LA MISSIONE APOSTOLICA L’ORIGINE TRINITARIA DI OGNI MISSIONE APOSTOLICA
La pagina evangelica, che oggi viene offerta dalla Provvidenza alla nostra meditazione, ci parla del primo invio degli apostoli all’umanità che è in attesa della salvezza.
Siamo, con questo episodio, a una svolta nella vita pubblica di Gesù. Fino a quel momento, si era tratta to di una attività praticamente occasionale: predicava e operava lui solo, dovunque gli capitasse di arrivare. Adesso egli passa a un’azione organizzata e sistemati ca: manda a due a due (cf. Mc 6,7) i suoi messaggeri, secondo un progetto e con delle precise istruzioni. Manda i “Dodici”, quelli che lui si è scelto ufficialmente e con assoluta libertà (Mc 3,13: Chiamò a sé quelli che volle lui). Ogni vera missione nella Chiesa non può essere frutto soltanto di una ispirazione interiore, che nasca dal cuore dell’uomo. Non può essere nemmeno un incarico ricevuto dalla “base” della comunità. Ogni vera missione nella Chiesa è un’investi tura dall’alto. Chiamò a sé (Lc 9,1): prima chiamò a sé, poi mandò. Prima la “sequela” e l’adesione a Cri sto, perché tutto scaturisce da lui. E non può essere diversamente. Ogni missione apostolica deve essere compiuta in nome di Cristo; è, per così dire, un prolungamento della sua attività; anzi, a una considera zione più profonda, è un riverbero e una sovrabbondanza dell’impeto con cui ci è stato dato colui che è per eccellenza l’Inviato: L’apostolo e il sommo sacerdote della fede che professiamo (Eb 3,1).
Perciò ogni missione apostolica ha la sua scaturigine prima addirittura nel segreto della stessa vita trinitaria: Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi (Gv 20,21).
CONTENUTO DELLA MISSIONE APOSTOLICA È IL BENE INTEGRALE DELL’UOMO
Che cosa sono inviati a fare? Qual è il contenuto della missione apostolica?
Il primo compito, che viene assegnato, è quello di annunciare l’evento della salvezza (“il Regno di Dio”). È la comunicazione appassionata e vibrante che, con l’incarnazione dell’Unigenito del Padre, il Regno di Dio si è ormai avvicinato, ed è alla nostra portata. Al tempo stesso è la proclamazione che per poter entrare nel Regno di Dio e salvarsi, occorre all’uomo che cambi vita e abbandoni la strada del male: Predicava no che la gente si convertisse (Mc 6,12).
Ma non si tratta semplicemente della diffusione di una filosofia o di una dottrina morale. Il “Vangelo” è essenzialmente lotta contro le forze demoniache, che da sempre insidiano il bene e la gioia della famiglia umana: Diede loro potere e autorità su tutti i demoni (Lc 9,1).
Gesù è mandato dal Padre a rovesciare l’impero di Satana. I suoi apostoli sono investiti della sua stessa forza divina. Essi non potranno ignorare l’esistenza dei demòni, ma non dovranno affatto temerli perché sono loro i più forti: Diede loro potere e autorità.
Questa missione infine ha anche un aspetto irrinunciabile di attenzione all’uomo e alle sue sofferenze. L’annuncio evangelico è primariamente annuncio di una vita eterna e anticipazione in terra del Regno di Dio; ma non esclude, anzi suppone ed esige che la Chiesa si chini altresì sulle miserie e sui dolori degli uomini. Perciò è detto: Li mandò a guarire gli infermi (Lc 9,2).
L’APOSTOLO CONFIDA NEL DIO PROVVIDENTE PIÙ CHE NEI MEZZI UMANI
È molto interessante per noi fare attenzione alle istruzioni pratiche che Gesù imparte a chi manda nel mondo.
Ordinò loro che… non prendessero nulla per il viaggio (Mc 6,8): né cibo né denaro né vestito di scorta. Qual è il giusto senso dell’ammonimento?
Queste parole hanno prima di tutto una valenza storica contingente, cioè si riferiscono alla circostanza concreta di questa prima missione. È una missione del tutto sperimentale e provvisoria, che doveva concludersi entro brevissimo tempo. Perciò Gesù si preoccupa che gli apostoli non godano di una lunga autonomia, perché si ricordino che devono tornare presto da lui e all’organizzazione di base.
Quando li preparerà al distacco definitivo e all’avventura di una partenza senza ritorno, le sue esortazioni saranno ben diverse, come ci è riferito dallo stesso Vangelo di Luca: “Quando vi ho mandato senza borsa né bisaccia né sandali, vi è forse mancato qualcosa?”. Risposero: “Nulla”. Ed egli soggiunse: “Ma ora chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia” (Lc 22,35-36).
Le parole di Gesù, che stiamo esaminando, hanno però anche un significato assoluto ed eterno. Ed è che i suoi apostoli devono custodire nel loro cuore l’atteggiamento interiore degli anawim – dei “poveri di Iahvè” – che ripongono la loro fiducia sostanziale soltanto nel Signore. Le ricchezze umane, quando sono legittime, non sono condannabili; però sono pericolose. Perciò bisogna abituarsi a non collocare la nostra sicurezza sui mezzi economici che si possiedo no o che in futuro si potrebbero possedere, ma solo sul Dio vivo, l’unico che alla fine non delude.
IL MINISTRO DEL VANGELO E IL SUO SOSTENTAMENTO
Tutto ciò si compone, nel pensiero di Cristo, con l’affermazione che ci devono essere delle fonti di sostentamento per i ministri del Vangelo e per la causa della evangelizzazione. Lui stesso si era curato di trovarle, per sé e per i suoi, secondo quanto è testimoniato dall’ottavo capitolo di Luca: C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiri ti cattivi e da infermità: Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni (Lc 8,2-3).
Ma c’è di più. Nelle istruzioni date alla prima missione apostolica è enunciato anche il principio fonda mentale che deve ispirare tutta questa problematica e fonti di sostentamento si devono reperire tra colo ro che sono i beneficiari dell’azione di evangelizzazione e di salvezza: Entrati in una casa, rimanetevi fino a che non andiate in un altro luogo (Mc 6,10). San Luca, nel contesto analogo dell’invio dei settantadue discepoli, ci chiarisce bene la portata di questa espressione: Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno della sua mercede (Lc 10,8).
Quando si propongono queste tematiche, è facile trovare tra i cristiani – e anche tra i preti, che pure di solito non rinunciano a ricevere quanto viene loro corrisposto – una specie di fastidio, quando addirittura non c’è la colpevolizzazione di chi le prospetta. La Chiesa – si dice – deve essere povera; e dunque non deve mai parlare di soldi.
Chi fa di questi ragionamenti non merita di essere preso sul serio, prima di tutto perché è in disaccordo con il vero parere del Signore (come s’è visto). Ma anche perché è in contraddizione con la sua stessa affermazione.
Solo ai ricchi, non ai poveri, è consentito di non pensare mai al denaro. Il povero ci pensa sempre, proprio perché non ne ha.
Una Chiesa dove non si parli mai di soldi, dove si abbia vergogna a chiedere il contributo di tutti, come se fosse una contaminazione della religione, non sarebbe una Chiesa evangelica; sarebbe una Chiesa ricca: solo i ricchi infatti non hanno angosce finanzia rie e possono non chiedere nulla a nessuno.
Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.
ALTRA OMELIA VI DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Mc 6, 7-13)da Il settimanale di Padre Pio
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Fonte: Stilli come rugiada il mio dire