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Non c'erano certo dubbi in proposito: le elezioni in Francia e Grecia hanno fornito chiare risposte non solo sulla politica locale, ma anche e soprattutto sugli equilibri dell'Unione Europea e dell'Europa intera.
Nonostante le poco lucide dichiarazioni di "estrema soddisfazione" da parte di alcuni esponenti del centro-sinistra italiano, la vittoria in Francia del candidato socialista François Hollande contro il presidente uscente Nicolas Sarkozy non rappresenta affatto una "rinascita socialista" in Europa: basterebbe fare un piccolo sforzo di memoria per ricordare la recente disfatta di Zapatero in Spagna. Oppure possedere sufficiente onestà intellettuale per spostare lo sguardo verso la Grecia e accorgersi della clamorosa sconfitta proprio dei socialisti.
No, cari Bersani e combriccola: non c'è nessuna voglia di centro-sinistra in Europa.
La vittoria di Hollande, abbinata al grande risultato di Marine Le Pen al primo turno, rappresenta semmai la caduta dell'asse Sarkozy-Merkel, la sconfitta della linea dell'europeismo ad oltranza, la "debacle" dei vassalli dell'euro, della Bce e della finanza speculativa. Ha perso Sarkozy, presidente uscente, non in quanto uomo di centro-destra, ma in quanto autorevole (si fa per dire) rappresentante della linea dell'austerità e dell'asservimento agli umori dei mercati. Un chiaro messaggio a questa Unione Europea e alle manie dittatoriali di Angela Merkel, ora orfana del suo principale alleato (o zerbino?).
François Hollande si avvia a diventare presidente di Francia con il 53-55% dei voti al ballottaggio. E questo perché, in campagna elettorale, ha promesso di puntare sulla crescita economica e di combattere la crisi utilizzando armi diverse dal rigore e dall'austerità. Ha garantito discontinuità, ha fatto capire che con lui presidente non sarà Angela Merkel a comandare, e che non saranno i mercati e la finanza a decidere le sorti della Francia. Ha assunto posizioni al limite dell'anti-europeismo. Ed è stato premiato dal popolo transalpino.
Manterrà le promesse? Difficile pensarlo. In tutta Europa, dalla Germania alla Spagna, così come in Italia, i governi e gli esponenti di centro-sinistra sono sempre stati più sensibili e ben disposti a soddisfare le esigenze dell'Ue e, diciamolo pure, delle lobby riconducibili al mondo dell'alta finanza e delle banche: da Prodi a Zapatero, per non dimenticare il tedesco "kapò" Martin Schulz, forse l'europarlamentare più europeista tra gli europeisti, presidente del gruppo dell'Alleanza Progressista dei Socialisti e attuale presidente del parlamento europeo.
Certo, le medesime posizioni in Francia sono state assunte da Nicolas Sarkozy, che pure socialista non è. Ed è stato bastonato dai francesi.
Non abbiamo in realtà veri motivi per non credere che François Hollande possa garantire una certa discontinuità sia dalla quasi totalità dei socialisti europei sia dal predecessore Nicolas Sarkozy: anzi, possiamo pure augurarcelo, pur con tutti i dubbi del caso. L'importante è che i dati elettorali che gli assegnano la vittoria vengano letti e interpretati nel modo giusto.
Assai più ingarbugliato lo scenario greco, dove il clima di "anti-europeismo dilagante" è ancora più evidente.
I dati parlano chiaramente di una netta sconfitta dei partiti pro-euro, e di una sonora batosta dell'attuale coalizione di "larga intesa" che appoggia il governo tecnico guidato dal banchiere Lucas Papademos: Nea Dimokratia, centro-destra, si attesta a poco meno del 20%; ancora peggio il Pasok, socialisti, che non arriva al 17%. La "grande coalizione" a sostegno del governo tecnico non raggiunge, insieme, il 40%. Esattamente come se in Italia la somma Pd-Pdl-Terzo Polo si attestasse intorno al 37-38%.
Avanza, nonostante le beote sirene allarmistiche circa un fantomatico pericolo "neo-nazista", la lista Chrysi Avgi (Alba d'oro), di estrema destra, che dallo 0,5% delle precedenti elezioni si appresta ad ottenere un risultato vicino al 7% e ad entrare per la prima volta in parlamento. Ma cresce tantissimo pure l'estrema sinistra Syriza, il cui risultato è di poco inferiore a quello dei socialisti: 15-16%.
Lo scenario che si profila per la Grecia è quello di un pericolo di ingovernabilità, anche se con il sistema del premio di maggioranza è molto probabile che la coalizione Nea Dimokratia-Pasok riesca ad ottenere di poco la maggioranza assoluta dei seggi. Ma con molta fatica, e una maggioranza scricchiolante e facilmente ricattabile.
Il quadro è chiaro: hanno vinto i partiti estremisti, ma soprattutto anti-europeisti.
Non è un caso che il primo a mostrarsi preoccupato sia stato proprio il premier italiano, Mario Monti, europeista doc.
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