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Tempo di elezioni, si torna a parlare di "princìpi non negoziabili": ne abbiamo già parlato anche noi. Ma dalle lettere e dai messaggi che ci arrivano in redazione è evidente che il concetto è tutt'altro che chiaro, sia nelle ragioni sia nell'individuazione di tali princìpi. Peraltro alla confusione contribuiscono anche alcuni vescovi, che inseriscono in questo concetto qualsiasi tipo di valore positivo, facendo così perdere il significato dell'espressione.
E' importante dunque chiarire in breve alcuni punti.
Anzitutto dobbiamo la definizione di "princìpi non negoziabili" a Benedetto XVI che ha spiegato questa definizione in un discorso ai parlamentari del Partito Popolare Europeo il 30 marzo 2006. Non si è trattato di una innovazione dottrinale, ma della esplicitazione e declinazione della posizione tradizionale della Chiesa. Il papa dunque, spiegando che "il principale interesse della Chiesa nell'arena pubblica è la tutela e la promozione della dignità della persona" individua tre princìpi che non sono negoziabili: "La tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale; il riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio (...); tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli".
Vita, famiglia, educazione. Sono dunque questi i princìpi non negoziabili "iscritti nella natura umana stessa e quindi comuni a tutta l'umanità". La loro promozione non ha quindi carattere confessionale e non dipende dalla religione di ciascuno.
Questi valori, in quanto strutturali all'uomo, non dipendono dalle analisi dei singoli o dei gruppi, sono un apriori che costituisce anche l'essenziale su cui si fonda l'unità dei cattolici in politica.
Qual è la differenza tra questi princìpi e gli altri, come il lavoro, la solidarietà, l'accoglienza degli immigrati e così via?
Gli altri valori non sono allo stesso livello dei princìpi non negoziabili perché non attengono alla struttura ultima, alla natura ultima dell'uomo. Vale a dire che la loro realizzazione può dare adito a opzioni politiche diverse, deve essere oggetto di collaborazione, dialogo. Mentre divorzio, aborto, eutanasia, monopolio statale dell'educazione non sono mai accettabili, il valore del lavoro - che pure è fondamentale - può essere realizzato seguendo strade diverse. Il piano industriale di una grande azienda, ad esempio, può essere un modo per realizzare il diritto al lavoro anche se passa temporaneamente da un taglio del personale se è visto in chiave di una maggiore occupazione futura. Altrettanto legittima può essere la posizione di chi nei tagli immediati all'occupazione non vede la possibilità del rilancio, ma l'impoverimento definitivo di una realtà locale.
Lo stesso vale anche per l'accoglienza degli immigrati, il rispetto della loro dignità: un valore fondamentale che però non è in contrasto, ad esempio, con una politica di rimpatri (anche se a certe condizioni), perché entrano in gioco altri valori altrettanto fondamentali - come i diritti della comunità che accoglie, il diritto allo sviluppo dei paesi di provenienza e così via - tutti comunque riconducibili alla nozione di bene comune. Insomma, si possono avere opzioni diverse per difendere uno stesso valore fondamentale, cosa che evidentemente non può accadere se ad essere messa in discussione è - ad esempio - l'unicità della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Allo stesso modo la sacralità della vita non si discute.
In altre parole, un valore è negoziabile non nel senso che è riducibile dal punto di vista teorico: non è che un immigrato può essere maltrattato un pochino. Semplicemente vuol dire che la sua realizzazione è oggetto di confronto, di dialogo, di collaborazione.
Avere chiara questa differenza è fondamentale, soprattutto in una realtà come quella attuale in Italia, dove politici che si richiamano alla Dottrina sociale della Chiesa militano in diversi schieramenti. Se non è chiaro il fondamento - e ci sembra che questa sia purtroppo la situazione generale - le singole e diverse opzioni politiche diventano esse stesse il fondamento dell'azione politica, con il risultato di una divisione profonda dei cattolici in base agli schieramenti.
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