LA CHIESA AFFERMA CON CERTEZZA CHE PER ARRIVARE ALL'ESISTENZA DI DIO BASTA LA RAGIONE (PER NON CADERE NEL FIDEISMO CHE LA CONSIDERA INUTILE)
di Giacomo Samek Lodovici
I due interventi inaugurali del Convegno internazionale su Dio recentemente promosso dalla Cei hanno riproposto un tema decisivo. Il cardinal Ruini ed il filosofo Robert Spaemann hanno infatti ribadito la possibilità di elaborare delle dimostrazioni razionali dell’esistenza di Dio. La scelta di iniziare il Convegno con questo discorso è molto importante anche nei riguardi del mondo cattolico, perché non pochi credenti cadono nel fideismo, che nega il contributo della filosofia alla fede, considerandola inutile o addirittura perniciosa, e poggia la fede soltanto su un sentimento interiore e sulla Bibbia. In realtà, la capacità della ragione di giungere a Dio è affermata già dalla stessa Bibbia. Un passo della Lettera ai romani (I, 19-21), citato più di una volta al Convegno: «Ciò che di Dio si può conoscere è agli uomini manifesto […]. Infatti […] le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute». E la Lettera di Pietro (1 Pt, 3, 15) esorta a promuovere il cristianesimo appunto anche mediante la ragione: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi».
Anche sulla scorta di questi passi la Chiesa si è molte volte pronunciata sulla possibilità di affermare Dio con la ragione. Per esempio nell’enciclica Fides et Ratio (§ 24, 36 e 53),
dove, inoltre, Giovanni Paolo II ha criticato (al § 55) i 'pericolosi ripiegamenti sul fideismo, che non riconosce l’importanza della conoscenza razionale e del discorso filosofico per l’intelligenza della fede, anzi per la stessa possibilità di credere in Dio'. Ma potremmo citare anche molti interventi di Benedetto XVI. Similmente, il cardinal Bagnasco ha rimarcato al Convegno che «purtroppo […] sentimentalismo ed emotivismo […] finiscono per avallare l’opinione diffusa che religione e ragione appartengano a due mondi, se non contrapposti, quantomeno incomunicabili».
Per contro, la filosofia può recare alla fede almeno due preziosissimi contributi.
Anzitutto, le prove filosofiche dell’esistenza di Dio possono essere proposte a chi non è già cristiano, possono condurre l’ateo a convincersi dell’esistenza di Dio e possono inoltre portare il non cristiano sulla soglia della fede nel Dio cristiano. In effetti, i cristiani diventano tali sia perché ricevono la fede direttamente da Dio o da qualche persona che inoltre la testimonia, sia anche, a volte, perché vengono convinti da dei ragionamenti. Per esempio, s. Agostino si è convertito grazie a s. Ambrogio ed alla lettura dei discorsi dei filosofi neoplatonici, s. Edith Stein è arrivata al cristianesimo leggendo s. Teresa e grazie alla filosofia di s. Tommaso, e Janne Haaland Matlary – già viceministro norvegese, che era agnostica (ed in certi periodi atea) - è arrivata al cattolicesimo proprio grazie alla filosofia.
Inoltre, la filosofia può soccorrere anche chi è già credente: anche i più grandi santi hanno attraversato periodi in cui nessun sentimento interiore confermava loro l’esistenza di Dio, come è avvenuto a Madre Teresa di Calcutta. È la «notte dello spirito», per usare l’espressione di s. Giovanni della Croce. In simili momenti, la filosofia, che può dimostrare l’esistenza di Dio e anche alcuni aspetti della sua natura (onnipotenza, sapienza, giustizia, provvidenza, ecc.), può aiutarci a rimanere convinti che Dio esiste, a riconoscerlo anche quando si addensa il buio.
Fonte: Avvenire, 13 dicembre 2009
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