BERLUSCONI VA IN TV DALLA BRAMBILLA AD ESALTARE L'AMORE PER IL SUO CAGNOLINO DUDU'
Sono dilaganti i danni dell'animalismo (che non è vero amore per gli animali) come, ad esempio, in Australia dove criminali vegani occupano mattatoi, attaccano i macellai e interrompono il traffico
di Andrea Cionci
Uno degli spettacoli più grotteschi della politica degli ultimi dieci anni (forse a pari merito con l'impeto "descamisado" del deputato Pd Fiano mentre aggredisce i colleghi a Montecitorio) ci è stato regalato da Silvio Berlusconi: lui col maglione blu da qualche migliaio di euro mentre allatta teneramente un agnellino. Pochi giorni fa nella trasmissione Dalla parte degli animali condotta dalla pasionaria animalista Michela Vittoria Brambilla, ha pontificato su Dudù e gli altri batuffoli che si rincorrono nel giardinone della sua Versailles presso Arcore. A parte la tristezza di vedere un ex maschio alpha della politica italiana ormai ostaggio dei sondaggi e delle sue avvenenti dame di corte che si riduce a intercettare le simpatie di proprietarie di beagle e barboncini, occorre una seria riflessione su uno dei più sottovalutati figli della cultura atea: l'animalismo.
Nulla a che vedere con l'amore e il rispetto per le creature della tradizione cristiana, ma anzi una vera aggressione all'uomo e all'ordine naturale, una privazione coatta del nostro rapporto armonico con la natura, un processo inversivo che pone l'uomo al servizio dell'animale; infine, l'allontanamento dei bambini dalla bellezza della natura. Una delle notizie più assurde degli ultimi giorni riguarda la scuola primaria di Oggebbio, nel Verbano. Una maestra aveva portato a scuola un pesce - morto - acquistato in pescheria per mostrare ai suoi piccoli allievi il miracolo dell'anatomia. Forse voleva far vedere che oltre a quel parallelepipedo surgelato e panato con granella di scarsa qualità che le loro madri comprano al supermercato, ci sono anche creature marine dotate di branchie, cuore, stomaco, fegato. Puntuale è arrivata la lettera inviperita della Lav (Lega anti vivisezione) a firma di tale Odette Favini: «Utilizzare per la didattica animali, vivi o morti, è obsoleto e mina la sensibilità dei bambini».
L'ALTOLÀ DEL PRESIDE
Il preside, cuor di leone, pur balbettando che il pesce era stato acquistato in pescheria, ha chinato il capo dicendo: «Non lo faremo più». Sembra una notizia alla Lercio, ma non lo è. Il potere intimidatorio di queste associazioni rasenta ormai l'abuso psicologico. Oggi comprare un cosciotto d'agnello per il pranzo pasquale è diventato una pratica aberrante e guai a cucinare il coniglio alla cacciatora. I seguaci dell'antispecismo si rivelano, poi, dei veri fondamentalisti, carichi di tutta quell'energia impositiva che un'erronea percezione di essere nel giusto offre loro. Non sono rare azioni violente contro allevatori, ristoratori e macellai, ma ancora peggiore è la nuova forma patologica di empatismo zoologico che si sta sviluppando, la quale crea dei danni enormi - non ancora sufficientemente indagati - sulla salute, sulla psicologia di massa, sulla cultura e anche sull'ambiente.
Di qualche tempo fa è la notizia che alcuni supermercati vendevano carne imballata in modo speciale per i ragazzi che provavano schifo a maneggiarla. All'allontanamento dal mondo rurale che è toccato alle giovani generazioni per motivi socio-economici, si aggiungono nuove svenevoli idiosincrasie indotte con l'unico risultato di allontanare sempre più i ragazzi dalla conoscenza diretta del mondo naturale. Un giovane che ha impressione a mettere in padella una bistecca, non è un giovane sensibile, è uno che ha dei problemi.
Questa subcultura crea anche enormi danni alle persone e all'economia. Un esempio? Per ovviare ai danni dell'enorme popolazione di cinghiali (attualmente circa sei milioni in Italia) - che provocano la rovina degli agricoltori, incidenti stradali e imbruttiscono il paesaggio imponendo ovunque l'installazione di reti e dissuasori - basterebbe dare la briglia ai cacciatori. Ma non si può, perché gli animalisti protestano.
