UCCISO SHAHBAZ BHATTI, IL MINISTRO PER LE MINORANZE IN PAKISTAN CHE HA DIFESO ASIA BIBI
''Gesù è il cuore della mia vita e voglio essere un suo vero seguace attraverso le mie azioni, condividendo l'amore di Dio con i poveri, gli oppressi, le vittime, i bisognosi e i sofferenti del Pakistan''
di Marco Impagliazzo
Il ministro per le Minoranze del governo pachistano, il cattolico Shahbaz Bhatti, è stato barbaramente ucciso a Islamabad mentre si recava al lavoro senza scorta. Dopo la recente crisi di governo, Bhatti era stato confermato con il rango di ministro federale, nonostante una drastica riduzione del numero dei ministri. Era divenuto una figura nota internazionalmente per la sua battaglia per la riforma della legge sulla blasfemia. Nata per difendere la religione in Pakistan, tale legge si è spesso trasformata in uno strumento di denuncia e di persecuzione verso le minoranze, particolarmente i cristiani. Essi rappresentano il 2 per cento dei pachistani. Bhatti era uno di loro, che aveva deciso di spendere la sua vita per la libertà religiosa e per costruire una società del vivere insieme nonostante le differenze di pensiero o di etnia.
Nato il 9 settembre 1968 a Lahore, da parlamentare diventò ministro per le Minoranze affermando di voler combattere per «l'uguaglianza di tutti gli uomini, la giustizia sociale, la libertà religiosa, e per sollevare le minoranze religiose». E aveva aggiunto: «Voglio mandare un messaggio di speranza alla gente che vive nella rabbia, nella delusione e nella disperazione; Gesù è il cuore della mia vita e voglio essere un suo vero seguace attraverso le mie azioni, condividendo l'amore di Dio con i poveri, gli oppressi, le vittime, i bisognosi e i sofferenti del Pakistan». Una delle sue prime battaglie è stata, fin dal 1985, quella contro la legge sulla blasfemia. Sin da ragazzo ha organizzato incontri e studi sulla Parola di Dio.
Il ministro Bhatti era un'espressione bella, coraggiosa e indifesa di quella minoranza cristiana pachistana le cui difficoltà, oggi sono sotto gli occhi del mondo, derivano anche da una storia complessa e sofferta.
I primi nuclei di cristiani iniziarono a svilupparsi alla fine dell'Ottocento, sostenuti dall'opera infaticabile di missionari olandesi, irlandesi, italiani che, assieme alla predicazione del Vangelo, volevano migliorare le condizioni di vita dei contadini, praticamente schiavi alla mercé di grandi proprietari terrieri. Ai margini della società indiana si trovavano coloro che non rientravano nelle caste, destinati ai lavori più degradanti e senza alcuna speranza di riscatto. Proprio tra costoro l'annuncio della buona notizia ricevette l'accoglienza maggiore. La preoccupazione della Chiesa fu allora quella di aiutarli con scuole e piccoli terreni da coltivare in proprio.
L'impero britannico, paradossalmente, fu il primo oppositore di questo processo, poiché andava ad intaccare lo statu quo. I senza-terra e i fuori-casta indù dovevano rimanere tali. Nacquero comunque 53 villaggi in cui i cristiani potevano vivere insieme, accedere all'educazione e iniziare almeno a disporre di strumenti basilari per poter coltivare le terre. I due terzi di questi villaggi dai nomi evocativi (Mariamabad, Francisabad, Yohannabad) sorsero e si svilupparono prima dell'indipendenza del Pakistan. Altre famiglie vivevano sparse nelle regioni del Punjab e del Sindh. Nel frattempo, protestanti e cattolici crearono una rete preziosa di scuole e ospedali. Tali istituzioni sono aperte a tutti, tanto che numerosi esponenti dell'élite musulmana del Paese hanno studiato in licei o università gestite dai religiosi. Eppure, la piccola minoranza autoctona cristiana deve affrontare quotidianamente discriminazioni, gesti di piccole o grandi prepotenze. Gli attacchi contro i cristiani si verificano da anni in maniera improvvisa. Dopo l'11 settembre si sono intensificati sulla base della falsa semplificazione tra cristiani e Occidente. Basta paventare l'accusa di blasfemia contro il Corano, e prima ancora che un qualsiasi tribunale civile o religioso possa documentarne la fondatezza, i cristiani sono sotto accusa da parte di mani invisibili che si scagliano contro di essi. Non di rado dietro queste accuse si nascondono gelosie o interessi economici, per appropriarsi con la prepotenza o il ricatto di terreni, beni o denaro dalle famiglie incriminate.
Al di là della violenza aperta, poi, nella vita quotidiana talvolta i cristiani incappano in discriminazioni nello studio o sul posto di lavoro. Molti cristiani professano la loro fede in un'esistenza davvero precaria e insicura, segnata non solo dalla povertà ma anche dalla persecuzione. La Messa domenicale è l'espressione gioiosa e pubblica di questa minoranza. Vi partecipa una folla variopinta di adulti, giovani e bambini, che non si lascia intimidire dalle minacce e si aggrappa alla preghiera come ad un'ancora di salvezza. Si tratta di una Chiesa giovane e vivace, all'interno della quale vivono movimenti ecclesiali laicali, che professa la sua fede con dignità e coraggio. Di questa Chiesa era figlio Shahbaz Bhatti.
DOSSIER "CRISTIANI IN PAKISTAN"
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Fonte: Avvenire, 3-3-2011
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