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Talvolta influenzati dalla diffusa rimozione del significato religioso del Natale, talvolta per la mancanza di tempo e travolti dalla fretta, dal lavoro, dai problemi di ogni giorno, frastornati dall’aspetto commerciale del Natale, impegnati dalle cene con amici e colleghi, molti cristiani non fanno più il presepio. Così facendo, però, privano i bambini di una grande risorsa per la vita.
Infatti, per il bambino il presepio è tutt’altro che paccottiglia devozionale o un insieme di statuine. Nella sua immaginazione i personaggi sono vivi e reali ed il presepio suscita in lui la meraviglia, la quale è segno di giovinezza spirituale in tutte le età della vita.
Come dice (relativamente all’albero di Natale, ma il discorso vale a maggior ragione per il presepio) un grande poeta come T.S. Eliot, il bambino «crede ogni candela una stella, e l’angelo dorato / spieganti l’ale alla cima dell’albero / non solo una decorazione, ma anche un angelo». Infatti, se è vero, come dicevano Platone e Aristotele, che la ricerca della verità nasce dalla meraviglia, se è vero, come diceva Gregorio di Nissa, che solo lo stupore conosce, allora la meraviglia del bambino di fronte al presepio è un tesoro accumulato in vista del seguito della sua vita, quando, prima o poi, sopraggiungeranno momenti di tedio, di stanchezza, quando si insinuerà un sentimento di disgusto per l’esistenza, quando non sarà più toccato dalla bellezza che possiedono anche le cose abituali. Diceva Eraclito che i contrari si svelano reciprocamente e, in effetti, non di rado, apprezziamo la possibilità di muoverci solo quando siamo immobilizzati, la sazietà solo quando siamo affamati, la salute solo quando siamo malati, ecc. Ma, anche quando il mondo sembra avvolto dalla tenebre, spesso dispiegate dall’uomo stesso, anche quando la vita sembra non essere degna di essere vissuta (per esempio in stato «vegetativo»), in realtà il mondo e la vita non cessano di essere preziosi, e siamo piuttosto noi che non siamo più in grado di apprezzarne la bellezza.
E una possibile – non l’unica, ma è certo molto importante – esperienza e riserva di meraviglia è proprio quella suscitata, nel bambino, dal presepio. Dice ancora Eliot: «Il fanciullo stupisce di fronte all’albero di Natale / lasciatelo dunque in spirito di meraviglia / di fronte alla Festa […]. Così che il rapimento splendido, e lo stupore / del primo albero di Natale ricordato, e le sorprese […] e la reverenza e la gioia non debbano / essere mai dimenticate nella più tarda esperienza / nella stanca abitudine, nella fatica, nel tedio / nella consapevolezza della morte, nella coscienza del fallimento». Inoltre il ricordo del presepio può essere un lucignolo fumigante per coloro che, in seguito, perdono la fede. Ad esempio Giampaolo Pansa ha confidato sull’ultimo numero del mensile Tracce:
«Ricordo la cura impressionate con cui io e mia sorella facevamo il presepe […].
Ecco, io sono rimasto a quel bambino lì, in quella capanna […]. Non so se questa parabola mi porterà ad essere credente.
Ma se dovessi riscoprire Dio credo che sarei guidato da quel bambino, dal Dio di Natale». Mentre invitiamo i lettori a seguire il motto di questo giornale («per amare quelli che non credono»), a pregare anche perché questo giornalista indipendente ritrovi quel Bene su cui si sta interrogando, può essere prezioso far presente quale grande tesoro sottraggono ai loro figli quando non fanno insieme a loro il presepio.
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