TRUMP A DAVOS LANCIA LA SUA RIVOLUZIONE DEL BUON SENSO
Trump ribalta il sistema e l'ideologia globalista di Davos e inizia il rimpatrio dei clandestini verso la Colombia che in un primo tempo li rimanda indietro, ma poi è costretta a prenderli (VIDEO: La rivoluzione di Trump a Davos)
di Maurizio Milano
«Questa è stata una settimana davvero storica per gli Stati Uniti... è iniziata l'Età dell'Oro»: così esordisce il neo-Presidente Trump, che non pecca certamente per falsa umiltà. Ha definito la svolta, forte di un amplio consenso popolare e a livello di Stati, come una «rivoluzione del senso comune», un ritorno al buon senso dopo anni di follie ideologiche, promettendo che «l'intero pianeta sarebbe divenuto più pacifico e prospero». Ha poi detto che la sua amministrazione «stava lavorando con una velocità senza precedenti per sistemare i disastri ereditati da un gruppo di persone totalmente inette». Quando si dice la parresia.
Trump ha subito denunciato il «caos economico causato dalle politiche fallimentari della scorsa amministrazione, dall'inflazione galoppante al debito pubblico, dal peso fiscale all'iper-regolamentazione». Ha poi indicato come interventi prioritari l'immigrazione, la criminalità e l'inflazione fuori controllo. Ha citato la creazione del nuovo dipartimento per l'efficienza governativa, il DOGE, che sarà gestito da Elon Musk con l'obiettivo di tagliare la spesa federale di 2mila miliardi di dollari, una cifra monstre, riportando così il Bilancio in pareggio per il 2026, anno del duecentocinquantesimo anniversario dell'indipendenza. Una mossa non solo per ridurre il perimetro pubblico, e quindi la pressione fiscale, ma anche per tagliare le unghie ai crony capitalist che prosperano nella "palude di Washington" oltre a riaffermare la forza del dollaro come divisa di riserva globale e la sostenibilità del debito pubblico americano.
E poi l'affondo tanto temuto dai sacerdoti e profeti della religione climatista: «Ho messo fine allo sperpero ridicolo e incredibile del Green New Deal - che io chiamo il Green New Scam, la Nuova Truffa Verde -; mi sono ritirato dagli accordi sul clima di Parigi e ho eliminato l'obbligo insano e costoso dei veicoli elettrici. Noi lasceremo che le persone acquistino l'auto che vogliono. Ho dichiarato un'emergenza energetica nazionale per sbloccare l'oro liquido sotto i nostri piedi... con la rapida approvazione di nuove infrastrutture energetiche». L'obiettivo dichiarato non è solo quello di abbattere l'inflazione ma di rendere gli Stati Uniti «una superpotenza manifatturiera e la capitale mondiale dell'intelligenza artificiale e delle criptovalute».
IL PIÙ MASSICCIO TAGLIO FISCALE NELLA STORIA STATUNITENSE
Ha poi ricordato di «avere avviato la più massiccia campagna di deregolamentazione della storia», indicando «in 50mila dollari per famiglia i costi delle regolamentazioni imposte dall'amministrazione Biden», promettendo di «eliminare dieci vecchie regolamentazioni per ogni nuova... e il più massiccio taglio fiscale nella storia statunitense». L'obiettivo è stimolare una rinascita manifatturiera negli Usa grazie all'effetto combinato della riduzione dei costi energetici, della deregolamentazione e del taglio dell'imposizione fiscale, incentivando imprese estere a spostare la produzione negli USA, anche per evitare i nuovi dazi: «Il mio messaggio a ogni business nel mondo è molto semplice: venite a costruire i vostri prodotti in America e noi vi daremo una tassazione tra le più basse al mondo». Chissà quale strategia di reazione adotterà ora la Commissione europea per evitare un'accelerazione del già avviato processo di deindustrializzazione in atto in Europa, a partire dall'industria automobilistica, in particolare in Germania.
Trump annuncia poi ingenti investimenti privati (500 miliardi di dollari) nell'intelligenza artificiale, nuovi investimenti per 600 miliardi di dollari da parte dell'Arabia Saudita (che, ricordo, doveva entrare nel gruppo BRICS+ ma si è tirata fuori, come aveva fatto un anno fa l'Argentina di Milei) e chiede all'Opec di tirare giù il prezzo del petrolio, una mossa che indebolirebbe ovviamente la Federazione Russa. Nei discorsi di Trump l'economia e la geopolitica, com'è inevitabile che sia, si intrecciano sempre: «Se il prezzo scende, la guerra Russia-Ucraina terminerebbe immediatamente... dovete tirare giù il prezzo del petrolio. Dovete porre fine a questa guerra». Trump chiede poi un calo dei tassi di interesse a livello mondiale e vagheggia una nuova età dell'Oro: «Anche Paesi che non sono particolarmente amichevoli sono felici, perché comprendono che ora c'è un futuro e come sarà grande sotto la nostra leadership. L'America è tornata ed è aperta al business». Un discorso "imperiale" che sconfessa chi auspicava, o paventava, l'inizio di una stagione di isolamento degli Stati Uniti nel mondo. Trump affronta poi l'emergenza dell'immigrazione illegale al confine col Messico, una vera e propria invasione, dichiarandola emergenza nazionale, con blocchi all'accesso, lotta ai cartelli criminali e rimpatrio dei clandestini già presenti negli USA.
