INFERMIERA NON VACCINATA SOSPESA: SARA' RISARCITA DEL DANNO
Un giudice ha condannato l'Asl a un risarcimento di 200 euro per ogni giorno senza lavoro a un'infermiera di Poggibonsi (provincia di Siena) che riceverà anche un risarcimento di 70mila euro (a Viterbo risarciti anche tre insegnanti)
di Andrea Zambrano
Un'altra clamorosa sentenza, anche se di primo grado, ristabilisce la giustizia per almeno uno dei tanti sanitari sospesi e rimasti senza stipendio durante la campagna vaccinale. Arriva da Firenze dove il 20 novembre il giudice della seconda sezione civile Susanna Zanda ha dato ragione ad un'infermiera di Poggibonsi che non solo si è vista riconoscere tutti gli arretrati di stipendio che l'Asl presso la quale lavora da 40 anni le aveva tolto in quanto non vaccinata, ma riceverà anche un risarcimento significativo di almeno 70mila euro per il danno biologico, psichico e morale subito con quel provvedimento.
L'ordinanza si basa sul principio della discriminazione subìto dalla donna ed è stato argomentato dai suoi legali, l'avvocato Tiziana Vigni e Gianmaria Olav Taraldsen dello studio di Mauro Sandri.
La dipendente era stata sospesa dal 2 settembre 2021 fino al 31 dicembre di quello stesso anno e poi dal 15 giugno 2022 fino a 31 dicembre da una Asl toscana. Più di un anno senza stipendio per lei, che lavorava in ospedale dal 1985, improvvisamente privata dell'unica fonte di reddito che le consentiva di vivere.
Il giudice, nel dispositivo riconosce che la legge dello Stato con la quale l'Asl ha fatto scattare il provvedimento di sospensione era discriminatoria e fonte di danno risarcibile. È questo il giudizio che la toga fiorentina ha emesso sui DL dei governi Conte II e poi Draghi, che hanno lasciato a piedi migliaia di sanitari, medici, infermieri e operatori perché non si erano piegati al ricatto vaccinale.
I LAVORATORI DEL COMPARTO SANITÀ
Alla base della decisione, Zanda riconosce che quei decreti-legge, poi trasformati in legge dello Stato, hanno violato la Carta di Nizza sulla violazione della dignità umana (art 1) e l'articolo 19 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea che prevede persino la possibilità di un intervento nei confronti degli stati che attuino una discriminazione.
«Occorre domandarsi - scrive il giudice - se la richiesta di vaccino anti covid per poter lavorare presso l'azienda, quale nuovo requisito introdotto dal DL 44/2021 fosse inquadrabile come misura di "protezione sociale e tutela della salute"».
Per smontare il DL, Zanda ha rilevato che le uniche fonti da cui l'Asl, citata anch'essa in giudizio, ha giustificato il suo provvedimento, erano le attestazioni dell'Istituto Superiore di Sanità sull'efficacia dei vaccini anti covid. Ma «tali elementi - ha proseguito - sono autoreferenziali e non assurgono evidentemente a prove circa la sussistenza di valide ragioni del trattamento sperequato attuato dalla convenuta (l'infermiera ndr.) e non resistono all'efficacia probatoria dei corposi elementi forniti a supporto della condotta discriminatoria subita».
Quali?
È interessante notare che uno degli elementi su cui si basa il giudizio fossero i report dell'Inail sulle infezioni sul luogo di lavoro nel 2022. Proprio i lavoratori del comparto sanità, infatti, tutti vaccinati, hanno avuto la percentuale più alta di denunce per Covid 19 tra tutti i lavoratori, il 63,2% del totale.
Ne consegue, secondo il ragionamento del giudice, che il fatto che una percentuale così elevata di sanitari contagiati, pur in presenza di vaccino, smentisse l'affermazione contenuta nel DL 44/2021 e le attestazioni ISS ossia che i vaccini servono per proteggere dal contagio Sars Cov 2.
«Dunque - prosegue - i vaccini non solo non sono anti Sars Cov 2 e cioè non impediscono la catena del contagio, ma non impediscono nemmeno la malattia severa da Covid, le ospedalizzazioni e i ricoveri».
IL VACCINO NON AVEVA LA CAPACITÀ IMMUNIZZANTE
A questo si aggiunge anche una corposa letteratura scientifica citata in sentenza come gli studi sul Bmj del 2 agosto 2021, Lancet del 28 ottobre 2021 e Lancet Regional Healt del dicembre '21. Tutti studi che «dimostrano la crescente rilevanza della popolazione vaccinata come fonte di trasmissione».
In conclusione: «Poiché il vaccino non aveva la capacità immunizzante attestata in modo non veridico nel decreto legge 22/2021 per giustificare le sospensioni dal lavoro di certe categorie di cittadini, non appare giustificato il trattamento sperequato che consente ai vaccinati di lavorare e che vieta invece di lavorare ai non vaccinati, che sono stati emarginati dalla società, privati della dignità del lavoro e della libertà dal bisogno»
Una discriminazione attuata dalla legge prima che dall'Azienda che ha eseguito la legge discriminatoria «privandola di un diritto naturale per un lasso temporale eccezionalmente lungo e senza valide ragioni gettandola nell'emarginazione e nel bisogno».
Così alla donna verrà riconosciuto come risarcimento del danno la somma di 200 euro a titolo di danno morale e psichico per ogni giorno di sospensione discriminatoria» oltre ai mancati stipendi con contributi e interessi.
