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« Torna agli articoli di Luigi Santambrogio
Fiera dell'innovazione mondiale o festa strapaesana dell'eco vanità e della nutrizione slow e ultra light? Al netto di spese folli (poche), di padiglioni che lasceranno senza fiato gli spettatori (nessuno) e meraviglie da consegnare a futura memoria, l'Expo 2015 di Milano mostra già scricchiolii sinistri di un annunciato fallimento. Le tangenti non c'entrano, neppure le inchieste giudiziarie sulle infiltrazioni criminose: il baco cresce e rosicchia dentro lo stesso cuore verde della grande esposizione, dedicata al tema dell'alimentazione e delle risorse necessarie a nutrire i 7 miliardi di abitanti terrestri.
TRA INCOSCIENZA E MALAFEDE
Ci vuole incoscienza, o malafede, per allestire una fiera planetaria del cibo inneggiando solo al biologico e all'agricoltura felice della perduta età dell'oro. Fingendo che biotech e Ogm non siano stati ancora inventati. Ma questo già si sapeva, oggi, però, la manovra turlupinatrice su scala mondiale ha pure l'aggravante del millantato credito e del falso ideologico. Colpevole una delle più "prestigiose" e "credibili" (almeno fino a ieri) firme di Expo 2015: Vandana Shiva, consulente scientifico, madrina intellettuale e "ambassador" nel mondo dell'evento espositivo. La signora indiana è diventata, grazie al sostegno di movimenti e media occidentali, l'eroina delle battaglie anti Ogm e del ritorno ai sistemi di coltivazioni del passato, cioè l'aratro e i buoi.
«Tornare alla Terra Madre, organismo vivente che interconnette tutti noi, alla semplicità», contro «il sistema industriale e globalizzato che è un circuito di spreco», esorta Shiva sul sito dell'Expo 2015. E già questo basterebbe a immaginare quanta innovazione troveranno i visitatori in questa Fiera della "semplicità". Ma pare che la cosa non preoccupi il Comitato dell'Expo, né l'Università Bicocca di Milano che ha affidato all'eroina indiana la supervisione del "cluster" dedicato al riso, realizzato dalla stessa Università. «L'impegno di Vandana Shiva per la salvaguardia dei semi», scrivono, «testimonia l'importanza delle risorse alimentari, il pericolo dell'ingegneria genetica e il dovere di garantire una equa distribuzione delle risorse in base ai bisogni». Ma a raffreddare gli accademici entusiasmi ecco le scioccanti rivelazioni arrivate dagli Usa in merito alle fondatezze delle tesi sbandierate dalla signora delle sementi e, cosa ancora più imbarazzante per i prof della Bicocca, sul suo presunto curriculum scientifico.
UN'INCHIESTA SMONTA LE SUE PRESUNTE VERITÀ SUI SEMI FRANKENSTEIN
A smascherare Vandana Shiva è il New Yorker, la Bibbia dei liberal americani, con un'inchiesta sulla pasionaria indiana che smonta pezzo per pezzo tutte le sue presunte verità sui semi Frankenstein diventate poi il mantra dei movimenti anti Ogm nel mondo. Le questioni sollevate dal New Yorker non sono nuove, ma difficilmente avevano raggiunto finora il grande pubblico, stregato più che altro dal carisma del personaggio e dal fascino delle sue battaglie. Ma Shiva, scrive la rivista, non è quella che vuole far credere di essere, cioè "uno dei più importanti fisici dell'India".
Falso, perché pare non sia mai andata oltre la laurea, come falsi sono i suoi racconti sui devastanti effetti per la salute degli alimenti geneticamente modificati, ottenuti confrontando i grafici sull'aumento delle colture biotech con quelli sull'incremento di alcune malattie come diabete e Alzheimer: «Shiva», avverte la rivista, «ha commesso un comune, ma pericoloso errore: confondere correlazione con causalità. In questo modo si può scoprire, per esempio, che la crescita delle vendite di prodotti biologici negli ultimi dieci anni corrisponde quasi esattamente con l'aumento dell'autismo. Del resto, anche l'aumento delle vendite di tv ad alta definizione, o del numero di americani che vanno al lavoro ogni giorno in bicicletta». Errore mica da poco, soprattutto per un aspirante premio Nobel per la Fisica.
