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PERCHE' PAPA FRANCESCO HA SIMPATIA PER I LEFEBRVIANI?
Sembra molto vicino l'accordo per il rientro a pieno titolo nella comunione con la Chiesa da parte della Fraternità san Pio X che il Papa conosce bene fin da quando era in Argentina
di Gianburrasca
 

Sta facendo scalpore un fatto: l'accordo con la Fraternità san Pio X, fondata da Marcel Lefebvre, voluto da Benedetto XVI, non fu, alla fine, portato a termine, per inconvenienti dell'ultima ora. Sembrava cosa fatta, ma poi tutto franò. Troppe le opposizioni del mondo progressista, laico e clericale, ma anche di quei conservatori spaventati per chissà cosa.
Ebbene, oggi, con papa Francesco - che certamente non ha la visione teologica del suo predecessore, collocandosi, per comodità di etichette, ben più a sinistra- tutto sembra già fatto. Francesco non chiede ai "lefebrviani" (termine che loro non apprezzano affatto) nulla. Non chiede loro di firmare nessun documento, nessuna abiura alle loro posizioni, che in verità mai nessuna persona seria ha definito "eretiche".
Perché? Non è che manchino da parte di Mons. Fellay, successore di Lefebvre, e degli altri membri della Fraternità le critiche a papa Francesco, in particolare al suo ultimo documento. Difficile immaginare una lontananza più grande di quella esistente tra Francesco e Fellay, dal punto di vista dottrinale.

E ALLORA?
Allora bisogna considerare un fatto: Bergoglio, in Argentina, frequentava la Fraternità san Pio X, la conosceva bene. E la stimava molto.
Perché la Fraternità san Pio X è molto diversa da quello che spesso si dice. Lefebvre era un missionario, in Africa: il suo senso del sacro, della dignità sacerdotale, della dignità della liturgia... stava insieme ad uno spirito di fraternità, di povertà, di semplicità, incredibile. Era ammirato dagli africani perchè per Dio e la sua casa, la chiesa, voleva il meglio, anche in fatto di paramenti, di bellezza... mentre per sè, per la sua vita personale, si accontentava di ben poco. Pensava alla liturgia, al rito, alla morale ortodossa, ma anche ai poveri, alle scuole, agli acquedotti, ai poveri.
Ho avuto modo di conoscere lui e il suo seminario, trent'anni fa: una vita parca, di preghiera, di studio, di sport... edificante...
I sacerdoti cresciuti nella Fraternità hanno preso, spesso, dal fondatore lo spirito missionario; non amano e non cercano potere ed onori (anche perché la Fraternità non è il posto giusto per quello); amano stare con le famiglie, confessare, pregare...

PASTORI CON L'ODORE DELLE PECORE
A parte alcune asprezze, dovute certamente anche al modo con cui sono stati ghettizzati in una Chiesa che faceva ecumenismo con tutti meno che con loro, si tratta di "pastori con l'odore delle pecore".
Francesco apprezza questo, e, nella sua mentalità, il resto conta sino ad un certo punto. Con Fellay, poi, c'è stata immediata sintonia: il superiore della Fraternità è un uomo dolce, umile, che ha sicuramente espresso a Francesco le sue perplessità (sia personalmente, che pubblicamente). Le ha espresse, però, con quella riverenza e rispetto che sente di dovere a colui che ritiene papa. Le ha espresse con franchezza, anche nel momento in cui si trattava la "pace".
E l'amicizia di Bergoglio per i preti che aveva conosciuto e frequentato in Argentina, è, forse, persino cresciuta.
Come si dice spesso, le riforme di destra, le può fare solo la sinistra; anche nella Chiesa possono accadere cose analoghe, difficilmente comprensibili, forse, in punta di logica... ma quante volte gli uomini sono illogici, e, talvolta, per fortuna?

 
Titolo originale: Vi dico perché Francesco ha simpatia per i lefebrviani
Fonte: Libertà e Persona, 03/05/2016