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Se è ovvio che non è possibile ospitare qualcuno senza avere una casa e una famiglia con un volto (usi, regole, ruoli) ben preciso, è chiaro che se questo viene oscurato, come fa l'Europa con le proprie radici, l'accoglienza non diventa solo stupida e irragionevole ma una bomba pronta a scoppiare.
A dirlo non sono quanti vengono definiti xenofobi solo per il fatto di voler porre un argine all'immigrazione massiccia in Europa, ma il governo che ospita una grossa fetta della recente immigrazione islamica. Ma non è tutto, perché ai dati dello studio governativo sull'incremento di criminalità e violenze seguono quelli ancor più allarmanti sul pensiero degli immigrati provenienti dal Medio Oriente. A dare un'immagine di quanto sta accadendo, in un rapporto redatto per conto del ministero della Famiglia tedesco, è stato il criminologo Christian Pfeiffer, che ha considerato l'impatto sulla delinquenza dell'arrivo degli immigrati nella Regione della Bassa Sassonia tra il 2015 e il 2016.
IL 92 PER CENTO DEI REATI IN PIÙ È STATO COMMESSO DA UN IMMIGRATO
È emerso che la criminalità è cresciuta del 10,4 per cento e che il 92 per cento di questi reati è stato commesso da un immigrato. Tenendo conto anche dell'anno precedente, le cose peggiorano ulteriormente: il numero dei crimini commessi dai richiedenti asilo tedeschi è salito dal 4,3 al 13,3 per cento tra il 2014 e il 2016. Relativamente alle vittime, invece, appare che il 70 per cento delle rapine si sono consumante a danno dei nativi tedeschi e che nel 58,6 per cento dei casi a subire uno stupro da parte degli immigrati sono state donne tedesche.
Ma ancor più significative sono le motivazioni della violenza diffusa, a cui seguono la sfiducia e la frammentazione sociale: secondo lo studio l'aumento della criminalità è direttamente legato al fatto che la maggior parte dei rifugiati che arrivano in Germania sono maschi (circa il 27 per cento sono ragazzi di età compresa tra i 14 e i 30 anni) cresciuti in una cultura per cui la donna ha una dignità inferiore all'uomo e in cui non importa se un uomo, ad esempio, stupri o meno una donna.
E che la violenza non derivi, come piace dire a coloro che predicano una miope e falsa carità, dalla povertà, dalla solitudine o dalle condizioni di miseria in cui versano gli immigrati, ma da un'ideologia ben radicata e difficile da mitigare con buonismi a buon mercato, è emerso anche dalle interviste fatte ai musulmani sul suolo tedesco. Quasi un terzo (29,9 per cento) degli studenti di fede islamica, e non di coloro che vivono nei centri di accoglienza, ha ammesso di essere disposto a combattere e a rischiare la vita per l'islam, mentre l'8 per cento è favorevole alla creazione di uno stato islamico mediante la guerra con il 3,8 convinto persino che per raggiungere i loro obiettivi i musulmani possano muovere attacchi terroristici.
L'EMERGENZA PER I MUSULMANI È COMBATTERE GLI INFEDELI
Senza vergognarsi di confessare che le altre religioni valgono meno dell'islam, cosa che oggi in Europa un cristiano teme di affermare a riguardo della propria fede ormai anche all'interno della Chiesa cattolica, il 36,6 per cento degli intervistati ha dichiarato che le altre fedi sono inferiori a quella islamica. C'è poi un grosso problema anche per quanto riguarda l'opportunità di fornire la residenza a persone che ritengono che la sharia (la legge islamica) sia di gran lunga migliore della legge tedesca (il 27,4 percento). Non a caso, il ministero della cultura e dell'educazione ha affermato che "in Bassa Sassonia stiamo combattendo la radicalizzazione a scuola in tenera età "
È quindi singolare che mentre l'Europa e la sinistra accusano Trump di razzismo impietoso per aver fatto calare del 70 per cento in soli 11 mesi l'ingresso degli immigrati islamici, rimpiazzati dai richiedenti asilo cristiani, nessuno si stracci le vesti per le violenze subite dai cittadini della Germania che negli ultimi due anni ha aperto le frontiere a più di un milione di musulmani.
