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L'INUTILITA' DELLA EVANGELIZZAZIONE ''DI STRADA''
La forza del Vangelo nasce da comunità cristiane solide e ferventi, non da missionari improvvisati che fermano i passanti nelle vie della città o fanno balli in spiaggia
di Don Stefano Bimbi
 

Quando si parla di evangelizzazione molti sono convinti che la Chiesa nel passato si sia arroccata troppo nelle sue posizioni e nelle sue strutture mostrando alle persone un volto freddo e distante. Di conseguenza bisognerebbe evangelizzare, ma senza mettersi in contrasto con il mondo. La gente smetterebbe così di considerare la Chiesa come un posto pieno di rigidi moralisti che vogliono insegnarle cosa fare, inizierebbero a vederla come una realtà più vicina alla loro mentalità e la seguirebbero.
Ma è così? Ovviamente no. Quando Gesù invia i settantadue discepoli dice riguardo a quelle case dove troveranno accoglienza: «Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra» (Lc 10,5-8).
Restate in quella casa, altro che girare per le strade distribuendo volantini e improvvisando prediche! Eppure oggi ci sono sacerdoti ed educatori che coinvolgono giovani per la cosiddetta evangelizzazione di strada. Tempo fa un gruppo cattolico ha organizzato giornate al mare dove i ragazzi e le ragazze invitavano le persone a ballare con loro per cercare in qualche modo di convertirle. Due anni fa è diventato famoso per qualche giorno un sacerdote milanese, don Mattia Bernasconi, che ha celebrato in costume la Santa Messa su un materassino nel mare di Crotone. Sì, è vero che poi il suddetto sacerdote ha chiesto scusa sul sito della parrocchia, ma ci ha tenuto a precisare che «una signora mi ha ringraziato dicendomi che si era sentita raggiunta dalla Chiesa anche in spiaggia». Il bello è che lui ci crede davvero che sia così.
Dov'è dunque l'errore di queste esperienze? Il problema è che manca all'evangelizzazione un requisito fondamentale: la stabilità. «Restate in quella casa» ricordava Gesù. Facendo la cosiddetta "pastorale da strada", cioè andando in giro ad attaccare bottone con persone a caso per parlargli di fede al massimo si potrà ottenere qualche domanda di curiosità, forse qualcuno dirà una preghiera, visiterà una chiesa o si confesserà, ma è praticamente impossibile suscitare conversioni profonde e durature.

LE SANTE AMICIZIE
Lo stesso errore lo fanno quei cristiani che, dimenticando che la spiritualità cristiana consiglia caldamente le sante amicizie, continuano a frequentare ordinariamente amici non cristiani giustificandolo con il fatto che ogni tanto gli parlano di fede. Quando gli fai notare che tutto questo non ha mai portato a nulla, cioè che nessuno di quegli amici si è mai convertito realmente, questi cristiani non rispondono all'obiezione, ma affermano che è bene rimanere lo stesso in questi gruppi per "dare testimonianza". Se San Benedetto avesse ragionato così, oggi non avremmo l'Europa come la conosciamo. Invece preferì allontanarsi dalla città perché lì gli era difficile cercare Dio. Fu così che fondò i monasteri per coloro che accorrevano a lui. E qual era il voto che richiedeva ai suoi monaci? Il voto di stabilità, cioè restare in quel luogo, come chiedeva Gesù nel brano ricordato all'inizio.
Insomma quand'è che si ottengono conversioni, o almeno si ottengono molto più facilmente e in maniera più duratura e profonda? Questo accade quando c'è un gruppo di cristiani ferventi che attirano a sé nuovi membri in quello che è a tutti gli effetti una piccola società. Gesù ha scelto di fondare la Chiesa, cioè una società stabile di credenti. Gli apostoli compresero bene la lezione e infatti dovunque andavano ad annunciare il Vangelo fondavano comunità con a capo un presbitero perché si potesse vivere la fede comunitariamente. Queste comunità erano organizzate in tutti gli aspetti, un po' come dovrebbero essere oggi le parrocchie. Gli uomini hanno bisogno di essere inseriti in una comunità per raggiungere il bene, sia dal punto di vista naturale che soprannaturale. Il metodo della Chiesa per annunciare il Vangelo è sempre stato quello di stabilirsi in un posto raccogliendo tutte le persone di buona volontà e iniziando a fondare un nuovo tipo di società. Il resto è solo una conseguenza. Infatti all'interno delle comunità cristiane nascono amicizie, società lavorative, svaghi, cultura, matrimoni, ecc. Quando nascono i figli ci si pone il problema di come educarli e quindi i genitori, sotto la supervisione della Chiesa, daranno vita a scuole parentali.

NON PUÒ RESTARE NASCOSTA UNA CITTÀ COLLOCATA SOPRA UN MONTE
A questo punto non ci sarà più bisogno di andare in giro a dialogare con il mondo, ma saranno le stesse comunità cristiane che attireranno a sé tante persone. È il concetto che esprime Gesù quando paragona la Chiesa ad una città sopra un monte: «Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli» (Mt 5,14-16). Sentendo dire che la Chiesa è una città sopra al monte si potrebbe pensare che è chiusa in sé stessa e che quindi non porti davvero il Vangelo a tutte le creature, ma non è così. La città sopra il monte è disposta ad accogliere tutti gli uomini del mondo, purché si sottomettano alle sue regole, abbandonino il mondo e si mettano umilmente fra le sue braccia. Ben venga il malvagio se si converte, altrimenti no perché non è giusto contaminare la comunità. Nemmeno il Padre misericordioso della famosa parabola va dal figlio prodigo, ma attende fino a quando questi non riconosce i suoi errori e solo allora lo riammette nella comunità.
Tutto questo non sminuisce l'eccellente dedizione con cui i missionari hanno evangelizzato i cinque continenti in duemila anni di storia cristiana. Ma questi avevano ben chiaro che dovevano fondare comunità stabili, come ad esempio le riduzioni gesuite sviluppate nel Paraguay. Oppure San Damiano De Veuster che andò alle Hawaii nell'isola di Molokai dove avevano ghettizzato i lebbrosi. Rischiava la vita e infatti morì di lebbra con loro. Ma cosa fece nell'isola? Fondò una comunità cristiana strutturandola in tutti i suoi aspetti.
In conclusione va detto che la Chiesa non potrà mai e poi mai scendere dal monte per fare un compromesso con la città degli uomini nel vano tentativo di accattivarsi più persone. E questo per un motivo semplice: la Chiesa non ha nessun bisogno del mondo perché il mondo non ha niente da offrire a chi ha Gesù Cristo. Piuttosto è il mondo ad avere un bisogno disperato della Chiesa e del suo divino Redentore. Le comunità cristiane, forti della rassicurazione di Gesù che ha detto «Non abbiate paura, io ho vinto il mondo» (Gv 16,33) non temeranno di testimoniare la loro Fede semplicemente vivendo il Vangelo e accogliendo tutti i figli prodighi che saranno alla ricerca di un po' di verità, di bontà e di bellezza. A chi dicesse che oggi non si trovano comunità cristiane come sono state descritte in questo articolo va ricordato che è tempo di tornare a fondarle. Altro che evangelizzazione di strada!

 
Titolo originale: Se la pastorale si perde per strada
Fonte: La Bussola Mensile, gennaio 2025