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Da tempo il politicamente corretto si è abbattuto sul mondo dell'intrattenimento, Disney compresa. Già lo scorso anno, la multinazionale aveva messo in guardia gli spettatori da alcuni suoi film d'animazione, contenenti, a suo dire, "rappresentazioni culturali obsolete".
Parliamo di classici immortali come Dumbo, Peter Pan, Lilli e il vagabondo, Il libro della Giungla, Gli Aristogatti. Il colosso americano si è piegato al politically correct per andare incontro al pubblico liberal e alle rivendicazioni delle minoranze e ora, come riporta l'agenzia Adnkronos, in tempi di Black Lives Matter e scontri razziali negli Stati Uniti, Disney+ ha inserito un nuovo avvertimento all'inizio dei suoi classici dell'animazione sui contenuti stereotipati e razzisti, in riferimento alle pellicole citate poc'anzi.
"Questo programma include rappresentazioni negative e/o trattamenti sbagliati nei confronti di persone e culture. Questi stereotipi erano errati allora e lo sono oggi", si legge nella frase che appare per dieci secondi prima dell'inizio dei film sulla piattaforma in streaming Disney+. "Piuttosto che rimuovere questo contenuto - recita ancora l'avvertimento - vogliamo riconoscere il suo impatto dannoso, imparare da esso e stimolare un dialogo per creare un futuro più inclusivo. La Disney si impegna a creare storie con temi stimolanti che riflettano la ricca diversità dell'esperienza umana in tutto il mondo".
DI COSA SONO ACCUSATI I CLASSICI DISNEY?
La formula scelta da Disney nella sua nuova piattaforma di streaming è stata imitata da altre piattaforme come Hbo Max, che ha aggiunto una spiegazione del "contesto storico" a "Via col vento" dopo avere rimosso temporaneamente il film dallo streaming. Come se quei classici immortali non avessero altro da dire, se non veicolare quei "pericolosi" messaggi razzisti. E il bello è che i più piccoli ora sì che ci faranno caso a quelle scene che ora offendono i politicamente corretti.
Di cosa sono accusati i film Disney? Come ricorda Adnkronos, in Lilli e il Vagabondo (1955), per esempio, due gatti siamesi, Si e Am, sono raffigurati con stereotipi anti-latinos o asiatici. C'è anche una scena in un canile in cui i cani con un forte accento ritraggono tutti gli stereotipi dei paesi da cui provengono le loro razze, come Pedro il Chihuahua messicano e Boris il Borzoi russo. Negli Aristogatti (1970), un gatto siamese chiamato Shun Gon, doppiato da un attore bianco, è disegnato come una caricatura razzista di una persona asiatica mentre in Dumbo (1941), un gruppo di corvi che aiutano Dumbo ad imparare a volare hanno voci nere stereotipate ed esagerate. Il corvo principale si chiama Jim Crow - un riferimento a una serie di leggi segregazioniste dell'epoca nel sud degli Stati Uniti - ed è doppiato da un attore bianco, Cliff Edwards.
LA FOLLIA DEL POLITICAMENTE CORRETTO
Il politicamente corretto, infatti, funziona anche in maniera retroattiva: non tenendo conto minimamente del contesto storico nel quale sono uscite queste opere, pretende che essi si "adattino" alla nuova neolingua. Per ora, una scritta ci avverte che il film potrebbe contenere stereotipi e contenuti razzisti: chissà che in un futuro, non troppo prossimo, il politicamente corretto non imponga che questi film vengano cancellati e tolti dalla circolazione perché ritenuti troppo offensivi. Esattamente ciò che è accaduto nelle scorse settimane negli Stati Uniti con le statue dei confederati (e non solo). Damnatio memoriae.
In 1984 di George Orwell quando un sovversivo viene fatto sparire dal partito, si applica proprio la damnatio memoriae: viene cioè eliminato, da tutti i libri, i giornali, i film e così via, tutto ciò che si riferisca direttamente o indirettamente alla persona in oggetto. Citiamo un passaggio chiave del capolavoro di Orwell: "Ogni disco è stato distrutto o falsificato, ogni libro è stato riscritto, ogni immagine è stata ridipinta, ogni statua e ogni edificio è stato rinominato, ogni data è stata modificata. E il processo continua giorno per giorno e minuto per minuto. La storia si è fermata. Nulla esiste tranne il presente senza fine in cui il Partito ha sempre ragione".
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