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« Torna agli articoli di Willem Jacobus Eijk
La Conferenza Episcopale Tedesca ha votato a grande maggioranza a favore di direttive che implicano che un protestante sposato con un cattolico possa ricevere l'Eucaristia dopo aver sodisfatto una serie di condizioni: deve aver effettuato un esame di coscienza con un sacerdote o con un'altra persona con responsabilità pastorali; deve aver affermato la fede della Chiesa Cattolica, oltre ad aver "desiderato di porre fine a "gravi disagi spirituali" e deve avere un "desiderio di soddisfare la brama per l'Eucaristia."
Sette membri della Conferenza Episcopale Tedesca hanno votato contro queste direttive e hanno chiesto il parere di alcuni dicasteri della Curia Romana. La conseguenza è stata l'invio di una delegazione della Conferenza Episcopale Tedesca che ha parlato a Roma con una delegazione della Curia Romana, fra cui il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
La risposta del Santo Padre, data tramite il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede alla delegazione della Conferenza Tedesca, e cioè che la Conferenza deve discutere di nuovo le bozze e tentare di raggiungere un risultato unanime, se possibile, è completamente incomprensibile. La dottrina e la prassi della Chiesa riguardanti l'amministrare il Sacramento dell'Eucaristia ai protestanti sono perfettamente chiare. Il Codice di Diritto Canonico dice al riguardo: "Se vi sia pericolo di morte o qualora, a giudizio del Vescovo diocesano o della Conferenza Episcopale, urgesse altra grave necessità, i ministri cattolici amministrano lecitamente i medesimi sacramenti anche agli altri cristiani che non hanno piena comunione con la Chiesa cattolica, i quali non possano accedere al ministro della propria comunità e li chiedano spontaneamente, purché manifestino, circa questi sacramenti, la fede cattolica e siano ben disposti" C.I.C./1983, can. 844 § 4 (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) no 1400).
Questo concerne quindi solo casi di emergenza, soprattutto in cui si tratta di un pericolo di morte.
I PROTESTANTI NON CONDIVIDONO SACERDOZIO ED EUCARISTIA
L'intercomunione è, in linea di principio, soltanto possibile con i cristiani ortodossi, perché le Chiese Orientali, pur non essendo in piena comunione con la Chiesa Cattolica, hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, un sacerdozio e un'Eucaristia validi (CCC no 1400, C.I.C./1983 can844, § 3). La loro fede nel sacerdozio, nell'Eucaristia e pure nel Sacramento di Penitenza è uguale a quella della Chiesa Cattolica.
Invece, i protestanti non condividono la fede nel sacerdozio e nell'Eucaristia. La maggior parte dei protestanti tedeschi è luterana. I luterani credono nella consustanziazione, che implica la convinzione che, oltre al Corpo e il Sangue di Cristo siano realmente presenti anche il pane e il vino, nel momento in cui vengono ricevuti. Se qualcuno riceve il pane e il vino senza credere questo, il Corpo e il Sangue di Cristo non sono realmente presenti. Fuori da questo momento della ricezione, vi rimangono solo il pane e il vino e non sono presenti il corpo e il sangue di Cristo.
Ovviamente, la dottrina luterana della consustanziazione differisce essenzialmente da quella cattolica della transustanziazione che implica la fede che ciò che si riceve sotto le figure del pane e del vino, anche se amministrato a qualcuno che non crede nella transustanziazione e anche fuori del momento dell'amministrazione, rimanga il Corpo e il Sangue di Cristo perché non ci sono più le sostanze del pane e del vino.
NON SI PUÒ AMMINISTRARE LA COMUNIONE A UN PROTESTANTE
Per queste differenze essenziali non si deve amministrare la comunione a un protestante, anche se sposato con un cattolico, perché il protestante non vive in piena comunione con la Chiesa Cattolica e, perciò, non condivide esplicitamente la fede nell'Eucaristia. Le differenze fra la fede nella consustanziazione e quella della transustanziazione sono tanto grandi che si deve davvero esigere che qualcuno che desidera ricevere la comunione entri esplicitamente e formalmente nella piena comunione con la Chiesa Cattolica (tranne in un caso di pericolo di morte) e confermi in questo modo esplicito di accettare la fede della Chiesa Cattolica, inclusa quella nell'Eucaristia. Un esame di coscienza con un sacerdote o con un'altra persona con responsabilità pastorali non dà delle garanzie sufficienti che la persona coinvolta accetti davvero la fede della Chiesa. Accettandola, la persona può fare comunque solo una cosa: entrare nella piena comunione con la Chiesa Cattolica.
