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« Torna agli articoli di Riccardo Ghezzi

Il 2 marzo 2006 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale uno degli ultimi provvedimenti emanati dalla maggioranza di centro-destra prima della fine della legislatura. Era la nuova legge sulla legittima difesa, precisamente la numero 59 del 13 febbraio dello stesso anno. Le elezioni politiche del 2006 incombevano, e dopo un quinquennio di alti e bassi caratterizzato anche da troppi litigi interni, mal di pancia soprattutto da parte dell'Udc e una pesante e mal digerita sconfitta elettorale alle regionali del 2005, il governo decise di rimboccarsi le maniche. Oltre al "rimpasto" in seguito alle regionali, arrivò quella legge sulla legittima difesa tanto invocata, a pieno diritto, dall'elettorato di centro-destra.
Andando a modificare l'articolo 52 del codice penale, il testo prevede che "Chi usa un'arma legittimamente detenuta contro il soggetto che ha violato il privato domicilio per difendere la propria o altrui incolumità oppure i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione, non sarà più punibile":
«Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o la altrui incolumità:
b) i beni propri o altrui, quando non vi e' desistenza e vi e' pericolo d'aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale».
Scontate le proteste da parte dell'opposizione di sinistra, che ha paventato un "ritorno al far west", ma c'è stato anche chi da destra ha considerato la modifica poco chiara e troppo permissiva. Quel "quando non vi è desistenza e pericolo d'aggressione" si presterebbe ad equivoci, ma è piuttosto evidente che non si sarebbe potuto scrivere una legge di questo tipo in modo diverso.
Appurato che non è legittimo né sensato sparare a ladri in fuga, soprattutto se in mezzo alla strada, il reale problema si sposta su come i magistrati italiani possano interpretare quel "non vi è reale desistenza e pericolo d'aggressione".
Esiste un diritto inalienabile dei giudici, che è quello della discrezionalità. A volte, però, questo diritto è usato male.
La "discrezionalità dei giudici" ha portato ad esempio alla recente condanna, notizia di due giorni fa, di un imprenditore che ha sparato a due ladri armati di spranghe, ferendoli.
Ermes Mattielli, la sera del 13 giugno 2006 (appena tre mesi dopo la pubblicazione della nuova legge sulla Gazzetta Ufficiale), sparò a due nomadi che si erano introdotti nel suo deposito di ferri vecchi ad Arsiero (provincia di Vicenza) con l'evidente intenzione di rubare: i ladri avevano già ammucchiato dei cavi in rame.
L'imprenditore, all'epoca cinquantunenne, aveva subito una ventina di furti negli ultimi tre anni. Ha visto i due venirgli incontro con le spranghe, intimandogli "Vattene via di qui, o sarà peggio per te", a quel punto, impaurito, ha tirato fuori la sua pistola e ha sparato: quindici colpi, alcuni sono andati a segno ferendo i nomadi.
A distanza di sei anni, Ermes Mattielli è stato processato ed è arrivata la sentenza di primo grado: un anno di reclusione, pena sospesa condizionata al pagamento di 120.000 euro di danni divisi in 100.000 a Blu Helt, colpito da sei proiettili alle spalle e alle braccia, e 20.000 al complice Cris Caris colpito da nove colpi a addome, arti e guancia. Il pubblico ministero Alessandro Severi aveva chiesto dieci mesi di reclusione.
E i due nomadi? Condannati per tentato furto, 4 mesi di reclusione a testa già scontati.
Dunque, il vero criminale sembrerebbe Ermes Mattielli, imprenditore stremato da venti furti in tre anni e spaventato da due ladri che hanno tentato di aggredirlo con le spranghe.
Quattro mesi per i furfanti, multa di 120.000 o un anno di carcere per chi ha tentato di difendersi da loro.
E' solo una sentenza di primo grado, confidiamo in Appello e eventuale Cassazione. Se non fosse ribaltata, sorgerebbe spontanea una domanda: a cosa serve una legge sulla legittima difesa, emanata nel 2006, se i magistrati italiani non la rispettano?
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