QUESTI FANATICI CREANO DANNI AGLI STESSI ANIMALI
Il paradosso è che questi fanatici creano danni agli stessi animali quando, per i loro conati emotivi, non si prendono provvedimenti di controllo demografico di certe specie, soprattutto invasive. Accade così che cinghiali, topi, gabbiani facciano strage di altri animali a tutto svantaggio della biodiversità. Un caso di scuola fu quello di una specie di uccelli marini, le berte, presso l'Isola di Montecristo. La loro popolazione era seriamente a rischio a causa di un'invasione di ratti che ne divoravano pulli e uova. Secondo gli animalisti che protestarono per la derattizzazione, si sarebbero dovuti catturare i topi e trasportarli altrove. Oggi, per fortuna le berte sono salve e il 90% di loro porta a termine la covata.
L'amore inversivo per i topi è tratto caratteristico: i soliti giornaloni hanno recentemente ripreso con gridolini di entusiasmo il salvataggio di un topo di fogna rimasto incastrato in un tombino. I pompieri di Bensheim, in Germania, hanno impiegato mezzora del loro tempo per l'operazione. Ecco, quando si va in solluchero perché un ratto è stato salvato a spese del contribuente c'è qualcosa che non va.
L'animalismo si lega poi, come non mai, al clima-alterismo secondo cui, visto che l'effetto serra è causato dai peti delle mucche, dovremmo diventare tutti vegetariani. Questo avviene proprio nel momento in cui la medicina sta scoprendo i danni della nostra alimentazione eccessivamente sbilanciata sugli zuccheri (cereali).
Dal punto di vista culturale, gli animali da compagnia stanno riscuotendo un'attenzione manicomiale: alcune aziende si sono inventate perfino la lingua da gatto finta, di gomma, in modo che il padrone possa leccare il proprio gatto. Tutto questo ha dei risvolti persino demografici: non si contano le coppie che ormai, piuttosto che fare un figlio, si prendono un cane o un gatto.
Fra l'altro, adesso va molto di moda la campagna contro le gabbie. In pochi si sono però chiesti quanto verrebbe a costare al mercato un petto di pollo cresciuto in selvagge praterie e a quali danni, per lo sviluppo di un bambino, potrebbe portare una dieta alimentare povera di carne. Insomma, per voler garantire una vita dignitosa agli animali d'allevamento e rispettare l'ambiente non serve essere animalisti, basta semplicemente attingere alla tradizione cristiana che da duemila anni vede l'uomo come saggio amministratore della natura e contemplatore dell'opera di Dio.
Parafrasando una vecchia battuta, si può dire che l'amore per gli animali sta all'animalismo come l'enologia all'alcolismo.
Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Rivolta vegana in Australia, il terrorismo prossimo venturo" racconta cosa sta succedendo in Australia. I vegani hanno occupato macelli, attaccato le macellerie e interrotto il traffico nelle grandi città. Il premier australiano li definisce "criminali dal collare verde". Ma loro si sentono legittimati dall'Onu.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 9 aprile 2019:
In Australia è in corso una rivolta contro... la carne. I vegani sono passati all'azione, bloccando macelli, attaccando le macellerie e interrompendo il traffico nelle grandi città. Solo nella mattina di ieri, decine di loro sono stati arrestati. Il premier australiano, in un discorso radiofonico, lancia l'allarme: è una protesta contro gli interessi nazionali. Si tratta di un caso eclatante, ma non di un caso isolato nel clima che si respira, nel mondo anglosassone e non solo, negli ultimi dieci anni.
L'Australia, secondo le statistiche dell'Ocse, è il secondo paese al mondo per consumo di carne, preceduto solo dagli Usa e seguito dall'Argentina (l'Italia non compare neppure nella classifica delle prime dieci). Ciò non dovrebbe costituire un problema: è una questione di dieta e di tradizioni. L'Australia vive anche di allevamento da carne, che costituisce il 40% dei profitti per l'agricoltura locale. E questo ha fatto scoppiare la rivolta dei vegani. "Vogliamo che la gente diventi vegana! - ha detto ai microfoni della Abc una militante, Kristin Leigh - Vogliamo che la gente smetta di abusare degli animali. Gli animali soffrono in un modo che la maggior parte di noi nemmeno di si immagina. Noi non chiediamo gabbie più grandi: chiediamo la liberazione degli animali!".
