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« Torna agli articoli di Roberto
La vita di un uomo si giudica dalla sua morte, perché è in quel momento supremo che l'anima si presenta al cospetto di Dio ed è oggetto, in modo inappellabile, della sua infinita giustizia e misericordia.
La perseveranza finale non è scontata per nessuno. È un dono che va richiesto continuamente, soprattutto attraverso la recita quotidiana dell'Ave Maria, che si conclude con l'implorazione di essere assistiti dalla Madre di Dio nell'ora cruciale della nostra morte. Mario Palmaro è morto ed ha vissuto i mesi della sua malattia in maniera esemplarmente cristiana, infondendo in tutti coloro che lo avvicinavano quella tranquillità e forza d'animo di cui è capace solo chi è immerso in una fede profonda.
Ma la vita di un cristiano, quando è giornalista, scrittore, docente universitario, quale fu Mario Palmaro, si giudica anche dai gesti pubblici che precedono la morte, perché questi gesti hanno il sigillo a fuoco della verità. Se nel corso dell'esistenza umana può avvenire una frattura tra il pensiero e la vita, quando si avvicina il momento ultimo e se ne è consapevoli, le dimensioni del pensare e dell'agire si ricompongono inesorabilmente. C'è dunque un'intima e profonda coerenza tra il modo con cui Mario Palmaro ha affrontato la malattia e la morte e lo spirito che, negli ultimi mesi della sua vita, lo ha spinto a esprimere il suo pensiero sulla drammatica crisi attuale della Chiesa, che assomiglia anch'essa a un'ora di agonia, se non sapessimo che la Chiesa è immortale, destinata a trionfare sulla storia e a non essere piegata da essa.
Con Alessandro Gnocchi, Mario Palmaro ha scritto per il quotidiano "Il Foglio" una serie di illuminanti articoli che Giuliano Ferrara ha avuto il grande merito di ospitare e poi di raccogliere in un volumetto uscito significativamente l'11 marzo, tra la morte e le esequie di Mario, con il titolo. Questo Papa piace troppo. Un appassionata lettura critica (Piemme, €15,00). Non è mancato tra i cristiani tartufi da cui siamo circondati chi si è scandalizzato per questi articoli, accusandoli di essere contro il Papa e dunque, implicitamente contro la Chiesa e la fede. Ma i denigratori sono spesso gli stessi che in privato si esprimono in termini altrettanto critici, verso Papa, cardinali e vescovi, che pubblicamente ossequiano. Non conoscono il dolore e l'amore che hanno spinto cattolici come Gnocchi a Palmaro a dire apertamente ciò che altri pensano ma non confessano. Mario Palmaro è stato presidente di un'associazione denominata, non a caso, "Verità e Vita".
Ciò che ha detto e scritto Mario Palmaro nell'ultimo anno della sua vita, quando vedeva la morte davanti a sé, è stato mosso anche dal desiderio di confermare la vita alla verità; di vivere nella verità, di esprimere ad alta voce ciò che altri pensavano, ma che lui sapeva di non avere il tempo di rinviare. Vi sono parole che sono necessarie, scriveva il 15 maggio 2013 a Carlo Casini, «quando ci accorgiamo che non avremo abbastanza tempo per adempiere al nostro compito, perché il termine di questa vita si avvicina a grandi passi. Altri però continueranno il lavoro iniziato. E non taceranno».
Mi onoro di essere stato espulso come Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro da "Radio Maria", per le stesse ragioni per cui essi sono stati estromessi e desidero testimoniare loro la mia gratitudine per l'appello in mia difesa su "Riscossa Cristiana" che è stato forse l'ultimo gesto pubblico di Mario. Mario Palmaro non lascia solo un ricordo, lascia un esempio di vita cristiana vissuta nella pienezza della verità. Ed è questo esempio che rende il suo ricordo incancellabile e che incide indelebilmente il suo nome nell'elenco degli eletti del Libro della Vita.
Mario è oggi nell'eternità. A noi, ancora immersi nel tempo, incombe il dovere di continuare la sua opera. Senza tacere, e con la certezza di avere in lui un sostegno spirituale che mai verrà meno.
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