UNA NAZIONE SOVRANA, BELLA E LIBERA
Trump afferma poi che l'America è tornata ad essere una nazione sovrana, bella e libera: «Il primo giorno, ho firmato un ordine esecutivo per bloccare ogni censura governativa», affermando che le cosiddette "misinformation e disinformation" (indicate lo scorso anno a Davos da Ursula von der Leyen come la maggiore priorità a livello mondiale, da cui il famigerato Digital Services Act che mette il bavaglio ai social) sono «le parole preferite dei censori e di quelli che intendono bloccare il libero scambio di idee e, francamente, del progresso. Noi abbiamo salvato la libertà di parola in America». Ricorda anche il termine all'utilizzo strumentale della giustizia per colpire i cittadini e gli oppositori.
In merito al famigerato protocollo DEI (Diversity, Equity, Inclusion), che distruggeva la meritocrazia per imporre un'agenda ideologica di ingegneria sociale, Trump afferma: «La mia amministrazione ha avviato l'abolizione di ogni discriminazione senza senso in merito a diversità, equità e inclusione... l'America tornerà ad essere un Paese fondato sul merito». E poi Trump sguaina la spada, alla Chesterton, per dimostrare che le foglie sono verdi in estate: «Ho dichiarato che la politica ufficiale degli Stati Uniti riconosce soltanto due generi, maschio e femmina. Noi non avremo uomini che parteciperanno in sport femminili e le operazioni "transgender", diventate così frequenti, torneranno ad essere molto rare».
E conclude sul tema sicurezza e spese militari, richiedendo a tutti i Paesi Nato «di aumentare i budget della difesa al 5% del Pil», perché la loro sicurezza era stata finora pagata dagli Stati Uniti, e ora devono assumersi la propria parte. Sui conflitti in atto, Trump afferma che «già prima di assumere l'incarico, la mia squadra ha negoziato un cessate il fuoco in Medio Oriente... e gli ostaggi hanno iniziato a tornare dalle loro famiglie». E poi la guerra in Ucraina: «i nostri sforzi per assicurare un accordo di pace tra Russia e Ucraina sono in corso...è così importante... nessuno ha visto nulla di simile dalla Seconda Guerra Mondiale... è ora di porvi termine». E, conclude, «abbiamo ottenuto più risultati in quattro giorni che la passata amministrazione in quattro anni. E abbiamo appena iniziato».
C'è da attendersi che a Davos, soprattutto le burocrazie europee, si siano sentite gelare il sangue: "The sheriff is back in town", la ricreazione è finita.
Nota di BastaBugie: per vedere il video (durata: 43 minuti) con l'intervento di Trump a Davos con la traduzione simultanea in italiano, clicca qui!
Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Prima guerra dei dazi: la Colombia deve rimpatriare gli illegali" racconta come la Colombia abbia in un primo tempo rimandato indietro due aerei Usa carichi di immigrati illegali da rimpatriare. Trump minaccia sanzioni e il presidente Petro deve cambiare idea e accettare.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 28 gennaio 2025:
Hanno fatto il giro del mondo le immagini degli immigrati illegali, ammanettati (come da prassi, non è certo una novità di Trump) e imbarcati su aerei da trasporto militari C-17, per essere rimpatriati nel paese d'origine. Ma le ha viste anche la persona "sbagliata", il presidente della Colombia, Gustavo Petro. Il quale, per reazione istintiva e improvvisa, ha impedito a quei due aerei militari statunitensi di atterrare sul suo territorio nazionale, rimandandoli indietro. Ci si sarebbe attesi un lungo braccio di ferro diplomatico fra Colombia e Usa. Ma la reazione di Donald Trump, non viscerale come quella di Petro, ma lucida e calcolata, ha chiuso la questione in meno di 24 ore. La Colombia accetta tutte le condizioni statunitensi.