Dagli appelli ai ristoranti e alla moda della dieta vegana, si è passati rapidamente alla protesta, prima sporadica poi organizzata. Il vegano, contrariamente al vegetariano, infatti, non solo sceglie per sé una dieta integralmente priva di animali e prodotti animali, ma pretende che nessuno consumi cibo animale o di derivazione animale (dunque neppure latte, formaggio e altri latticini, uova...). Se il vegano è anti-specista, è convinto che non vi debba essere alcuna discriminazione di specie. Dunque gli animali dovrebbero avere diritti quanto gli uomini. Ciò spiega l'attacco alle macellerie. Il sindacato di categoria dei produttori di carne, l'Australian Meat Industry Council, denuncia un "attacco continuo" dei manifestanti sui negozi in cui si vende carne. "Vogliamo che tutto questo cessi e cessi subito - ha detto il presidente del sindacato, Patrick Hutchinson - vogliamo dar retta al 99% degli australiani che vuol solo comprare e consumare la carne rossa". Ieri gli attivisti vegani hanno iniziato con l'occupazione dei mattatoi: hanno fatto irruzione nelle strutture e si sono incatenati ai macchinari per impedire il lavoro. La protesta è avvenuta, simultaneamente in quattro regioni. Subito dopo, un centinaio di manifestanti ha occupato i principali incroci della capitale Melbourne. La reazione della polizia non si è fatta attendere, i picchetti sono stati smantellati e gli attivisti vegani sono stati arrestati a decine: 38 arresti a Melbourne e altri 9 nel mattatoio di Goulburn, nei pressi di Sidney.
"Questa è un'altra forma di attivismo che penso vada contro gli interessi nazionali e l'interesse nazionale coincide con la possibilità degli agricoltori di allevare i pascoli nelle loro terre", ha tuonato alla radio il premier Scott Morrison. Chiedendo poi alle forze dell'ordine di applicare "la legge fino in fondo, contro questi criminali dal collare verde".
Toni duri e giustizia rapida, in questo caso. I vegani sono stati trattati come criminali, ma si sentono legittimati dal clima culturale contemporaneo. Un clima che viene sistematicamente alimentato, non solo da studi scientifici interpretati come giustificazione dell'ecologismo più radicale, ma anche dalle agenzie Onu e dalla loro martellante campagna contro il consumo della carne. Cinque mesi fa, sulla rivista Nature, veniva pubblicato un articolo in cui il consumo della carne veniva direttamente collegato al riscaldamento globale, attraverso una serie di passaggi. Prescrizione: ridurre drasticamente il consumo della carne per salvare il pianeta. Negli studi commissionati dall'Ipcc, gli allevamenti di animali ruminanti sono considerati come una delle fonti di emissione massiccia di CO2. Almeno dal 2010, l'Onu sforna un rapporto dietro l'altro in cui predica la necessità di ridurre drasticamente il consumo di carne, sempre a causa della lotta al riscaldamento globale. L'ultimo di questi rapporti risale ad appena un mese fa.
L'allarmismo ecologista, anche a livello Onu, sta diventando sempre più pressante. "Abbiamo sempre meno tempo" per invertire la rotta, come si dice ad ogni Conferenza sul Clima. "Dovete avere paura!" esclama l'adolescente eco-attivista Greta Thunberg, accolta e corteggiata da tutti i big del panorama mondiale. "Si deve agire subito, la gente sta già morendo!" rilancia la deputata Usa Alexandria Ocasio Cortez, maggior promotrice del Green New Deal. E in questo clima di terrore, qualcuno, in Australia, si sente in dovere di bloccare le strade e occupare i mattatoi. Il terrorista che ha fatto la strage nelle moschee di Christchurch, sempre australiano, si definiva "eco-fascista": quasi tutti lo hanno descritto come un fascista, ma non si deve trascurare il suo movente ecologista. L'eco-terrorismo c'è già. Fa già le sue vittime, anche se sono molto meno rispetto a quelle provocate da altre forme di terrorismo (quello islamico in primis), ma non per questo può essere trascurato. In un clima in cui "dobbiamo avere paura", ci sarà sempre più gioventù tentata dall'azione estrema: qualcosa di più che incatenarsi in un mattatoio o bloccare una strada con un picchetto, qualcosa che potrebbe comportare anche l'uso delle armi e degli esplosivi, contro le persone, per salvare animali.
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Titolo originale: I danni dell'animalismo (che non è amore per gli animali)
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-04-2019
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