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18 giugno, Torino. Erano le 8,15 quando il signor G., dopo aver parcheggiato la sua auto, si stava avviando a passo svelto verso la porta 9 della FIAT di corso Settembrini. Camminava in mezzo a due file di macchine parcheggiate sul marciapiede e normalmente non avrebbe mai fatto caso a quella busta di plastica azzurra abbandonata in mezzo a spazzatura e bottiglie di plastica (e chissà quanti finiscono nei cassonetti, dove nessuno può notarli). Quella mattina invece la sua attenzione è stata attirata dalla presenza di alcuni uccelli che la becchettavano con insistenza. Incuriosito si è avvicinato per controllare e, quando anche l’ultima cornacchia è volata via, si è sentito raggelare il sangue. Nel sacchetto c’era un piccolissimo corpicino insanguinato con tanto di cordone ombelicale. La placenta era sparsa sull’asfalto. Cercando di mantenere ferma la voce l’impiegato ha chiamato il 113: «Correte presto c’è un bambino abbandonato in un sacchetto davanti alla fabbrica di Mirafiori». La segnalazione è stata girata ai carabinieri di via Plava che hanno inviato immediatamente una pattuglia sul posto. È bastata una rapida occhiata del medico legale per capire che il signor G. non si era sbagliato. Si intravedevano le gambe e le manine, era un bambino.
La notizia, anche se racchiusa in poche righe, era su tutti i giornali. La maggior parte hanno usato il termine ‘feto’, ma qualcuno -stranamente- lo ha chiamato ‘neonato’, un altro addirittura ‘bambino’, un altro ancora ‘bambino mai nato’.
Certo una notizia così suscita sdegno, orrore, tristezza. Perché questo corpicino è impietosamente sotto gli occhi di tutti. E poi c’è il macabro particolare delle cornacchie. Eppure ogni giorno, altri 400 bimbi vengono fatti a pezzi da cornacchie in camice bianco, e i loro corpicini straziati sono gettati tra i rifiuti ospedalieri o bruciati negli inceneritori degli ospedali. Altre cornacchie bianche studiano farmaci abortivi sempre più sofisticati; spopola il Norlevo (la pillola del giorno dopo) fra le giovanissime: nel 2007 ne sono state vendute 360.000 confezioni.
E cosa dire degli altri avvoltoi, che addirittura fabbricano corpicini innocenti, per poi vantarsi di aver fatto nascere 7.507 bambini nel 2006, “nel rispetto dell’articolo 1 della Legge 40 che riconosce la dignità dell’embrione”? Il virgolettato è tratto dal quotidiano dei vescovi italiani, “L’Avvenire”, che ha pubblicato questi dati in un editoriale di Domenico Delle Foglie del 12 giugno scorso, dal titolo: “I buoni frutti della legge 40”.
“Ciò che preme sottolineare -scrive Delle Foglie- è che una valutazione serena e puntuale delle cifre porta ad una sola, inequivocabile conclusione: la Legge 40 funziona. Aumentano i nati con le nuove regole: nel 2006 sono venuti al mondo 7.507 bambini contro i 4.940 del 2005. Crescono le coppie che, complici purtroppo l’età avanzata e l’estendersi della sterilità, si rivolgono ai centri italiani di fecondazione assistita: erano 43.024 nel 2005, sono diventate 52.506 nel 2006. Aumentano i centri italiani che, con sempre maggior perizia, applicano le tecniche di procreazione medicalmente assistita: erano 330 quelli censiti nel 2005, sono saliti nel 2006 a 342. Il che dimostra che si va all’estero solo per le pratiche proibite, come l’eterologa e la diagnosi preimpianto. Ed ancora: cresce la 'via italiana' alla ricerca di settore, nel campo del congelamento degli ovociti e della diagnosi sul globulo polare prima della fecondazione. Dunque, un bilancio tutto positivo”.
Numeri che fanno rabbrividire! Perché? Ascoltiamo il grande genetista Angelo Serra:
“L’analisi dei dati indica che, in media, per ogni gravidanza che inizia, circa 30 embrioni -come minimo- per diverse ragioni vanno perduti. Anche se si sta riproponendo un’accettabile probabilità di successo riducendo a 2 o 1 il numero degli embrioni trasferiti in utero allo stadio di blastociste, la produzione di più embrioni rimarrà sempre una esigenza tecnica. È evidente che il diritto alla vita di questi embrioni è coscientemente violato” (da “Fecondazione extracorporea, pro o contro l’uomo”, a cura di Giuseppe Garrone, Ed. Gribaudi, 2001).
L’editorialista di Avvenire si è dunque ‘dimenticato’ di dare i numeri più importanti, quelli dei bambini vittime di morte programmata. Un semplice conto: moltiplichiamo i 7507 bambini nati grazie alla fivet, per 30 (come minimo! scriveva Serra). Fa 225.210.
E questi sarebbero i ‘buoni frutti’?
Proseguiamo la lettura dell’editoriale:
“Ma è anche il dato sulla percentuale di successo di tali concepimenti che fa ben sperare. È vero, l’Italia in questo caso non ha migliorato la performance, ferma al 17,4% sul totale dei pazienti trattati. Ma noi siamo sostanzialmente in linea con gli altri Paesi europei, pur avendo rinunciato alla selezione degli embrioni. Ci sarebbe di che vantarsi per la lungimiranza degli italiani e per il loro amore per la vita, ma vallo a spiegare a certi laicisti in servizio permanente effettivo”.
Lungimiranza? Amore per la vita? ma ci rendiamo conto della schizofrenia che ci ha preso? Da una parte non vogliamo figli, e li uccidiamo con la legge 194, dall’altra li vogliamo a tutti i costi e li fabbrichiamo (e ne uccidiamo trenta per uno) con la legge 40. E nonostante queste due aberranti leggi, li uccidiamo ancora anche con l’aborto clandestino, come dimostra il sacchetto azzurro abbandonato a Torino.
Conclude il quotidiano della Cei:
“Un ultimo tassello: se è vero che la Legge 40 ha impedito la produzione di più di tre embrioni per ogni ciclo di fecondazione assistita, questa disciplina ha il merito straordinario di aver interrotto la pratica della creazione indiscriminata di embrioni umani che venivano poi distrutti o condannati al gelo eterno dei frigoriferi. Oggi, di sicuro, sarebbero altre decine di migliaia in più. Qualcosa ci dice che gli italiani non sono solo prudenti, sono un popolo straordinario”.
Consolati, sig. G.: le cornacchie di via Settembrini sono volate via, il sacchetto azzurro è stato rimosso, ma forse tu non potrai mai dimenticarlo.
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