Certo, sarebbe bello pensare irenicamente di saper accogliere tutti i musulmani, dando loro regole chiare, fornendo loro un'educazione e soprattutto annunciando il Vangelo che solo può scalfire una mentalità islamica così radicata. Ma è mancanza di realismo, e quindi stupidità, pensare di farlo quando la maggioranza degli europei non solo non ha le risorse materiali necessarie, non solo non può reggere l'ondata, ma soprattutto non sa più chi è di fronte ad un'immigrazione che invece ha ben chiaro cosa sia e quali scopi abbia la religione islamica nel mondo. Come ha dimostrato un quinto degli intervistati (18,6 per cento) concordando con l'affermazione per cui "l'emergenza dei musulmani è combattere gli infedeli e diffondere l'Islam in tutto il mondo".
Nota di BastaBugie: Lorenza Formicola nell'articolo sottostante dal titolo "Da'wah, l'islamizzazione silenziosa e nascosta" spiega come l'Islam sfrutta l'ignoranza occidentale e il senso di colpa del passato imperialista-colonialista. E' la strategia della da'wah. Laddove la jihad opera per terrorizzare e mira a sottomettere, la da'wah mira a ingannare ed asfaltare la strada dell'islamizzazione. Cominciando con la demografia e la democrazia.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 gennaio 2018:
La da'wa è l'azione di proselitismo dell'islam. Vocabolo che letteralmente vuol dire "propaganda, appello, richiamo". Per i musulmani l'azione di invitare il prossimo all'islam è un dovere e colui che si prodiga nel fantomatico esercizio di convincere il prossimo ad abbracciare l'islam è un da'i.
Eppure risulta opportuno, subito, chiarire che la da'wa non ha nulla a che fare con l'attività missionaria cristiana o con le opere umanitarie: si tratta di una vera e propria azione politica. Lo scopo? L'islamizzazione sociale e civile del luogo in cui agisce. Il da'i non intende salvare anime, ma, dal momento in cui l'islam è un progetto politico, ha come unico scopo quello di cancellare ogni sorta di istituzione o simbolo di una società libera e sostituirla con la sharia. Sostanzialmente quello che la "lunga marcia attraverso le istituzioni fu per i marxisti del ventesimo secolo: una sovversione dall'interno, l'uso della libertà religiosa per sconvolgere quella stessa libertà" è la da'wa per gli islamici di oggi. È così, con poche battute, che Ayaan Hirsi Ali, la famosa scrittrice somala naturalizzata olandese, mette i puntini sulle 'i'.
Oggi l'Occidente tutto è preoccupato, però, più a debellare i famosi 'hate speech' - i discorsi di incitamento all'odio - dei suprematisti bianchi, o l'islamofobia, che ad affrontare l'istigazione ai discorsi d'odio islamici ai danni dei non musulmani (gl'infedeli) e il modo violento di porsi nei confronti di questi ultimi. Un'istigazione che nasce proprio in seno all'azione della da'wa. E si suppone che nessuna società vorrebbe al suo interno gruppi che cercano di sovvertire l'attività politica coadiuvati da un pizzico di ignoranza e dal paravento del precetto della libertà religiosa. Ma si suppone, appunto.
Nelle Filippine, di recente, i membri dell'organizzazione da'wa nota come Tablighi Jamaat ("Gruppo che propaganda la fede") si sono inseriti nel Paese con la scusa dell'attività missionaria al fine di partecipare all'incontro annuale della Tablighi Jamaat. È bastato poco per scoprire che era stata una scusa per unirsi al gruppo di Isnilon Hapilon - il defunto "emiro" dello Stato islamico nel sud-est asiatico. La Tablighi Jamaat, più conosciuta, forse, come 'Society for spreading faith', è un'organizzazione religiosa transnazionale che ha come obiettivo principale la riforma spirituale islamica utile allo scopo di avvicinare tutti alla pratica di Maometto.
Per decenni l'organizzazione è rimasta sconosciuta ai più, fino a quando non è emerso che ben tre dei quattro attentatori islamici del 7 luglio 2005 a Londra militavano nel movimento. Colpevoli della morte di ben cinquantacinque persone. [...]
