CANONIZZATE LE MARTIRI DI COMPIEGNE UCCISE DALLA RIVOLUZIONE FRANCESE
Canonizzate da papa Francesco per equipollenza, la loro vicenda è stata narrata da Bernanos poi divenuta il celebre film ''I Dialoghi delle carmelitane'' (visibile gratuitamente su YouTube)
di Cristina Siccardi
Era verso la fine del 1600 quando la carmelitana suor Elisabeth-Baptiste del monastero di Compiègne, circa un secolo prima della Rivoluzione francese, vide in sogno alcune monache del suo convento nella gloria del Cielo, vestite con manti bianchi e ciascuna con una palma in mano: si trattava della premonizione del martirio che avrebbero subito alcune sue future consorelle, ghigliottinate il 17 luglio del 1794 sulla piazza del Trono-Rovesciato, antica piazza del Trono, così rinominata nel 1792 e oggi place de la Nation. Pochi giorni fa, il 18 dicembre, le sedici martiri Carmelitane scalze, beatificate da san Pio X il 27 maggio 1906, sono state canonizzate da papa Francesco per equipollenza.
Lo scrittore francese Georges Bernanos (1888-1948), nella sua celebre opera letteraria Dialogues des carmélites, che può considerarsi il suo testamento, scrive: «nelle cose di questo mondo, lo sapete, quando è perduta ogni speranza di conciliazione, la forza è l’estrema risorsa. Ma la nostra saggezza non è di questo mondo. Nelle cose di Dio l’estrema risorsa è il sacrificio delle anime consacrate» (Quadro terzo, scana XII).
Le pagine dei Dialoghi delle Carmelitane, che invitiamo a leggere quale strenna spirituale natalizia di questo anno che volge al termine, che è stato infuocato dalla cruenta violenza nelle case e strade italiane (anche per mano di minorenni), dal terrorismo e dalle guerre a livello internazionale, sono le più affini al Diario di un curato di campagna econ La gioia formano una trilogia ideale, nella quale il motivo conduttore è il capovolgimento dei valori operato dalla Grazia divina. Nel Diario si insiste sul capovolgimento tra povertà e ricchezza, tra ingenuità fanciullesca e prudenza adulta; nei Dialoghi, come pure nelle pagine de La gioia, il capovolgimento è osservato sotto il focus del binomio forza-debolezza.
UCCISE IN ODIO ALLA FEDE
Attraverso la Grazia la debolezza umana diventa forza irresistibile nelle mani di Dio. D’altra parte, san Paolo ci rivela che il Signore gli ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12, 9), pertanto «Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12, 10). È esattamente ciò che hanno sperimentato e vissuto Madre Thérèse de Saint Augustin (Marie-Madeleine-Claudine Lidoine, 41 anni), nata il 22 settembre 1752 a Parigi, e le sue 15 compagne dell’Ordine delle Carmelitane scalze di Compiègne, uccise in odio alla fede.
Il 15 dicembre 1789 l’Assemblea Nazionale vietò a tutti gli ordini religiosi di pronunciare nuovi voti e molti religiosi e religiose vennero dispersi, ciò avvenne anche alle sante Carmelitane di Compiègne, piccolo borgo a nord est di Parigi, alle quali venne ordinato nel 1792 di allontanarsi dal loro monastero e di togliere gli abiti religiosi. Tuttavia, le monache vollero mantenere il loro proponimento di «vivere e morire da Carmelitane» e per questa ragione, nonostante il ferreo divieto, continuarono a pregare di nascosto e in comune, quotidianamente, divise in piccoli gruppi e accolte da alcune famiglie di Compiègne vicino alla chiesa di Saint-Antoine.
Nel settembre 1792, quando la Madre priora, Thérèse de Saint Augustin, sentì che nelle sue figlie cresceva il desiderio di martirio, propose loro di compiere un atto di consacrazione con il quale «la comunità si offrisse in olocausto per placare l’ira di Dio e che questa pace divina, che il suo caro Figlio era venuto a portare al mondo, potesse essere restituita alla Chiesa e allo Stato». Si organizzarono in modo tale da continuare la loro vita come all’interno del convento, entrando e uscendo dalla chiesa furtivamente. Ogni giorno pronunciavano il loro voto di totale consacrazione alla volontà di Dio, pregando perché si arrivasse alla fine delle violenze e al ritorno della pace per la Chiesa e la Francia.
LA DECRISTIANIZZAZIONE DELLA FRANCIA
Nell’autunno 1793, come parte della decristianizzazione, la pratica del culto cattolico divenne sempre più perseguitato a Compiègne come in tutto il resto della nazione, precipitata sotto il Regime del Terrore. Oggigiorno si grida giustamente all’orrore per le azioni terroristiche, senza però mai puntare il dito contro il governo del Terrore della Francia rivoluzionaria, che fece scorrere fiumi di sangue (nel nefando spettacolo di inaugurazione delle Olimpiadi 2024, Maria Antonietta decapitata, affacciata e replicata alle finestre della Conciergerie, dove fu imprigionata, teneva fra le mani la propria testa e il rosso sangue dominava, fino a fuoriuscire dal Palazzo e gettarsi nella Senna), realizzando persino il primo genocidio dell’era moderna, quello in Vandea.
