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Gesù espone la parabola dei perfidi vignaioli negli ultimi giorni della sua vita terrena. Proprio questo discorso provoca la decisione dei suoi nemici di mettere fine alla sua scomoda predicazione e affretta la tragedia del Venerdì Santo. L'evangelista, dopo aver riferito il racconto, annota: I sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta. Penserà di lì a poco il tradimento di Giuda a togliere le difficoltà e a consentire un arresto indisturbato, nel silenzio appartato del giardino del Getsemani, in un'ora in cui Gesù è senza difesa. Questa parabola elaborata con molta ricchezza di particolari nella sua costruzione letteraria è la più inverosimile del Vangelo. Ma nel significato che racchiude e nella vicenda che evoca è quella che con più precisione di ogni altra delinea secondo verità la storia della salvezza.
È inverosimile che il padrone, dopo aver conosciuto per ripetuta esperienza che quei contadini ladri e prepotenti non arretrano neppure di fronte all'omicidio, rischi il suo figlio prediletto (cf. Mc 12,6) e lo mandi da loro solo e senza alcuna protezione. Ed è inverosimile anche il ragionamento di quei malfattori che dicono: Costui è l'erede; uccidiamolo, e avremo noi l'eredità (Mt 21,38). In quale codice è mai stato scritto che l'eredità possa passare agli uccisori dell'erede? Ma ciò che è senza alcuna plausibilità negli elementi del racconto, si è avverato alla lettera nella storia dei rapporti tra Dio e il popolo d'Israele.Israele è come una vigna che ha avuto le cure più attente e premurose da parte del Creatore del mondo. Ma è un amore che non ha ricevuto una corrispondenza adeguata. Il Signore invia ripetutamente dei profeti al suo popolo, perché si ravveda. Ma restano sempre inascoltati, e anzi molti di loro fanno una brutta fine. Allora, come dice san Paolo, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli (Gal 4,4). Noi però sappiamo come sono andate le cose: Presolo, lo cacciarono fuori della vigna (fuori della sua eredità) e l'uccisero (Mt 21,39). Il Signore Gesù viene infatti arrestato e crocifisso fuori della porta di Gerusalemme, che era la sua città, la santa città di Davide. Ma proprio in virtù di quell'immolazione e di quel sangue sparso, la redenzione, la liberazione dal peccato e dalla morte, il rinnovamento totale degli uomini e delle cose, raggiungerà tutti e assicurerà a tutti la possibilità di salvezza. Anche dall'odio e dalla ribellione Dio ha ricavato la vittoria dell'amore.
Siamo posti di fronte a un grande mistero; anzi a due. C'è il mistero inaudito e sorprendente di un Dio che, non avendo nessun bisogno di noi, cerca l'affetto del nostro cuore e vuol portarci alla comunione con la sua stessa gioia. E c'è l'enigma indecifrabile dell'uomo che avendo bisogno di tutto e non sapendo da solo proteggersi dalla tirannia del male e dai colpi della sventura si ostina a eludere il Dio che lo insegue, si rinchiude e si rende impenetrabile alla luce dall'alto, pare che voglia difendere la sua miseria dalla generosità di colui che può e vuole dargli la felicità vera e la vita senza fine. Qui c'è in sintesi tutto il dramma dell'umanità, tutto il nostro dramma. Il Signore ci conceda di arrenderci finalmente al suo amore, perché il suo sacrificio non vada per noi perduto.
Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.
ALTRA OMELIA XXVII DOMENICA T. ORD. - ANNO A (21,33-43)
da Il settimanale di Padre Pio
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