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« Torna agli articoli di Mario Palmaro

Che fine hanno fatto i pacifisti? Alle volte ritornano, soprattutto in occasione di alcuni appuntamenti istituzionali, come la Marcia della Pace di Assisi che cade giusto in questi giorni. Ma nonostante il ripetersi di simili riti consolidati, è difficile non accorgersi di un certo clima di stanchezza, di una diffusa aria di smobilitazione che avvolge da un po' di tempo gli ambienti del pacifismo italiano e internazionale.
Sembrano lontani anni luce i momenti d'oro del movimento, quando le bandiere arcobaleno riempivano le piazze per contestare la guerra di turno. Adesso i pacifisti hanno perso smalto: non hanno più quella gagliarda voglia di manifestare che li metteva in moto come un sol uomo. Gli americani lanciavano la loro controffensiva in Vietnam? I figli dei fiori li apostrofavano di fare l'amore non la guerra e di mettere fiori nei loro cannoni. Ronald Reagan lanciava il progetto per lo scudo spaziale? Dieci minuti dopo i pacifisti erano sul piede di guerra. Bush annunciava la guerra in Iraq? I pacifisti pavesavano le finestre di borghi e città con le loro bandiere arcobaleno. Certo, i pacifisti avevano sempre avuto qualche problema con la vista: erano strabici. Nel senso che vedevano solo in una direzione: scendevano in piazza contro i carri armati americani ma non si accorgevano di quelli russi; chiedevano il disarmo nucleare all'Occidente, dimenticandosi – che distratti – delle testate copiosamente distribuite sui territori dei Paesi del patto di Varsavia. Ovviamente, il movimento pacifista ha sempre rispedito al mittente queste critiche, ma i fatti parlano da soli.
Poi, un po' alla volta, la macchina della pace si è inceppata. E da qualche tempo si assiste a un fenomeno che è proprio il caso di definire disarmante: contro certe guerre i pacifisti tacciono completamente. Non pervenuti. Prendiamo la guerra in Libia: niente bandiere arcobaleno, niente marce, niente fiaccolate. Eppure, anche lì ci sono stati bombardamenti, morti fra i civili innocenti, dubbi piuttosto consistenti sul rispetto dei diritti umani, da una parte e dall'altra. Non solo: l'intervento in Libia è stato esplicitamente voluto e sostenuto da due nazioni del mondo occidentale – Francia e Gran Bretagna – che non hanno fatto mistero di agire per coltivare i loro interessi economici nella regione. Ma si dà il caso che questa guerra sia stata sdoganata a sinistra, autorevolmente, dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sotto il mantello dell'intervento umanitario: Gheddafi, dopo decenni di imperturbabile dittatura, è improvvisamente diventato cattivo, e occorreva toglierlo di mezzo.
Risultato: silenzio di tomba del mondo pacifista. Il quale appare sempre più orfano di un antagonista forte, di un nemico da abbattere: una volta c'erano gli odiatissimi amerikani, adesso la loro leadership è molto meno incontrastata, i due blocchi della guerra fredda non ci sono più, e i conflitti si sono polverizzati, regionalizzati. Le guerre ci sono ancora, eccome se ci sono, ma vanno anche molto meno in televisione, e allora passa pure la voglia di andare in piazza a fare baccano, in nome della pace.
Il problema ha radici profonde: il pacifismo è un'ideologia che predica la non violenza come legge inviolabile. Il pacifista rifiuta l'uso delle armi e della forza sempre. Chiunque conosca la dottrina della Chiesa sa bene che questa idea non è cattolica, perché il ricorso alle armi e alla forza è lecito e talvolta perfino doveroso, quando si tratta di esercitare la legittima difesa. Per questo motivo ci sono centinaia di santi che sono stati soldati romani, militari, cavalieri, ufficiali. Gesù addita un centurione come esempio di uomo dotato della fede più grande in tutta la Giudea. Pacifismo e cattolicesimo sono inconciliabili, sebbene il pacifismo abbia esercitato e continui a esercitare un fascino irresistibile per molti credenti, sacerdoti compresi.
Come tutte le ideologie, però, anche il pacifismo è condannato a percorrere una sua parabola inesorabile: dopo il fulgore e il successo segue il raffreddamento e la disillusione. L'utopia non si realizza, e anzi i prepotenti e i violenti imperversano più di prima. La pace di cui parla Cristo ha poco a che fare con le bandiere arcobaleno e le marce politicamente corrette. Sappiamo bene che dire cose del genere divide. Ma Gesù stesso, nei Vangeli di Matteo e di Luca, ci ha ammonito con parole inquietanti: "Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace, ma una spada."
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