Le bozze per le direttive della Conferenza Episcopale tedesca suggeriscono che si tratti soltano di alcuni casi di protestanti, sposati con cattolici, che vorrebbero ricevere la comunione, facendo uso di queste direttive. Tuttavia, l'esperienza insegna che nella prassi questi numeri in genere diventeranno sempre più grandi. Protestanti, anche sposati con cattolici, vedendo altri protestanti sposati con un cattolico ricevere la comunione, penseranno di poter fare lo stesso. E alla fine anche protestanti non sposati con cattolici vorranno riceverla. L'esperienza generale con questo tipo di regolazioni dimostra che rapidamente i criteri si estenderanno.
Ora il Santo Padre ha fatto sapere alla delegazione della Conferenza Episcopale tedesca che deve discutere di nuovo le bozze per un documento pastorale sull'amministrazione della Comunione, tra le altre cose, e tentare di trovare unanimità. Unanimità su che cosa? Supposto che tutti i membri della Conferenza Episcopale tedesca, dopo averle discusse di nuovo, decidano all'unanimità che si può amministrare la comunione ai protestanti sposati con un cattolico (il che non succederà), questa - pur essendo contraria a ciò che dicono al riguardo il Codice di Diritto Canonico e il Catechismo della Chiesa Cattolica - diventerà la nuova prassi nella Chiesa Cattolica in Germania? La prassi della Chiesa Cattolica, fondata sulla sua fede, non è determinata e non si cambia statisticamente quando una maggioranza di una Conferenza Episcopale vota in favore di questo, nemmeno facendolo all'unanimità.
CODICE DI DIRITTO CANONICO E CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
Ciò che dicono il Codice di Diritto Canonico e il Catechismo della Chiesa Cattolica sarebbero dovuti essere la reazione del Santo Padre, che, come successore di San Pietro, è "il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli" (Lumen Gentium no 23). Il Santo Padre avrebbe dovuto dare alla delegazione della Conferenza Episcopale tedesca delle direttive chiare, basate sulla retta dottrina e sulla prassi della Chiesa. Così avrebbe dovuto rispondere anche alla donna luterana che gli chiese il 15 novembre 2015 se potesse ricevere la comunione insieme al suo sposo cattolico: questo non è accettabile, invece di suggerire che lei poteva ricevere la comunione in base al suo essere battezzata, conformemente alla sua coscienza. Rinunciando a fare chiarezza, si crea una grande confusione fra i fedeli e si mette in pericolo l'unità della Chiesa. Lo fanno anche i cardinali che propongono pubblicamente di benedire relazioni omosessuali, il che è diametralmente opposto alla dottrina della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura, e cioè che il matrimonio, secondo l'ordine della creazione, esiste solo fra un uomo e una donna.
Osservando che i vescovi e soprattutto il successore di Pietro mancano nel mantenere e trasmettere fedelmente e in unità il deposito della fede, contenuto nella sacra Tradizione e nella Sacra Scrittura, non posso non pensare all'articolo 675 del Catechismo della Chiesa Cattolica: "Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il «mistero di iniquità» sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell'apostasia dalla verità".
Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo sottostante dal titolo "Sull'Eucarestia non si ammettono ambiguità" sottolinea che a stupire non deve essere il duro intervento del cardinale Eijk, piuttosto il silenzio di tanti vescovi e cardinali sulla fuga in avanti dei vescovi tedeschi sull'intercomunione, iniziativa che va a toccare il cuore della Rivelazione cristiana.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 9 maggio 2018:
Non deve stupire l'intervento del cardinale Willem Eijk, arcivescovo di Utrecht, sull'intercomunione, per quanto duro possa apparire. Così come non dovrebbe stupire che sette vescovi tedeschi abbiano fatto ricorso a Roma per lo stesso motivo, ovvero le linee guida della Conferenza episcopale tedesca che aprono alla comunione per i coniugi protestanti sposati con un cattolico. Dovrebbe invece stupire il silenzio di tanti altri, in aggiunta all'atteggiamento neutrale preso da papa Francesco, atteggiamento oggetto della presa di posizione del cardinale Eijk.
Dovrebbe stupire il silenzio e la neutralità visto che la materia del contendere è il cuore della fede cattolica, l'Eucarestia. Avevamo già detto più volte e con molta chiarezza anche all'inizio dei Sinodi sulla famiglia che certe spinte poi avallate dall'esortazione apostolica Amoris Laetitia, prima che il sacramento del matrimonio mettevano in discussione l'Eucarestia. Il caso Germania a proposito di protestanti sposati con cattolici è la conseguenza del processo iniziato allora.
E anche di un metodo che papa Francesco aveva in effetti annunciato già nella prima esortazione apostolica, la Evangelii Gaudium, ovvero l'intenzione di lasciare una qualche autorità dottrinale alle singole Conferenze episcopali. Si tratta, come abbiamo già avuto modo di rilevare, di una indicazione chiaramente opposta a quella già data dall'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Joseph Ratzinger.
Comunque la si pensi, i sette vescovi tedeschi guidati dal cardinale Woelki hanno detto chiaramente che l'Eucarestia non è certo materia da conferenze episcopali. Ciò che il cardinale Eijk ha chiaramente ribadito. Il motivo è semplice: l'Eucarestia è il cuore della fede cattolica, non è qualcosa su cui si possano dare interpretazioni diverse o su cui ci si possa permettere l'ambiguità.
Come dice Giovanni Paolo II introducendo l'enciclica Ecclesia de Eucharistia (2003): «La Chiesa vive dell'Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un'esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa».
È già abbastanza grave che si accetti la possibilità di aprire discussioni su questioni che costituiscono il cuore della fede e su cui si sono già espressi definitivamente Concilii e Papi. Ancora più grave che si ritenga possibile cambiare la Verità rivelata per alzata di mano, o perché un gruppetto di vescovi si sentono "illuminati" da poter dettare legge a tutti. Che vescovi e cardinali di tutto il mondo restino in silenzio davanti a questa possibilità concreta non solo stupisce, scandalizza anche. E legittima i fedeli a chiedersi in cosa credano davvero i loro pastori.
Peraltro l'iniziativa tedesca non è neanche un buon servizio all'ecumenismo, e lo aveva spiegato bene ancora Giovanni Paolo II nella Ecclesia de Eucharistia: «Proprio perché l'unità della Chiesa, che l'Eucaristia realizza mediante il sacrificio e la comunione al corpo e al sangue del Signore, ha l'inderogabile esigenza della completa comunione nei vincoli della professione di fede, dei Sacramenti e del governo ecclesiastico, non è possibile concelebrare la stessa liturgia eucaristica fino a che non sia ristabilita l'integrità di tali vincoli. Siffatta concelebrazione non sarebbe un mezzo valido, e potrebbe anzi rivelarsi un ostacolo al raggiungimento della piena comunione, attenuando il senso della distanza dal traguardo e introducendo o avallando ambiguità sull'una o sull'altra verità di fede. Il cammino verso la piena unità non può farsi se non nella verità. In questo tema il divieto della legge della Chiesa non lascia spazio a incertezze, in ossequio alla norma morale proclamata dal Concilio Vaticano II».
Qui non si tratta di mettere artificiosamente - come insinua qualcuno - un Papa contro l'altro. È chiarissimo che il divieto di intercomunione da parte di Giovanni Paolo II è assoluto, senza ambiguità e non limitato nel tempo. Come è possibile dunque che oggi un altro Papa dica una cosa in aperta contraddizione? E come è possibile che si guardi più alla forma (cercare una soluzione unanime qualunque essa sia) che non alla Verità?
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