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« Torna agli articoli di Roberto
Gli stupri di Rimini hanno destato molte reazioni sui media e nella popolazione; ma sono ben lungi dall'essere un caso isolato. Ogni giorno leggiamo di violenze sessuali subite da giovani donne aggredite da immigrati clandestini. Accadrà prima o poi ciò che sta accadendo in Germania. Dopo le violenze di gruppo del capodanno 2016 (oltre mille donne coinvolte in diverse città) qualcuno gridò al «complotto»: sicuramente è un'azione terroristica pianificata!
Invece no. Nessuno complotto, nessuna azione terroristica pianificata. È la nuova realtà nella quale le donne tedesche si sono risvegliate dopo il sogno del «Welcome refugees».
La nuova realtà prevede che le donne siano confinate in una specie di apartheid volontario: niente piscina d'estate e, in alcune tratte, carrozze riservate alle donne e interdette agli uomini. Ovviamente nel silenzio delle femministe, ma la cosa ormai non stupisce più nessuno. Ormai è palese che la difesa dei «diritti» è semplicemente un pretesto per l'attacco alle leggi morali e religiose greco-cristiane.
Quali considerazioni possiamo trarre da questa situazione (non episodio)?
L'UOMO NON È SOLO MATERIA
Qualcuno potrebbe far notare che questi immigrati sono, nella stragrande maggioranza, giovani uomini non abituati all'ipersessualizzazione che si respira nel mondo occidentale. Vero. È vero però anche che, all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso, abbiamo avuto una massiccia immigrazione di giovani e giovanissimi uomini albanesi; e non si sono verificati gli stessi problemi.
Tra gli immigrati nel nostro paese le nazioni maggiormente rappresentate sono Romania, Cina, Ucraina e Filippine. Questa immigrazione è stata mai percepita come un pericolo per l'incolumità delle persone?
Il primo punto è questo: l'uomo non è solo materia (in questo caso ormoni e organi sessuali); è anche e soprattutto educazione, cultura. Il progetto di sostituire gli Europei non nati o abortiti con immigrati provenienti da chissà dove è una sciocchezza. Una persona non è una monade interscambiabile, un mattoncino uguale a milioni di altri mattoncini; è frutto di una cultura, di una tradizione (nel nostro caso) bimillenaria. Non è questione di «razza» o colore della pelle; è questione di ethos.
«Ci pagano le pensioni»? Anche se fosse vero, come dicono nei film, i soldi non sono tutto. E non comprano tutto.
QUESTE VIOLENZE SONO COLPA NOSTRA
Secondariamente, forse queste violenze sono colpa nostra. Basta mettere piede in Europa per ricevere soldi (parecchi soldi) e una casa (o perlomeno una sistemazione); in Germania gli immigrati si aspettano anche un'auto.
Quale può essere il messaggio che arriva a questi giovani dalla nostra accoglienza senza integrazione? Che ne è del bilanciamento tra diritti e doveri che ogni europeo respira fin dalla nascita? Bilanciamento, tra l'altro, che per i milioni di immigrati rumeni, ucraini, filippini resta valido. Perché essi devono lavorare duramente, comprarsi una casa con fatica e sacrifici, mentre ad altri immigrati tutto è dovuto? Non è forse, questa, una insopportabile discriminazione? Una solenne ingiustizia? Vitto e alloggio gratis per tutti gli immigrati, dunque, a spese degli europei.
Se questo è il paese del Bengodi, il Paese dei balocchi, dove basta allungare una mano e prendere ciò che si vuole... perché questi giovani non dovrebbero farlo?
CHI CI PROTEGGERÀ DAL DRAGO?
Terzo. Chi può impedire che questi giovani si prendano ciò che vogliono?
Non lo diciamo in pubblico, ma lo sappiamo: l'uomo. Il compito dell'uomo è quello di proteggere e difendere; di farsi male e persino morire per tutelare le sue cose e le persone che gli sono affidate. Per questo (e non per un errore genetico o per una secolare ingiustizia) egli è più alto, più forte, più pesante e più veloce. Per questo è aggressivo e competitivo.
Perché il suo compito è quello di sacrificare fisicamente se stesso per difendere e proteggere. Ogni uomo è un eroe in fieri; il suo compito è salvare la principessa dalle grinfie del drago. Ma oggi, almeno nell'Europa occidentale, non ci sono più eroi, né principesse. Abbiamo imposto ai maschi di non diventare uomini (e alle femmine di non diventare donne).
Ora chi ci proteggerà dal drago?
La Polonia ha scelto di non subire questa massiccia e disordinata immigrazione. È capitato che qualche immigrato in Germania abbia attraversato il confine (le frontiere non ci sono più) e sia finito in Polonia, probabilmente senza accorgersene. Lì si è comportato come ha imparato a fare in Germania: ha rubato, sicuro dell'impunità; ha minacciato e maltrattato qualche anziana esercente; addirittura ha mostrato un coltello.
