della Repubblica". In lacrime, in tribunale, ha dichiarato al Pm, "La supplico deve aiutarmi a chiedere scusa al presidente Mattarella. Ditemi come devo fare, mi butto in ginocchio". Nella sua autocritica si è spinta anche oltre, si è auto-denigrata, dicendo di appartenere a "quella generazione che non è certo composta da geni della tastiera. Ho la terza media, sono istintiva". Cosa è peggio: una nonna che insulta pesantemente il presidente, o la sua pubblica umiliazione, riportata da tutta la stampa nazionale?
Si attende l'esito del processo anche di altri 9 accusati degli stessi reati, fra cui dei 70enni. E in tutto sono 30 quelli che si sarebbero macchiati del reato di lesa maestà presidenziale. È questo il futuro a cui andiamo incontro? Esistono metodi molto meno invasivi, che non scomodano giudici e tribunali. I commenti offensivi possono essere segnalati e rimossi dagli amministratori in tutti i siti Web, compresi i social network. Si può essere banditi anche in modo permanente dagli amministratori. Quando la minaccia non è concreta, come in questo caso, è normale che un insulto costi 15 anni di carcere? E che un magistrato non archivi subito il caso?
Non si ricorda nulla di simile, se non nel periodo delle leggi speciali contro il terrorismo, all'epoca degli anni di piombo. Ma quelli erano anni di attentati e guerriglia urbana, i morti c'erano veramente, ogni settimana. Non si trattava solo di parole. Toni che richiamano quelli dei terroristi di allora sono impiegati oggi in due particolari contesti: nelle moschee in cui si predica l'odio e nei cortei di estrema sinistra dove si invoca in modo molto esplicito (sui cartelli o nelle scritte sui muri) la morte di un ministro (ora ex): Matteo Salvini. Eppure non sembra proprio che l'attività parlamentare contro i discorsi di odio si rivolga contro queste due categorie di odiatori. Si tratta dunque di un'attenzione vistosamente unilaterale, come se la violenza verbale politica fosse appannaggio dei nemici della sinistra.
Questo strabismo rivela, prima di tutto, che l'Italia non è mai realmente uscita dalla guerra civile. Le nostre istituzioni sono state modellate per prevenire un ritorno al potere del fascismo. E anche a 74 anni dalla fucilazione di Mussolini, l'allarme di "ritorno del fascismo" viene periodicamente riattivato, come se questo rito potesse consolidare la democrazia. L'effetto collaterale, che non si vuol prendere in considerazione, è che l'allarme antifascista, in sé, finisce per giustificare la violenza contro i presunti fascisti.
In questo caso, si mira a combattere il "fascismo" online, creando strutture per controllare e limitare la libertà di esprimersi sul Web. I toni, sia per la lotta agli haters che per quella alle fake news, sono tipici della mobilitazione antifascista, dove si accusa di fiancheggiamento anche chi non collabora alla lotta, o chi ne sminuisce l'importanza. Le fake news sono descritte come armi in grado di distorcere il processo democratico, si cita il caso Cambridge Analytica, agenzia che ha contribuito notevolmente alla campagna di Trump con l'uso di pubblicità mirata. Il problema è che Obama fu pioniere degli stessi metodi di propaganda, ma nessuno ha mai messo in dubbio la validità della sua elezione.
E questo può portare ad una sola conclusione: la sinistra, da quando ha incominciato a perdere, ha ricominciato a voler censurare l'avversario. Forte degli insegnamenti di Antonio Gramsci, ha conquistato le cittadelle della cultura, di cui i media fanno parte. Dopo aver occupato la stampa e presa la sua fetta di Rai, la sinistra ha condotto per vent'anni una campagna spietata contro la televisione privata di Berlusconi, "sfuggita" alla sua egemonia. Adesso ha neutralizzato Berlusconi, ma si è accorta che l'informazione si è trasferita nelle piazze virtuali (i social network), che sfuggono ad ogni controllo politico. Quindi sta puntando a conquistare anche quella cittadella, a colpi di emergenze contro haters e fake news.
Titolo originale: Commissione Segre e l'odio all'odio, se lo Stato educa
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 05-11-2019
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