SIAMO PIU' ORFANI DOPO LA MORTE DI DE DONNO, IL MEDICO CHE AVEVA VINTO IL COVID CON IL PLASMA
Giuseppe De Donno ha applicato con risultati eccellenti la terapia col plasma immune, ma anziché gloria e onore ha subito attacchi e boicottaggi che lo hanno spinto a farsi da parte (VIDEO: Intervista a De Donno)
di Silvana De Mari
Siamo tutti più orfani di quanto già non fossimo. Siamo orfani di uno stato decente, che non abbiamo, perché il nostro stato ha redatto un protocollo fatto di tachipirina, vigile attesa, intubazione, trasformando una brutta influenza in una catastrofe nazionale, siamo orfani di una classe medica che sia fatta di medici e non di impiegati statali, impiegati che hanno eseguito gli ordini tachipirina, vigile attesa e intubazione invece di curare i malati, siamo orfani di sindacati che facciano i sindacati e proteggano i lavoratori dalla disoccupazione e dalla minaccia di licenziamento casomai osino rifiutare l'inoculazione di farmaci sperimentali con pesanti effetti collaterali noti e effetti collaterali a distanza non ancora noti.
Il nostro stato ha prescritto tachipirina e vigile attesa. I medici hanno eseguito tachipirina e vigile attesa. I sindacalisti hanno offerto lavoratori disoccupati disperati il nuovo smalto per uomo di Fedez, una conquista umana meravigliosa.
Siamo più orfani perché non è più con noi il professor De Donno che ci aveva dato il plasma iperimmune, un farmaco che rende la malattia SARS 2 Covid 19 guaribile in poche ore. Il plasma iperimmune è un aiuto ovvio in un malato. E anche bizzarro che ci abbia pensato solo il professor De Donno. Dopo aver trasformato in poche ore 58 agonizzanti in 58 guariti il professore stato aggredito, sbeffeggiato, estromesso, cacciato. Se la malattia è curabile i cosiddetti sieri non possono essere inoculati perché sono sperimentali: regole dell'EMA e dell'AIFA. Se la malattia è curabile tutti quelli che non l'hanno curata, ministro della salute, primari, medici, Avis che non raccoglie il plasma, ospedali che non lo chiedono, non ci fanno una gran figura.
La vicenda del professor De Donno ricorda dannatamente quella del dottor Semmelweis l'eroico medico ungherese, assunto nel 1847 nella clinica ostetrica di Vienna, luogo infernale dove innumerevoli donne morivano di una morte terribile, dovuta a una setticemia post parto, la febbre puerperale. Il dottor Semmelweis intuì che la causa doveva essere legata al fatto che medici soprattutto studenti di medicina non si levassero le mani dopo aver fatto le autopsie, prima di toccare e visitare partorienti. Impose lavaggi accurati delle mani, la febbre puerperale crollò e a questo punto, come è ovvio che sia, lo cacciarono, e smisero di levarsi le mani. Nessuno aveva voglia di farsi dire che erano gli stessi medici responsabili del disastro. Le donne ricominciarono a morire.
Cosa ha provato il dottor Semmelweis mentre le donne continuavano morire di una malattia che lui era in grado perfettamente di prevenire con pochi decilitri di fenolo?
Cosa ha provato il professor De Donno vedendo l'Italia e il mondo devastati da una malattia perfettamente curabile con una donazione di plasma da parte di un guarito?
Onore ai giganti della medicina, ai medici che hanno amato i pazienti.
Siamo tutti più orfani, ma il professor de Donno ci ha lasciato in eredità non solo il plasma iperimmune ma anche l'onestà e il coraggio.
È stato aggredito da un punto di vista mediatico. La sua scoperta è stata derisa da tale Burioni Roberto e tale Lucarelli Selvaggina, [...] e soprattutto non è stata usata per salvare pazienti. Non riusciva a capire perché la sua cura non fosse stato utilizzata in Italia nel mondo. Non riusciva a capirlo perché era una persona perbene: che curare i malati, che guarirli a prezzi bassi non fosse l'attività dei governi è un concetto onestamente difficile da capire per una persona perbene.
Per i giganti è difficile capire che il mondo è fatto di gnomi. Per gli onesti, i forti, gli intelligenti sono incomprensibili coloro che fanno morire una donna per non lavarsi le mani o fanno morire un popolo per imporgli una dittatura sanitaria.
Nota di BastaBugie: Paolo Gulisano nell'articolo seguente dal titolo "De Donno, il medico che sapeva battere il Covid" parla della morte di Giuseppe De Donno, il primario al Poma di Mantova che all'apice del Covid nella primavera 2020 aveva applicato con risultati eccellenti la terapia col plasma immune. Anziché gloria e onore ha subito attacchi e boicottaggi, anche politici.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 luglio 2021:
Il dottor Giuseppe De Donno ha lasciato questo mondo in modo tragico. L'anno scorso si era parlato di lui, dell'Ospedale Poma di Mantova e del San Matteo di Pavia, dai quali all'apice della pandemia nella primavera del 2020 arrivò una notizia straordinaria, un messaggio di speranza: i malati di Covid ricoverati in condizioni gravi venivano salvati. Non un solo morto in questi due nosocomi.
Mentre i media diffondevano una narrazione catastrofistica, parlando di un virus mostruoso responsabile di morti inarrestabili come la Peste del '300, da questi due ospedali lombardi arrivavano invece le notizie di complete guarigioni, ottenute con una metodica semplice, nota da tempo, pressoché a costo zero: la terapia col plasma immune, proveniente da persone malate e poi guarite. Plasma contenente anticorpi protettivi, immunoglobuline in grado di neutralizzare il virus. Si tratta di un principio semplice dell'immunologia applicato da tempo. È ciò che ha salvato tante vittime potenziali del Tetano, malattia potenzialmente letale per la quale - in una persona non immune - in primo luogo si somministrano le immunoglobuline, in seguito si può fare la vaccinazione per mantenere l'immunità.
