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« Torna agli articoli di Alessandro Gnocchi
La cattiva politica è sempre figlia della cattiva teologia, che a sua volta ha per ancella una cattiva filosofia. In questo sta il perché del disarmante atteggiamento del mondo cattolico a fronte della candidatura di Emma Bonino. Un fenomeno che potrebbe apparire strano se si pensa che questo mondo, solo l’altro ieri, aveva partorito il Family day. Eppure, strano non è, lo dicono i fatti.
Nel viterbese, una nutrita rappresentanza della base cattolica voterà Bonino senza neanche turarsi il naso. Dal canto suo, Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale italiana, nasconde a pagina 11 una critica alla candidata radicale riducendo a rango di parere quello che avrebbe dovuto essere un articolo di fondo: lo ha denunciato il direttore del laico Foglio, tirando in ballo il diavolo, argomento così giù di moda in casa cattolica. Non basta: perché un cervello non certo gettato all’ammasso del politicamente corretto come Antonio Socci spiega che la Bonino e il diavolo non si accostano neanche in iperbole, ché si mischiano indebitamente politica e teologia: e lo spiega, naturalmente, al direttore del laico Foglio. Intanto, il direttore di Avvenire illustra che lui impagina come vuole, in piena autonomia, eccetera: e lo illustra sempre al direttore del laico Foglio.
In un mondo, non si dice ideale, ma quasi normale, tutto questo avrebbe del grottesco e i fatti di cui sopra andrebbero capovolti di segno. E invece no. All’indomani, o al massimo dopodomani, del Family day, il direttore del laico Foglio, si trova messo in croce dagli ambienti cattolici per aver detto ciò che essi stessi dovrebbero avere, se non il coraggio di dire, almeno la coerenza di pensare. Il paradosso nasce dal fatto che Giuliano Ferrara, ha l’abitudine di argomentare sillogisticamente, e mal gliene incoglie perché tale abitudine il mondo cattolico l’ha buttata alle ortiche assieme da vari decenni.
Il caso Bonino è la summa di tale debacle. Ragionare per credere, e partire dalla realtà per ragionare.
Ora, la realtà dice che i radicali, sono dei praticanti rigorosi che professano un anticattolicesimo ortodosso, argomentato, dottrinale. Si occupano di tutto ciò che sta a cuore al Papa e alla chiesa, tenendo immancabilmente una posizione inversa. Il loro obiettivo non è soltanto quello di cambiare le leggi o di mettere a segno vittorie politiche. La loro vera scommessa è capovolgere la mentalità dell’opinione pubblica senza che nessuno se ne accorga. E ora hanno piazzato la Bonino nella corsa alla presidenza del Lazio, imponendola a un Partito democratico che, a dispetto di certi sommessi e comunque colpevoli rigurgiti teodem, non è affatto estraneo alla ideologia radicale, ma ne rappresenta l’incarnazione di massa.
A fronte di tale premessa maggiore del sillogismo, traducibile in “la Bonino è il diavolo”, si trova la premessa minore “i cattolici combattono il diavolo”, cui dovrebbe seguire la conclusione “dunque i cattolici combattono la Bonino”. Ma la conclusione non segue. E non può seguire poiché il mondo cattolico è in debito di dottrina, e non solo nella sua cosiddetta ala sinistra. Il risultato è una popolazione cattolica spesso animata dalle migliori intenzioni, ma che ha convinzioni, princìpi, criteri di riferimento totalmente alternativi e contraddittori.
Tutto questo non è accaduto tra il Family day e la candidatura della Bonino. Ha radici ben più profonde, messe in luce acutamente da Luigi Manconi in un articolo pubblicato sull’Unità il 15 gennaio con l’inequivocabile titolo “I cattolici appoggeranno Emma Bonino”. Dopo aver spiegato che la secolarizzazione è “la tendenza ad adottare comportamenti e modelli di vita immanenti non derivati da dogmi di fede o da morali sovradeterminate”, e dopo aver messo in luce, evocando lo “scisma sommerso” di Pietro Prini, che “tale processo non riguarda solo i semplici fedeli, ma coinvolge anche una parte delle gerarchie”, Manconi fornisce le ragioni del fenomeno.
“Le politiche sulle questioni di fine vita” dice “ma anche lo stesso antiproibizionismo, sono il frutto di una riflessione morale che pone al centro l’integrità della persona umana, la sua dignità e i suoi diritti”. E da ciò desume che “l’antropologia radicale rivela profondi punti di contatto con l’antropologia, anch’essa fondata sui concetti di dignità e integrità della persona. (…) In altre parole, le controversie etiche finiscono con l’avvicinare i cattolici (e anche le gerarchie) ai Radicali più di quanto li avvicinino i titolari di una concezione agnostica e amorale della vita”.
E’ ovvio che, quando è integro, il cattolicesimo non offre alcun appiglio a tale prospettiva. Ma le cose cambiano totalmente se si pensa che Manconi ci sta descrivendo impietosamente quel magma informe che oggi porta sulla divisa la targhetta di “mondo cattolico”. Un coacervo che attraversa la politica, la teologia, la filosofia, e che può scegliere Hans Kung o Sant’Alfonso Maria de Liguori, Kant o Tommaso d’Aquino, Bonino o Berlusconi, Martini o Ratzinger, sostenendo di appartenere alla stessa religione.
Lo svarione teologico, che si traduce in svarione morale e politico, ha come strumento uno svarione filosofico: l’assunzione del metodo, delle categorie e dei princìpi di filosofie estranee al cattolicesimo. Per cui, davanti a un qualsiasi fenomeno nato in quel brodo culturale, non si è in grado di dare risposte cattoliche.
L’impostazione di un problema ne determina la soluzione, quindi le questioni sociali formulate oggi all’interno del radicalismo possono avere, con sfumature diverse, soltanto soluzioni radicali. E’ il dialogo, bellezza. Peguy denunciava questo dramma già nel 1900 parlando di “cristiani sfaldati nel loro cristianesimo. Perché è da dirsi che non sono più cristiani; forse non lo sono più in nulla e sono puramente, propriamente moderni”. Gente che, votando la Bonino, si illude persino di perfezionare, purificare il cristianesimo. Ma, è sempre Peguy che parla, “perfezionare il cristianesimo è quasi come se si volesse perfezionare il nord, la direzione del nord. Ma il cristianesimo è naturalmente e sovrannaturalmente fisso”.
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