UNA RELAZIONE FANTASIOSA
Tra le altre panzane no Ogm, il New Yorker smantella, quella diventata il cavallo di battaglia di Shiva: la relazione tra la diffusione del cotone BT e i suicidi tra gli agricoltori indiani strozzati dai debiti con la Monsanto, colpevole di pretendere insostenibili royalty sui semi. Ma non è così: lo dicono alcuni contadini indiani intervistati dalla rivista, che non può certo essere accusata di essere sottomessa alle multinazionali, ma soprattutto il fatto che in India una legge garantisce a ogni coltivatore il diritto di conservare, usare, riutilizzare, scambiare, condividere o vendere i propri semi. Eppure a Milano, lady Vandana ci è arrivata con il viatico dell'Università Bicocca, ed è il meglio che il genio espositivo italiano ha saputo trovare per raccomandarsi al mondo. Paradossale e grottesco, come scrive Giordano Masini sul Foglio, il solo quotidiano ad aver ripreso e rilanciato l'inchiesta del New Yorker: «Si parla di cibo, di agricoltura e quindi di povertà: com'è possibile che le tecnologie più avanzate nell'ambito del miglioramento genetico delle piante agrarie, grazie a una scelta politica che ha visto concorde tutto l'arco costituzionale, siano state tenute lontane da un evento simile? Com'è possibile che a un mondo che chiede pane, e competenze per produrlo, l'Expo risponda consigliando brioches?»
Rassegniamoci, dunque alle brioches e a un Expo di operette biodegradabili e a impatto zero, piazzista di un'alimentazione da green economy con cibi leggeri, fatti a mano e vegetariani. Come piace a Carlo Petrini, guru di Slow Food con gusti e simpatie sempre più "right wing" (lì dove sta il portafoglio) e grande fan degli orti di morattiana memoria. Oppure come vuole il tycoon di Eataly, Oscar Farinetti, corteggiato e riverito come se il suo business privato coincidesse con gli interessi dell'Italia tutta. E poi c'è la Coldiretti, forse la prima responsabile di questo fronte di retroguardisti anti Ogm. Lo denunciava già qualche mese fa il Sole 24 ore: «….chi sta conducendo Expo2015 verso il baratro è Coldiretti: nemesi dell'agricoltura italiana. Nonostante sia responsabile del declino dell'agricoltura e del fallimento di Federconsorzi, che è costato alle casse dello Stato centinaia di milioni di euro, questa organizzazione privata continua a condizionare la politica agricola, manovrando la distribuzione di aiuti economici a discapito di qualunque incentivo alla produttività, alla competitività e alla valorizzazione del diversificato e straordinario potenziale insito nel sistema agricolo italiano date le condizioni geoclimatiche».
IL PARADOSSALE DIVIETO DI COLTIVARE QUEL CHE È LEGITTIMO IMPORTARE
C'è, infine, un'altra faccia, forse la più sporca e cattiva, che la forsennata lotta al biotech in agricoltura cerca di nascondere con ogni mezzo. Ed è il divieto, confermato dagli ultimi sei governi (di destra e di sinistra) che impedisce agli agricoltori italiani di coltivare quel che invece è legittimo importare, e che li mette in una condizione di oggettivo svantaggio competitivo nei confronti degli agricoltori del resto del mondo. «Gli Ogm non sono esclusi, sono nascosti», accusa Eddo Ruggini, professore di Agraria all'università di Viterbo, intervistato dal Foglio. «Perché di mangimi Ogm nutriamo i nostri animali d'allevamento. E mentre le varietà di piante italiane s'impoveriscono e muoiono, noi preferiamo importare dall'estero perfino la pianta del pomodoro San Marzano, un ibrido israeliano, invece che puntellare le nostre varietà con la ricerca».
Mangimi importati e derivati da quegli stessi Ogm che ai nostri agricoltori è vietato coltivare, mentre il mais italiano deve essere venduto per fare biocarburante, in quanto appestato da parassiti e quindi tossico. Insomma, l'Expo 2015 di Milano si preannuncia come un immensa Fiera dove non ci sarà l'agricoltura reale, che serve a dare un futuro alla Terra, ma solo quella immaginata, naturale e per pochi. Con questo programma, tutta verdura e primizie tropicali, non ci sarà trippa per gatti. E neppure cibo per chi soffre invece la fame, quella vera mica il languorino a metà mattina.
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