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La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha messo al bando il burqa, il velo islamico che copre il corpo della donna dalla testa ai piedi, lasciando scoperti solo gli occhi. D'ora in poi, dunque, non sarà più possibile per le persone di fede islamica aggirarsi nei luoghi pubblici con il volto coperto, se non col rischio di subire pesanti sanzioni.
Da più parti tale provvedimento è stato rubricato come una importante vittoria dell'universo femminile, non più "costretto", almeno in Italia, a doversi nascondere dietro un velo, simbolo di una cultura maschilista e non rispettosa della dignità della donna. Non sono mancate le reazioni contrarie al provvedimento, ritenuto lesivo del diritto alla libertà religiosa e all'autodeterminazione femminile (nel caso in cui indossare il burqa è liberamente scelto dalla donna islamica).
Da parte nostra, ci sentiamo di fare alcune osservazioni: il divieto di indossare il burqa è un atto necessario e doveroso (che giunge con colpevole ritardo) dal momento che nel nostro Paese non è consentito nascondere la propria identità nei luoghi pubblici, per ovvi motivi di sicurezza; le regole della convivenza civile sono stabilite da ciascuno Stato e coloro i quali lasciano, volenti o nolenti, il proprio luogo d'origine hanno l'obbligo di uniformarsi alla cultura ed alle leggi del Paese che li ospita. La questione, ci sembra, è tutta qui e tirare in ballo la dignità della donna è fuorviante e contraddittorio nonché sintomo di una società priva di argomenti validi e succube del politicamente corretto.
Innanzitutto, cos'è dignitoso per la donna, nascondere il proprio corpo o esibirlo? Cosa è veramente lesivo della sua dignità, portare un velo coprente come si usa nei Paesi islamici oppure portare abiti scandalosamente succinti com'è d'abitudine nel mondo occidentale? E ancora: è più rispettosa del genere femminile una cultura che non concede diritto di cittadinanza alla ostentazione del corpo oppure una cultura che ne fa commercio (pornografia, nudismo, esibizionismo ecc.)?
Il mondo occidentale, ormai ridotto in frantumi dal relativismo e dalla secolarizzazione, pretende di insegnare ed esportare valori, norme e comportamenti di cui ha una concezione totalmente distorta. Se prendiamo ad esempio il concetto di dignità dell'essere umano possiamo rilevare che per il mondo scristianizzato un atto dignitoso è togliersi la vita (eutanasia o "buona morte"), oppure toglierla ad un essere innocente (aborto e fecondazione artificiale come diritti della donna), oppure trasformare il matrimonio indissolubile tra un uomo ed una donna in un semplice contratto tra le parti (divorzio, convivenze, unioni di fatto ecc.).
Dalla minaccia islamica e dalle derive antiumane non ci si difende con le armi spuntate del laicismo, del relativismo e degli pseudo diritti civili bensì volgendo lo sguardo, il cuore e l'intelligenza a Colui che è la Via, la Verità e la Vita, a Colui che ha donato ad ogni uomo la suprema dignità dell'essere figlio di Dio.
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