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« Torna agli articoli di Mario Palmaro

Nel 2008 sono 10.212 i “figli” della legge 40. Lo rivela il sottosegretario al Ministero della Salute Eugenia Roccella, che ha commentato con soddisfazione il dato dei nati in Italia con tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA). Questi numeri sarebbero da salutare come un segnale positivo, una conferma del buon funzionamento della legge 40 che non ostacolerebbe, ma anzi incoraggerebbe le tecniche di fecondazione artificiale.
Di segno opposto i giudizi degli ambienti legati ai centri specializzati nelle tecniche riproduttive, che definiscono la legge 40 “repressiva”, e che si danno da fare per abbattere i famosi “paletti”.
Anche se i dati sono “ancora in fase di elaborazione”, come ha spiegato il sottosegretario Roccella, già ora è possibile dire una cosa: e cioè, che quei 10.000 figli della provetta non possono essere salutati come una vittoria della cultura della vita e della dignità della persona umana. E questo, almeno per due ordini di ragioni.
La prima: c’è un solo modo di essere concepiti in maniera veramente umana, e rispettosa delle dignità del nascituro. E questo modo è l’abbraccio naturale fra l’uomo la donna, al quale può seguire il sorgere di una nuova vita, che si sviluppa nell’unico luogo pienamente idoneo alla sua protezione: il grembo della donna.
La seconda ragione: dietro al dato apparentemente trionfale dei 10.000 bambini che sono riusciti a nascere, si nasconde – approfittando del colpevole silenzio di molti – il dato impressionante delle vittime da fecondazione artificiale.
Per ottenere, con il concorso delle tecniche ICSI e FIVET, la nascita di 10.212 bambini e bambine nell’anno 2008, è stato necessario sacrificare consapevolmente circa 200.000 esseri umani, fratelli e sorelle di quelli fortunosamente sopravvissuti e confluiti nel novero dei “successi”.
Per ottenere questo risultato sconvolgente, è sufficiente tener conto che esiste un rapporto di 1 a 20 tra bambino in braccio e embrioni che muoiono nelle tecniche di fecondazione artificiale, morti che avvengono in provetta, nel trasferimento e dopo l’impianto. Morti che non sono equiparabili a imprevedibili decessi naturali, ma che sono al contrario accettate fin dal principio e anzi desiderate, dal momento che si procede quasi sempre a un trasferimento multiplo, mentre la coppia chiede di avere uno e non tre figli.
Dunque, questi embrioni d’uomo, fratelli e sorelle dei 10.000 nati, sono stati vittime di tecniche disumane e occisive, promosse e protette dalla legge 40 del 2004, che si conferma una legge gravemente ingiusta.
Dunque, non riusciamo a capire come possa esservi chi, nel fronte pro life e nel mondo cattolico, giudichi come un successo questo risultato della legge 40. I mezzi di informazione, in particolare quelli cattolici, hanno il dovere di evitare la cooperazione al male e lo scandalo, e devono testimoniare il valore della vita, opponendosi alle leggi gravemente ingiuste.
I media, e soprattutto coloro che lavorano per la difesa della vita, hanno il grave dovere morale di prendere le distanze da un quadro legislativo gravemente iniquo e ad affermare con chiarezza il valore della vita umana, per non dare l’impressione di una certa tolleranza o accettazione tacita di azioni gravemente lesive del primo diritto naturale, che è il diritto alla vita.
"…le tecniche di fecondazione in vitro si svolgono di fatto come se l’embrione umano fosse un semplice ammasso di cellule che vengono usate, selezionate e scartate..."
successivamente, "il rapporto tra il numero totale di embrioni prodotti e di quelli effettivamente nati, il numero di embrioni sacrificati è altissimo..."
e ancora, "Le tecniche di fecondazione in vitro in realtà vengono accettate, perché si presuppone che l’embrione non meriti un pieno rispetto, per il fatto che entra in concorrenza con un desiderio da soddisfare. Questa triste realtà, spesso taciuta, è del tutto deprecabile, in quanto «le varie tecniche di riproduzione artificiale, che sembrerebbero porsi a servizio della vita e che sono praticate non poche volte con questa intenzione, in realtà aprono la porta a nuovi attentati contro la vita»" [Dignitas Personae n.14 e n.15]
Sarà opportuno ricordare che la verità proposta dalla "Dignitas Personae" non è verità ‘confessionale’ o di fede, bensì verità universale, valida per tutti, Cattolici e non, in quanto fondata saldamente sul Diritto Naturale.
Ciò che sta avvenendo con le tecniche di fecondazione artificiale, con la loro legalizzazione e con la difesa acritica della legge stessa, è un vero e proprio scandalo, dalle conseguenze di portata incalcolabile su più piani: etico, familiare, sociale, teologico, ecclesiale. Le morti per fivet coinvolgono in modo diverso e a prescindere da ogni giudizio personale, madri, padri, operatori sanitari, legislatori, giornalisti, uomini con responsabilità ecclesiali. Tutti sono chiamati a non cooperare alla normalizzazione di condotte umane gravemente contrarie al diritto alla vita e alla tutela del bene comune.
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