Beh, ha imparato che gli uomini polacchi sono ancora disposti a sacrificarsi per gli altri; ha imparato che sono ancora un popolo, uniti e pronti ad aiutarsi l'un con l'altro (in Germania, come da noi, se qualcuno assiste ad una aggressione abbassa il capo e accelera il passo...); e che l'arrivo della polizia può essere una gioia indescrivibile, se ti salva da un linciaggio. Ma noi non siamo come i polacchi. Non siamo più un popolo, non abbiamo imparato a diventare eroi.
Ci stupiamo se qualcuno fa di noi ciò che vuole? Chi glielo impedirà?
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo sottostante dal titolo "Profugo pedofilo, se la piazza lincia le toghe" racconta che a Reggio Emilia un pakistano richiedente asilo ha violentato un connazionale 13enne e disabile. Ma il giudice non lo manda in carcere perché ha mostrato una straordinaria autodisciplina. Insorge la piazza e anche la politica, ma alla fine il Pd non se la sente di scendere a protestare contro una toga. L'impressione è che le cosorterie vengano prima dei diritti di una vittima, mentre al carnefice vengono concesse attenuanti che fanno sospettare uno sdoganamento della pedofilia.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 26 agosto 2017:
Lo strapotere delle toghe regge anche alle proteste di piazza. E se di mezzo c'è la pedofilia la decisione del giudice per le indagini preliminari sembra gettare un'ombra fosca su quello che fino ad oggi è un orribile reato, ma domani potrebbe non esserlo più, dato che anche nel nostro Paese la pedofilia che indigna sembra essere soltanto quella che vede infangata la Chiesa.
A Reggio Emilia non si vedeva da tempo un sit in davanti al tribunale per protestare contro la decisione di un giudice, il quale avrà avuto anche le sue buone ragioni, ma queste sembrano scontrarsi con l'evidenza razionale. I fatti sono questi.
Un pakistano richiedente asilo in provincia di Reggio ha violentato un minore disabile anche lui straniero. Il fatto gravissimo viene ripreso dai social sul web che ormai costituiscono la vera opposizione cittadina. Ma non è tutto. Il Gip, il dottor Ghini, giudice veterano del Tribunale di Reggio, dovendo decidere sulla misura cautelare in carcere chiesta dal Pm Maria Rita Pantani e gli arresti domiciliari chiesti dalla difesa, libera il richiedente asilo.
Il pakistano infatti aveva sì confessato la violenza sul minore disabile, sordomuto, dicendo che era consenziente, almeno questa è la tesi della difesa. La detenzione ai domiciliari infatti non è sembrata al giudice una strada percorribile. Il richiedente asilo è ospite di una struttura che accoglie migranti in attesa di concessione dello status di rifugiato e dato che una delle condizioni per la concessione dei domiciliari è la disponibilità degli ospitanti, il reo confesso si è trovato così senza casa.
Gli ospiti locali infatti avevano dichiarato di non volerlo più in casa. Così il giudice, con una decisione che ha sconcertato molti, lo ha rimesso in libertà, con obbligo di firma. E il rischio di reiterazione del reato? Per quello non c'è problema: il giudice infatti ha parlato del pakistano come uomo dalla straordinaria autodisciplina. Se lo dice lui...
Dai social arriva una vera e propria sollevazione. Critiche ma anche insulti e minacce. Al ristorante Ghini viene affrontato e insultato. L'associazione la Caramella Buona, che si occupa di lotta alla pedofilia, ha mobilitato la protesta davanti al Tribunale, che è andata in onda l'altra sera. I giornali si spaccano: alcuni gridano alla manifestazione di nostalgici con croci celtiche. Il Sindaco di Reggio Luca Vecchi davanti alla rivolta ondeggia. Prima si schiera con la protesta chiamando in solidarietà altri sindaci, fino ad annunciare di partecipare alla manifestazione. Poi tutto il blocco di potere si ritrae. L'altra sera centinaia di reggiani sono affluiti in una atmosfera inedita e surreale nel cupo piazzale del Tribunale. Alla luce di qualche lampione, assenti i sindaci e forza di giunta, in centinaia hanno manifestato silenziosamente senza simboli di partito come il 12 giugno. Sembrava di essere davanti al Muro di Berlino, ma è Reggio Emilia del 2017.
Presenti gli altri partiti, come Forza Italia, che alla riapertura della stagione parlamentare presenterà un'interpellanza e che per bocca del coordinatore Gianluca Nicolini ha detto: "In questi giorni abbiamo assistito ad un triste spettacolo dove è emerso chiaramente la forza del le logiche consortili che governano il territorio reggiano da sempre guidato dalla sinistra". Il riferimento è il ritrarsi dei sindaci dalla manifestazione di piazza nonostante molte fasce tricolori avessero sostenuto l'indignazione comune. Ma mettersi contro i giudici, si sa, è un rischio per molti, figuriamoci per un politico.
Intanto il provvedimento verrà impugnato dalla procura e il pakistano, probabilmente, finirà in carcere. Resta però l'amarezza di una decisione presa pensando più ai diritti del carnefice che a quelli della vittima, la quale, a 13 anni e senza poter parlare, sta vivendo tutto come uno choc terribile, dentro di sé. Resterà pure un reato odioso quello della pedofilia, ma quando si mettono in campo artifici giuridici come questo, la china è sempre pericolosa perché il passo verso l'accettazione di certe pratiche è dietro l'angolo.
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