Il 10 giugno 1794 fu emanata una nuova legge repressiva, che eliminò diverse garanzie agli imputati (tra cui quelle di citare testimoni per la difesa o di nominare un difensore d’ufficio), negando la possibilità di emettere qualsiasi verdetto diverso dalla condanna a morte o dall’assoluzione. Dal 10 giugno 1794 al 28 luglio dello stesso anno ci furono tanti condannati a morte quanti nei quattordici mesi precedenti. Pierre-Gaspard Chaumette (1763-1794), tra i fautori del Regime del Terrore, uno dei maggiori organizzatori a Parigi del culto della Ragione e che sarà pure lui decapitato, definì la ghigliottina «un vulcano di lava che divora i nostri nemici».
Tra il 22 e il 23 giugno 1794 le Carmelitane scalze furono individuate e incarcerate nel loro ex monastero «per aver tenuto conciliaboli antirivoluzionari, mantenuto corrispondenze fanatiche e conservato scritti liberticidi». Durante le perquisizioni vennero trovate alcune lettere che contenevano critiche alla Rivoluzione in corso e ciò fu sufficiente per accusarle di complottismo, ma allo stesso tempo anche di fanatismo religioso, considerato un crimine per la società.
Il 12 luglio 1794, tutte quante decisero eroicamente di indossare il loro abito religioso e furono trasferite da Compiègne al Palais de la Cité di Parigi. Così, le sante monache si ritrovarono finalmente tutte insieme, potendo riprendere le ore di preghiera comunitaria. Alcuni detenuti hanno testimoniato che il giorno prima del loro martirio, il 16 luglio, celebrarono la festa liturgica di Nostra Signora del Monte Carmelo, con grande letizia.
Quando vennero condotte davanti al Tribunale rivoluzionario, la Madre superiora tentò vanamente di addossarsi tutte le colpe. A questo punto, le imputate furono condannate a morte e immediatamente fatte salire su di un carro, in direzione del patibolo. Accusate di «fanatismo e sediziosità», le Carmelitane furono giustiziate, come detto, il giorno 17 e per le martiri fu un giorno di festa nuziale.
IL MARTIRIO GLORIOSO DELLE MONACHE
Il corteo delle spose di Cristo venne guidato da Madre Thérèse de Saint-Augustin e lungo tutto percorso, che le conduceva al luogo dell’esecuzione, cantarono inni sacri, come il Miserere e il Salve Regina. Con i loro mantelli candidi, scesero dai carretti e, in ginocchio, intonarono il Te Deum e il l’inno liturgico gregoriano Veni Creator Spiritus; quest’ultimo, oltre che a Pentecoste, viene cantato anche in particolari momenti solenni, come durante la Santa Messa del primo giorno dell’anno, oppure durante il rito di canonizzazione o di ordinazione episcopale, in occasione di concili e sinodi, e intonato nella Cappella Sistina dai cardinali prima del conclave.
La più giovane, suor Constance de Jésus, era novizia e fece la genuflessione di fronte alla Madre superiora per domandarle il permesso di morire, poi, salendo gli scalini della ghigliottina, intonò il Laudate Dominum (il salmo 116). Una per una, sempre cantando, vennero ghigliottinate le altre consorelle fino ad arrivare alla penultima, suor Marie Henriette de la Providence, l’infermiera, e all’ultima, Madre Thérèse de Saint-Augustin.
Gli ammutoliti spettatori di quella orribile scena rimasero sbigottiti nel vedere il giubilo delle Carmelitane scalze nel dirigersi verso il boia e la ghigliottina, come se fossero andate alle loro nozze.
I corpi delle martiri furono gettati nella notte in una delle due fosse comuni del cimitero di Picpus. Undici giorni dopo, con un colpo di Stato parlamentare del 9 termidoro, anno II, ebbe termine il Regime del Terrore. Suor Marie dell’Incarnation, che aveva vissuto nel monastero di Compiègne, raccontò il martirio delle sue consorelle ne La Relation du Martyre des Seize Carmélites de Compiègne.
A suor Bianca de La Force, monaca scaturita dalla fantasia letteraria, per la quale la passione, pur con diversi gradi di consapevolezza, è itinerario di ogni anima veramente cristiana, Bernanos fa pronunciare le seguenti parole: «la preghiera è un dovere, il martirio una ricompensa. […] Non si muore mai ciascuno per sé, ma gli uni per gli altri, ed anche gli uni al posto degli altri», come insegnò il Sommo Sacrificio di Gesù Cristo, nato Bambino a Betlemme in un nido di paglia.
Nota di BastaBugie: per approfondimenti sulle martiri di Compiègne e per vedere gratuitamente il film I dialoghi delle Carmelitane, visita il sito FilmGarantiti, clicca qui!
Titolo originale: Il Santo Natale alla luce delle sante martiri Carmelitane di Compiègne
Fonte: Corrispondenza Romana, 27 dicembre 2024
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