Sodisfatto l'avvocato Mauro Sandri, che ora dovrà attendere le mosse dell'Asl per un eventuale ricorso e che alla Bussola dice: «La rilevanza di quella sentenza sta nell'articolo 28 del decreto legislativo 150 che chiarisce la discriminazione, ma l'elemento forte è sicuramente il report Inail che smonta le finalità del decreto legge 44/2021 poi convertito nella legge 76/2021 per i sanitari e 72/2021 per gli insegnanti».
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Andrea Zambrano, nell'articolo seguente dal titolo "Giudice ordina al Miur: pagate gli arretrati ai prof non vaccinati" parla del giudice di Viterbo che ha condannato il Ministero dell'Istruzione a versare gli stipendi arretrati a tre docenti che furono sospesi dal lavoro perché senza vaccino. Riconosciuta la retroattività del reintegro. Colpa anche della legge scritta male. E ora la sentenza può fare scuola per tutte le altre cause in tribunale.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 1° dicembre 2023:
Il ministero dell'Istruzione (Miur) dovrà riconoscere a tre insegnanti della provincia di Viterbo tutti gli stipendi arretrati, con relativi contributi previdenziali, che non sono stati corrisposti durante la campagna vaccinale. I tre docenti, infatti non si erano vaccinati e come tanti loro colleghi hanno pagato con l'ostracismo dalle aule la loro decisione di non farsi iniettare un farmaco sperimentale contro la loro volontà.
La sentenza pronunciata dal giudice del Tribunale di Viterbo Mauro Ianigro il 17 maggio scorso, è destinata a fare scuola. In questi giorni, infatti, sono scaduti i sei mesi entro cui il Miur avrebbe potuto fare ricorso per opporsi alla sentenza. Ne risulta che il dispositivo è passato in giudicato e pertanto non potrà essere appellato.
È una vittoria dello studio legale SanTaLex dell'avvocato Mauro Sandri, che porta a casa una sentenza molto tecnica, ma di importanza capitale e che dice sostanzialmente che quando uscì il decreto del governo Draghi 172/2021 che proibiva di lavorare ai docenti non vaccinati, la scuola era obbligata a trovare per loro un ricollocamento, il cosiddetto repêchage.
Cosicché, quando a partire dal 1° aprile 2022, con il decreto 24/2022 è stata modificata la legge e i docenti sono stati reintegrati, il valore di quel reintegro andava letto in maniera retroattiva; pertanto, quegli stipendi di cui sono stati privati gli insegnanti dovranno essere ora interamente corrisposti.
Una legge scritta male, quella del Governo di allora, che adesso comporterà un esborso non previsto per le casse dello Stato, ma più che giusto. È proprio il caso di dire che la gatta frettolosa ha partorito i gattini ciechi e il fatto che questa sentenza stabilisca il pagamento degli arretrati fa il paio con un'altra sentenza simile pronunciata a Treviso, nella quale però il giudice si è fermato appena prima: ha riconosciuto il valore retroattivo del pagamento degli stipendi, ma ha anche decretato che era venuto meno il motivo del contendere.
In ogni caso, con questa sentenza in mano, tantissimi docenti rimasti senza lavoro per molti mesi durante il 2021 e il 2022 potranno così affilare le loro armi e imbastire cause simili con il Miur, sperando che il giudice confermi questo impianto, che intanto però ha valore di sentenza.
L'avvocato Sandri ha così commentato sul suo canale Telegram: «Si tratta di una argomentazione in diritto che deriva dall'interpretazione letterale e sistematica della successione delle leggi che compulsivamente e con l'intento di scoraggiare dal fare ricorso, il folle legislatore ha varato negli anni passati. Il diavolo fa le pentole, e pensa di avere fatto bene anche i coperchi, ma noi glieli facciamo saltare. Tutti i dipendenti della Scuola sospesi hanno, pertanto, diritto di ottenere sia gli arretrati, sia gli emolumenti non percepiti, sia il trattamento pensionistico, integralmente».
Anche l'avvocato del pool di Sandri, Olav Gianmaria Taraldsen, che ha seguito il caso in tribunale è soddisfatto e alla Bussola spiega: «Il Miur avrebbe dovuto fare un ricollocamento obbligatorio per tutti questi docenti - ha spiegato -. È come se la norma retroattiva abbia fatto venire meno la sospensione, garantendo il diritto al ricollocamento».
La sentenza acquisisce maggior valore se si pensa che in essa il giudice non ha contestato affatto le finalità della campagna vaccinale, anzi, in alcuni punti del dispositivo appare persino convinto della bontà dei vaccini sia in efficacia che in sicurezza. Il punto, infatti, affrontato da questa nuova via è prettamente di tipo giuslavoristico e dimostra come il decreto di sospensione degli insegnati fosse stato scritto male dal punto di vista giuridico e quindi facilmente smontabile da un giudice, anzi, con quello di Treviso, da due.
Che succederà ora? «In Italia - prosegue Taraldsen - non vige il precedente vincolante, però sicuramente questa sentenza può diventare un orientamento a cui un altro giudice può guardare per decidere su casi simili».
Imprimendo così una svolta nelle tante cause ancora ferme di insegnanti privati di un diritto inalienabile, quello al lavoro.
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Titolo originale: Infermiera non vaccinata sospesa: sarà risarcita del danno
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30 novembre 2023
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