L'organizzazione cerca di "di promuovere un senso di paranoia e perfino di disgusto della società non musulmana" scrisse nel 2006 Yoginder Sikand, noto esperto di islam. Ad oggi Tablighi Jamaat continua ad essere un'organizzazione legale che ha una considerevole influenza sui musulmani in Europa, in particolare nel Regno Unito e anche negli Stati Uniti. E l'Inghilterra multiculturale resta al centro del raggio di azione della Tablighi Jamaat. Nel 2012 un articolo del Telegraph disegnò un quadro dell'islamismo nelle scuole britanniche per lasciare al Daily Mail l'occasione per un lungo approfondimento sul Darul Uloom Islamic High School, noto liceo della Birmingham islamizzata - la seconda città più popolosa del Regno Unito, dove in certi quartieri i musulmani rappresentano il 95% della popolazione - espressamente legato al Tablighi Jamaat.
È là che tra violenza e nozioni di supremazia islamica vengono svezzati i terroristi di domani. "Dovete liberarvi dell'influenza dello Shaitan [Satana] e della società. [...] I Kuffar (termine dispregiativo che sta per non musulmani) hanno portato tante cose nuove là fuori. [...] Controllano le vostre menti. [...] Fate parte di coloro che preferiscono il loro modo di vivere: lo stile di vita dei Kuffar anziché quello del Profeta?", sono questi gli estratti di lezioni didattiche registrate nell'ambito di un'inchiesta. La famosa didattica inclusiva.
Eppure non sembra che i governi occidentali nel corso degli anni abbiano dato credito a certi sospetti su quello che è precipuamente un mezzo per istigare sentimenti di supremazia islamica e odio verso i 'non musulmani'. Perché da'wah significa islamizzazione. Laddove la jihad opera per terrorizzare e mira a sottomettere, la da'wah mira a ingannare ed asfaltare la strada dell'islamizzazione. Una strategia è sicuramente quella di islamizzare le donne cristiane ed ebree attraverso il matrimonio e promuovendo la legge islamica della poligamia.
Da'wah significa anche conquistare la demografia. L''occupazione' demografica è la forma vincente dell'islam da sempre. È il modo in cui, per esempio, è stato sottomesso (islam, com'è noto, vuol dire appunto sottomissione) il Medio Oriente un tempo completamente cristiano. E, oggi, l'invasione islamica dell'Occidente del Terzo millennio si serve proprio dell'immigrazione, dell'alto tasso di natalità e della conversione su larga scala per ultimare il cambio generazionale e soggiogare il dato demografico. I musulmani non immigrano per assimilarsi allo scopo di diventare cittadini: l'unica aspirazione è un dominio globale all'interno del califfato islamico. Convinti come sono che l'islam detenga la soluzione di tutti i problemi dell'umanità e che l'umanità debba, pertanto, essere sottomessa al dominio islamico.
Da'wah significa opprimere la libertà di espressione. Attivisti e ONG musulmani sono impegnati nei tribunali occidentali in processi per diffamazione dell'islam o discriminazione contro i musulmani, ogni volta che lo trovano possibile. Questa è la "Jihad legale" che mira a demoralizzare e intimidire, e soprattutto, a mettere a rischio la libertà di espressione occidentale. E da'wah significa soprattutto monitorare i media occidentali, controllare il mondo accademico e partecipazione attiva alla vita pubblica. L'obiettivo è sfruttare l'ignoranza occidentale sull'islam: senso di colpa e rimorso occidentali del passato imperialista-colonialista giocano il loro ruolo coadiuvati dalla correttezza politica. Diventa sempre più facile, così, mantenere i kuff un r (gli infedeli) confusi e in contrasto tra loro.
La da'wah si è dimostrata, e continua a farlo, vantaggiosa e di grande successo. In Occidente, operano tante organizzazioni da'wah. Una di queste è l'Islamic Education and Research Academy (IERA) diretta da due convertiti, Abdur Raheem Green e Hamza Andreas Tzortis, che agiscono a livello globale per diffondere l'islam. Oppure l'ICNA, un'organizzazione musulmana di spicco in America, che nel 2015 ha indetto il "Global da'wah day", ed è considerata da esperti come Steven Emerson, fondatore e direttore esecutivo di The Investigative Project on Terrorism, legata ai Fratelli Musulmani.
Organizzazioni come Tablighi Jamaat, l'iERA e l'ICNA agiscono così indisturbate in un'Occidente silente e assoggettato che preferisce difendersi con il "mese dell'islamofobia" mostrandosi indifferente, o incurante, dei pericoli della da'wah e prono all'islamizzazione.
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