Cosa è successo in questa piccola guerra, non guerreggiata, nell'America Latina? Domenica mattina, 26 gennaio, mentre gli aerei americani erano in volo, con a bordo ottanta immigrati ciascuno, il presidente Petro ha tweettato: gli Usa «non possono trattare i migranti colombiani come criminali». Poi ha aggiunto: «Non permetto l'ingresso di aerei americani con migranti colombiani nel nostro territorio». Ai due C-17 è stato negato il permesso di atterrare, dopo che erano decollati da San Diego ed erano già in volo sull'America centrale. La decisione del presidente colombiano, è giunta come una sorpresa anche alle orecchie del suo stesso governo. Non solo aveva concesso il permesso diplomatico ai due aerei di atterrare sul suolo colombiano, ma stava anche preparando il ritorno dei suoi concittadini, accogliendoli con tutti gli onori. Fonti vicine al governo di Bogotà, riferivano al Wall Street Journal che il presidente abbia cambiato idea a causa del tipo di aereo impiegato. Solitamente i rimpatri avvengono su aerei passeggeri. Il fatto di aver usato aerei da trasporto militari lo ha offeso. Ma anche le immagini degli immigrati ammanettati deve aver fatto il suo effetto.
Dopo che Petro ha negato il permesso di atterraggio e rimandato al mittente i suoi concittadini emigrati illegalmente, la risposta di Trump non si è fatta attendere. Come Petro, l'ha affidata ai social network, in questo caso al suo, Truth. Queste le prime rappresaglie: tariffe del 25% su tutti i beni importati dalla Colombia, pronte a raddoppiare dopo una settimana. Sanzioni finanziarie del Dipartimento del Tesoro, revoca del visto a tutti i funzionari d'ambasciata, ai membri del governo, ai parenti dei membri del governo, ai membri del partito socialista di governo, ai suoi alleati e sostenitori. E «queste misure sono solo l'inizio», ha minacciato il nuovo presidente americano. Perché: «Non permetteremo al governo colombiano di violare i suoi obblighi legali per quanto riguarda l'accettazione e il ritorno dei criminali che hanno costretto a entrare negli Stati Uniti».
Gustavo Petro ha inizialmente annunciato contro-sanzioni, soprattutto l'aumento delle tariffe sui beni statunitensi. Poi ha cambiato parzialmente idea, offrendo un rimpatrio "più dignitoso" per i suoi connazionali, mettendo a disposizione anche il suo aereo presidenziale. Infine ha ceduto su tutta la linea. Già domenica sera, la Casa Bianca annunciava la sua prima vittoria di una guerra di dazi: «il governo della Colombia ha accettato tutte le condizioni del presidente Trump, compresa l'accettazione senza restrizioni di tutti gli stranieri illegali colombiani rimpatriati dagli Stati Uniti, anche su aerei militari statunitensi, senza limitazioni o ritardi». E il ministro degli Esteri di Bogotà, Luis Gilberto Murillo, confermava: «Continueremo a ricevere i colombiani espulsi, garantendo loro condizioni dignitose».
I conti hanno avuto il sopravvento sull'orgoglio politico. Gli Stati Uniti hanno importato 16,1 miliardi di dollari in beni dalla Colombia nel 2023, classificandosi al 26° posto come partner commerciale. Il petrolio greggio rappresenta circa un terzo di questo valore in dollari. Tra le altre merci che gli Stati Uniti ricevono dalla Colombia figurano oro, caffè, banane e rose fresche. Ma sempre nel 2023, gli Stati Uniti rappresenteranno il 28% del valore delle esportazioni colombiane, più di qualsiasi altro partner commerciale. In sintesi: gli Usa possono fare a meno della Colombia, ma quest'ultima non può fare a meno degli Stati Uniti.
A Petro è rimasta solo la soddisfazione di uno sfogo contro gli Usa, in toni marxisti e terzomondisti, dove rievoca la condanna a morte di Sacco e Vanzetti (i due anarchici italiani ingiustamente condannati a morte, un secolo fa) e quelli che vede come gli eroi della lotta di classe in America. Un messaggio carico di recriminazioni, come: «Non vi piace la nostra libertà, bene. Non stringo la mano agli schiavisti bianchi» e promettendo a Trump che, se mai dovesse organizzare un colpo di Stato in Colombia come quello di Pinochet in Cile (del 1973), «può tentare un golpe con la sua forza economica e arroganza, come fece con Allende, ma io rimango fedele ai miei ideali. Ho resistito alla tortura e resisto anche a lei. Non voglio schiavisti accanto alla Colombia: ne abbiamo già avuti troppi e ci siamo liberati». Al di là della retorica, però, ha accettato tutte le condizioni di Trump. Una resa senza condizioni in meno di un giorno.
La presidente dell'Honduras, Xiomara Castro, convoca per giovedì prossimo la riunione d'emergenza del Celac, la Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi, per discutere sull'impatto che avrebbe il rimpatrio massiccio degli emigrati illegali. Trump non arretra di un millimetro: nella sola domenica, si contano circa mille arresti di illegali. E un milione di emigrati a cui era stato concesso il permesso temporaneo umanitario potrebbero essere i prossimi a dover far fagotto.
https://www.youtube.com/watch?v=1Vd40XkxkRw
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Titolo originale: Terremoto Trump a Davos, lancia la sua rivoluzione del buon senso
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28 gennaio 2025
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