La terapia con il plasma immune, praticata su larga scala in tutti i ricoverati, avrebbe potuto quindi impedire migliaia di morti, a costo zero, perché il plasma è assolutamente gratuito. Unitamente alle cure domiciliari precoci, avrebbe completamente ridimensionato la portata dell'epidemia. Poi, con tutta calma e con rigore scientifico nella sperimentazione, si sarebbe anche potuta promuovere la ricerca sui vaccini, magari con metodiche tradizionali anziché puntare sugli esperimenti con le terapie geniche. Avrebbe potuto essere la fine dell'emergenza Covid, ma così non è stato. E alle migliaia di vite umane perse nell'epidemia per una volontà politica di rifiutare le strategie di cure, si è ora aggiunta la dolorosa perdita della vita del dottor Giuseppe De Donno.
Il medico mantovano aveva provato ad applicare l'elementare principio dell'immunologia che abbiamo sopra descritto ai pazienti del suo ospedale, e i risultati erano stati eccellenti. Nel suo comunicare questi successi all'opinione pubblica e alla comunità scientifica, non c'era stata da parte del medico nessuna forma di arrogante orgoglio: solo la soddisfazione di un lavoro ben fatto, la gioia di aver verificato che la Medicina, l'arte del curare, aveva ancora una volta trovato una soluzione a un grave problema, e che tante persone avrebbero potuto essere salvate e tornare ai loro cari e alla loro vita normale. C'era, in De Donno, la soddisfazione semplice del cristiano (e tale era il professionista mantovano), uomo di radicate convinzioni religiose, che può essere utile al prossimo. Chi lo ha conosciuto bene, lo descrive come un uomo retto, pulito, senza brama di denaro e di potere. Un uomo persino troppo ingenuo. Rimase sinceramente sbalordito di fronte all'accoglienza che la sua scoperta aveva trovato: sebbene dagli Stati Uniti ci fosse stato un vivo interesse per la sua metodica di cura, De Donno venne letteralmente gelato dal ministro Roberto Speranza e dai vertici sanitari, dal Comitato Tecnico Scientifico all'Aifa.
Le terapie col plasma immune vennero apertamente ostacolate, frenate, boicottate, fino a quando la sperimentazione venne avocata a sé dalle autorità sanitarie e proseguita esclusivamente in un centro clinico - a Pisa - dove le suddette terapie finirono per scomparire nel nulla. Dalla scorsa estate delle straordinarie cure con plasma immune non si sentì più nemmeno parlare, e tutta l'attenzione venne concentrata - come sappiamo bene - sui vaccini a venire.
Giuseppe De Donno proseguì il suo lavoro, umilmente, continuando a prendersi cura delle persone, in condizioni sempre più difficili. Gli avversari delle cure non si accontentarono di aver respinto questa possibilità di soluzione terapeutica: vollero schiacciare, deridere, umiliare colui che aveva trovato una strada verso la soluzione del problema-epidemia che non corrispondeva a determinati progetti. Dovette subire gli insulti beceri del Web, dei social, in particolare della blogger Selvaggia Lucarelli, che lo insultò con rabbia volgare. Il medico subì tutto questo, non senza sofferenza, non senza doversi trovare, ad un certo punto, a fare una difficile scelta professionale.
Nello scorso giugno De Donno, dopo tanti anni di carriera ospedaliera, decise di lasciare il suo posto di primario al Poma per andare a fare il medico di base, il medico di medicina generale, in un paese della campagna mantovana. Una scelta che lasciò molti stupiti. Possibile che dopo tanto lavoro, tante ricerche, tanti sforzi, De Donno lasciasse tutto? Forse il professionista intendeva ripartire da altri progetti, da portare avanti con le mani libere dai vincoli del rapporto di dipendenza ospedaliera. Si dice che il suo sogno fosse aprire un centro clinico privato, dove poter finalmente praticare le sue terapie con plasma immune. Un faro di speranza per molti malati, magari anche quelli che oggi dei sedicenti sanitari rifiuterebbero di curare. Un progetto affascinante, il suo, come quello di Padre Pio, un santo cui De Donno era devoto, che aveva voluto un ospedale inteso come casa di sollievo dalla sofferenza.
Questo sogno del dottor De Donno si è infranto in un pomeriggio di luglio, nella sua casa, in un modo tragico e assolutamente inaspettato. C'è chi dice che il medico fosse caduto in depressione dopo aver visto vanificati i propri sforzi di vedere applicate le sue metodiche terapeutiche, ma De Donno non si sentiva affatto un fallito, e la sua volontà di servire come medico il prossimo non era mai venuta meno. Il nostro compito oggi quindi non deve essere solo quello di pregare per lui, e di onorarne la memoria, ma anche e soprattutto quello di raccogliere da lui il testimone e continuarne l'opera.
VIDEO: INTERVISTA A GIUSEPPE DE DONNO
Nel seguente video (durata: 15 minuti) dal titolo "Plasmaterapia contro il coronavirus" il dott. Giuseppe De Donno, responsabile di pneumologia presso l'ospedale Carlo Poma a Mantova, viene intervistato all'interno della trasmissione Il Mio Medico andata in onda su TV2000. Il video è stato pubblicato su YouTube il 5 maggio 2020.
https://www.youtube.com/watch?v=p00CJQielVQ
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Titolo originale: Siamo più orfani
Fonte: Blog di Silvana De Mari, 29 luglio 2021
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