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Oltre a quello dell'autostima, ma ad esso legato, c'è un altro tema psicologico molto «di moda»: quello della dipendenza dal giudizio altrui, che alcuni chiamano «dipendenza emotiva». Si tratta della paura di perdere la stima degli altri, di essere giudicati in modo negativo, di non essere amati. L'eccessiva soggezione nei confronti delle opinioni altrui. Tutti vogliamo, anzi: abbiamo bisogno di essere amati. Ma abbiamo bisogno di essere amati gratuitamente, incondizionatamente, come siamo e per quello che siamo. A volte abbiamo così paura del giudizio degli altri da rinunciare ad esprimere noi stessi, ciò che pensiamo, ciò che vogliamo, per timore di perdere la loro stima. Succede quando non siamo pienamente convinti di poter essere amati ed apprezzati per quello che siamo. In questo senso la dipendenza dal giudizio altrui è legata all'autostima (cioè ad un difetto di umiltà, la pusillanimità): se pensiamo di non poter essere apprezzati per quello che siamo indossiamo una maschera che – crediamo – ci renda più graditi.
Si tratta di una strategia fallimentare: innanzitutto, perché è assolutamente impossibile piacere a tutti; secondariamente, perché la stima "comprata" non è quella che desideriamo veramente. Infatti la dipendenza emotiva è spesso legata ad una grossa sofferenza psicologica: per questo in molti se ne occupano. Un problema anche spirituale Come nel caso dell'autostima, inquadrare il problema dal punto di vista spirituale può aiutare a risolverlo.
Innanzitutto, osserviamo che il Vangelo ci mette in guardia dal ricercare l'approvazione generale: «Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi» (Lc 6, 26).
Ma anche la Chiesa, con la sua saggezza bimillenaria, ha affrontato il problema. Solo che, anziché chiamare questo problema «dipendenza affettiva» lo chiamava «rispetto umano». Oggi, parlare di rispetto umano in una accezione negativa è decisamente politicamente scorretto. Sembra infatti che la regola fondamentale delle relazioni sia «non urtare i sentimenti degli altri», espliciti o ipotetici che siano. Per questo motivo nelle scuole sono spariti i presepi e i canti natalizi, nei luoghi pubblici trovare un crocefisso è una rarità, e parlare in pubblico della morale sessuale cattolica (ad esempio in riferimento all'omosessualità) sta diventando addirittura pericoloso: per «non urtare i sentimenti» di musulmani, atei agnostici razionalisti finlandesi, relativisti, liberi pensatori e chi più ne ha più ne metta, il consiglio è quello di non esprimere se stessi (per inciso, non sembra importare se i sentimenti dei cristiani vengono urtati con stragi e massacri). Dicevamo: la nostra cultura apprezza ed incoraggia il rispetto umano, il «non urtare i sentimenti degli altri»; salvo poi lamentarsi per la diffusione della dipendenza dal giudizio altrui e delle conseguenti sofferenze psicologiche.
Invece la Chiesa ha sempre messo in guardia i fedeli dal rispetto umano descrivendolo come uno dei peggiori nemici della vita spirituale.
Santa Caterina da Siena (1347-1380), in una sua lettera ai sacerdoti Giovanni Sabbatini e don Taddeo dei Malavolti, scriveva: «Nel nome di Gesù Cristo Crocifisso e della dolce Maria. Carissimi figli in Cristo Gesù. Io, Caterina, serva dei servi di Gesù Cristo, vi scrivo nel suo sangue prezioso, desiderosa di vedervi cavalieri forti, senza nessun rispetto umano. Così vuole il nostro dolce Redentore, vuole cioè che noi temiamo di disobbedire a Lui e non agli uomini del mondo; come egli disse: "Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo; temete, piuttosto, di disobbedire a me, perché l'anima e il corpo vostro non cada nell'inferno"».
Il gesuita belga Cornelio a Lapide (1567-1637) scriveva: «Cosa indegna e vile è il rispetto umano, e non ve n'è altra che tanto degradi, abbassi e disonori l'uomo... Colui che ne è schiavo, non merita più il nome di uomo, ma il suo luogo è tra le banderuole che segnano la direzione dei venti; poiché non sa fare altro che questo... Una tale persona è sommamente spregevole... Che cosa è che la trattiene? Un motto, un sarcasmo, una beffa, un segno... Oh! che piccolezza di spirito, che viltà di cuore! Ne arrossiamo noi medesimi in segreto, e non ci sentiamo l'animo di superare simili bagattelle!... Cerchiamo pure di nascondere e di orpellare con altri nomi questa fiacchezza, questa viltà, ma invano... Noi temiamo le censure del mondo, degli increduli, degli empi, degli ignoranti, degli accidiosi, dei dissoluti... Noi temiamo di acquistarci nome di spiriti deboli e pregiudicati, se pratichiamo la religione; e non vediamo che somma debolezza è non praticarla. Qual cosa più vergognosa e più degradante, che la vergogna di comparire quello che si deve essere? Siamo canzonati; ma cosa vi è di più frivolo che le beffe? Chi è che si burla di noi? Quale ne è il merito, il credito, la scienza, la virtù? E noi osiamo vantarci coraggiosi, di animo grande, di carattere generoso?».
Anche san Josemaría Escrivá de Balaguer (1902-1957) ha avuto parole dure contro il rispetto umano: «Quando è in gioco la difesa della verità, come si può desiderare di non dispiacere a Dio e, al tempo stesso, di non scontrarsi con l'ambiente circostante? Sono cose contrapposte: o l'una o l'altra! È necessario che il sacrificio sia olocausto: bisogna bruciare tutto..., persino il "che cosa diranno", persino la cosiddetta reputazione». Ovviamente, l'intento della Chiesa nel mettere in guardia i fedeli contro il rispetto umano è quello di aiutarli nella loro crescita spirituale; ma poiché la persona è una unità, un difetto spirituale non può non avere conseguenze sugli altri aspetti della persona, compreso quello psicologico.
Anche in questo caso, la saggezza della Chiesa offre antiche soluzioni a nuovi problemi; che non sarebbero tali se quella saggezza non fosse stata superficialmente e sprezzantemente abbandonata.
Nota di BastaBugie: per approfondire il tema si può leggere (o rileggere) l'articolo che abbiamo pubblicato la settimana scorsa
RISPETTO UMANO, LA PIAGA MORALE DI TROPPI CRISTIANI
Il cristiano non deve aver timore a manifestare la sua fede
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3240
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