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Lo psicologo e terapeuta Roberto Marchesini, collaboratore di varie testate come "Studi Cattolici" e "Il Timone", ci offre un saggio storico bello e incoraggiante, che ha per tema l'uccisione di un giovane militante cattolico, nella Lombardia di inizio '900, ad opera di attivisti socialisti (cfr. R. Marchesini, Martirio al Santuario. Angelo Minotti e l'Avanguardia Cattolica, Edizione D'Ettoris, Crotone 2010, pp. 100, euro 11,90. Si può richiedere al tel.: 0962.905192). «All'inizio del '900, Rho era un borgo di circa 7.000 abitanti, con una economia prevalentemente agricola» (p. 65). Angelo Minotti vi era nato nel 1890 da umile famiglia, era un giovane cattolico, impegnato in parrocchia come catechista, il quale si era distinto per il coraggio nei tre anni di prigionia che patì durante la guerra, essendo stato deportato dagli austriaci nel 1916.
Questi i fatti del martirio: «il 13 giugno del 1920 e, come ogni anno, la domenica dopo l'ottava del Corpus Domini, si festeggiava la festa del Sacro Cuore; alle due del pomeriggio, al suono delle campane, i rhodensi cominciarono ad affluire sul piazzale del santuario della Beata Vergine Addolorata. In quel momento giunse sul piazzale anche un gruppo di socialisti, arrivati a Rho con il tram da Milano per l'inaugurazione di alcune bandiere; dopo aver insultato i presenti sul piazzale, e averli offesi gridando bestemmie, spezzarono l'asta di un'orifiamma con il simbolo del comune di Rho, e bruciarono lo stendardo. I presenti tentarono di reagire, ma furono presi a bastonate; intervenne anche un oblato, padre Rebuzzini, ma venne ferito gravemente con un colpo di bastone spezzato sul suo capo. Ad un certo punto sul piazzale echeggiarono alcuni colpi di rivoltella: uno colpì Natale Schieppati, ma l'orologio da tasca deviò il colpo e gli salvò la vita; un altro ferì mortalmente Angelo Minotti, che spirò dopo mezz'ora d'agonia» (pp. 74-75).
A quei tempi almeno, davanti all'aggressione dei comunisti, i cattolici sapevano difendersi. Marchesini infatti racconta per sommi capi, ed è la parte più interessante del libro, la storia di un'organizzazione para-militare cristiana, sorta proprio a causa di queste continue sopraffazioni (cfr. pp. 53-64). Si chiamava Avanguardia Cattolica; il suo motto, "Cristo o morte", era intarsiato su un fazzoletto bianco dai bordi neri che sventolava fieramente nelle processioni pubbliche; era sostenuta, seppure in modo discreto trattandosi di un servizio d'ordine non ufficiale (ma che contò fino a 70 gruppi in Italia e circa 1500 membri!), da importanti elementi della Gerarchia, come il cardinal Ferrari e il cardinale Ildefonso Schuster (1880-1954), il quale scrisse di suo pugno il Decalogo della milizia.
Talmente pare inconsueto tutto ciò, dopo il pacifismo post-conciliare, che per mostrare al lettore del XXI secolo l'attualità e la perennità dell'ideale cavalleresco-crociato, riportiamo in extenso i 10 punti scritti da Schuster (cfr. pp. 55-56): «1. Scopo: tutela dei diritti dei Cattolici italiani coi mezzi autorizzati dalle Leggi; 2. Membri: i più generosi, già spiritualmente formati entro le file dell'Azione Cattolica; 3. Requisiti: senza macchia e senza paura; 4: Aiuti: l'uso frequente del Pane dei forti; 5. Armi: "Forti nella Fede", illuminati nella cultura religiosa, onorati nella vita; 6. Posto: sempre avanti; 7. Metodo: organizzazione compatta e che ben funziona agli ordini dei Capi; 8. Spazio vitale: in Chiesa e fuori, nei Sindacati e nell'AC, nella vita politica e civile della Patria, nel Senato e nella piazza; 9. Vantaggi: intervenire e farsi rispettare: gli assenti hanno sempre torto!; 10. Premio: Dio e il proprio diritto». L'Avanguardia Cattolica, nata nel 1919 e finita col Concilio, fu onorata da due splendidi discorsi laudativi, riportati in appendice nel saggio di Marchesini (pp. 83-95): uno del 1948 tenuto da Papa Pio XII, a Roma, il 4 gennaio del 1948, e il secondo letto dal cardinal Montini, futuro Paolo VI, a Milano, nel 1955.
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