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Gentile redazione di BastaBugie,
vi chiedo l'accortezza e la delicatezza di mantenere il mio anonimato.
Ho letto l'articolo su Concetta Della Corte e mi sono molto rattristata per la frase "morire ma non peccare" ed il commento che ne è seguito: cosa significa? Che una bambina o ragazza o donna che riceve abusi o viene violentata, ha preferito il peccato? Ma perché la colpa viene sempre gettata sulla vittima? In alcuni paesi le vittime di violenza vengono frustate per lo stesso ragionamento, perché il loro carnefice è riuscito a violentarle. Io da ragazzina ho subito un tentativo di violenza, non riuscito, perché ho lottato e perché degli estranei hanno sentito le mie urla e sono accorsi in mio aiuto... ma se non fossero venuti non avrei avuto ancora forza per lottare... assicuro che però ero già morta. Mentre lottavo, per me era una lotta per la vita, un grido di vita contro un male assurdo e mostruoso.
Cosa ne sapete del dolore, del terrore, di tutto l'orrore che ho dovuto affrontare poi per anni? La fiducia persa nel prossimo. I comportamenti irrazionali dettati dalla paura che non sempre è giustamente gli altri hanno la pazienza di reggere. Sono stata fortunata perché ho trovato persone che mi hanno amato nonostante i miei comportamenti difensivi, ma ho sofferto moltissimo.
Una donna già muore quando si trova davanti un uomo con gli occhi vuoti, una voragine di male, che la guardano come fosse una cosa... Per favore, basta! Basta dare la colpa alle vittime! Una donna violentata non ha deciso di peccare, semplicemente l'uomo è stato più forte fisicamente. E cosa dovrebbe fare lei, se lui decide di non ucciderla anche fisicamente? Ormai violata, se non ha la "fortuna" di essere uccisa anche nel corpo, secondo voi, cosa dovrebbe fare? Santa, perché ha il coraggio di non suicidarsi? O forse dovrebbe farsi frustare a sangue perché la natura non l'ha resa più forte dell'uomo? Lasciate in pace le vittime e non accusatele più. Impariamo tutti a dare un nome alle cose e a riconoscere le reali responsabilità.
Grazie e cordiali saluti.
Una lettrice
Gentile lettrice,
francamente resto allibito dalla mancanza di logica della sua lettera. E capisco che l'attuale clima culturale che ha inventato la parola "femminicidio" per esasperare ulteriormente gli animi senza risolvere, anzi aggravando il problema, non aiuti a un clima sereno per valutare con oggettività e logica.
Certamente capisco il dolore provato per la sua triste esperienza, ma l'articolo in questione semplicemente narrava la tragica storia di Concetta Della Corte che non riuscì a sposare il ragazzo che voleva, ma fu addirittura uccisa da un altro ragazzo che la pretendeva (con la forza e la minaccia).
Non capisco quindi perché la frase "morire ma non peccare" le sia di disturbo. Concetta Della Corte, come Santa Maria Goretti, non acconsentì a chi voleva averla con la forza.
Quando lei si domanda (come se noi pensassimo questo) se "una bambina o ragazza o donna che riceve abusi o viene violentata, ha preferito il peccato" ci attribuisce pensieri che mai abbiamo avuto, né scritto. Chi subisce violenza è la vittima, il peccato sta nell'abuso e quindi attribuibile al violentatore.
Può rileggere, con più calma, l'articolo da noi pubblicato e vedrà che potrà apprezzare la storia di Concetta Della Corte [leggi: QUESTO MATRIMONIO NON S'HA DA FARE, ALTRIMENTI... 24 COLPI DI PISTOLA, clicca qui].
Comunque, giusto per vedere che si parla di storie che continuamente accadono e a cui la Chiesa dà il giusto risalto in difesa delle donne che subiscono violenze e soprusi, ecco l'articolo in cui si rende conto della beatificazione di Anna Kolesarova, martire a 16 anni per la castità. Pur di non farsi violentare dai soldati sovietici, la giovane cattolica slovacca si fece uccidere. La sua storia riafferma il valore della castità come ideale della vita.
Ecco l'articolo di di Marek Ondrej pubblicato nell'Osservatore Romano del 29 giugno scorso:
Si oppose a chi voleva usarle violenza e per questo morì da martire. Si chiamava Anna Kolesárová, la giovane slovacca che il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza di papa Francesco, beatifica sabato 1° settembre, a Kosice in Slovacchia. È la prima beatificazione presieduta dal porporato dopo la sua nomina a prefetto. Nata a Vysoká nad Uhom, nella Slovacchia dell'est, il 14 luglio 1928, fu battezzata il giorno successivo, nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, nel vicino paese Pavlovce nad Uhom. Dal 1934 al 1942 frequentò la scuola popolare primaria nel paese nativo, ottenendo dopo otto anni un diploma con ottimi risultati finali.
Un anno prima della seconda guerra mondiale, il 14 maggio 1938, ricevette la cresima nella chiesa di Pavlovce nad Uhom. Aveva dieci anni e da poco aveva fatto la prima comunione, che abitualmente veniva celebrata intorno a quell'età. A casa ricevette una salda educazione religiosa da parte dei genitori, che si affiancò a quella dei sacerdoti della parrocchia e della scuola. Venendo da una famiglia profondamente cattolica, Anna Kolesárová frequentava regolarmente la comunità parrocchiale, partecipando alla messa e accostandosi frequentemente ai sacramenti. Il 15 aprile 1942, quando aveva tredici anni, morì la sua mamma all'età di 51 anni e tutto il lavoro domestico ricadde sulle sue spalle. La giovane ragazza continuò a vivere con il padre e con il fratello maggiore.
La guerra, con tutte le sue crudeltà, modificò sostanzialmente il tenore di vita di questa ragazza. L'avanzare del fronte sovietico verso ovest provocò, nel corso del 1944, il ritiro delle truppe tedesche e l'avvento di quelle russe. La giovane e bella vita di Anna venne stroncata improvvisamente. La ragazza, allora sedicenne, fu uccisa a colpi di fucile la sera di mercoledì 22 novembre 1944, davanti agli occhi di suo padre, nella casa dei genitori. Quella sera, insieme con la sua famiglia e i vicini, si nascose nella cantina ubicata sotto la cucina della loro abitazione per sfuggire ai combattimenti in corso nella zona. Ma un soldato russo entrato nella casa scoprì il loro il nascondiglio.
Il padre chiese alla figlia di preparare qualcosa da mangiare per il soldato, ma questi cominciò a importunare la ragazza. Viste le resistenze della giovane e la sua fermezza nel difendere la propria castità, il soldato dapprima le ordinò di dare l'addio al padre e al fratello, e dopo che Anna pronunciò le parole: «Gesù, Maria, Giuseppe, vi consegno la mia anima», le sparò due colpi mortali.
Anna fu sepolta nel cimitero di Vysoká nad Uhom. Le esequie furono celebrate dal parroco una settimana dopo la morte, il 29 novembre 1944. In quell'occasione il sacerdote sottolineò che la ragazza morì in grazia di Dio, visto che poco prima della sua morte l'aveva accolta in chiesa per una confessione e le aveva dato la comunione. Lo stesso parroco riportò nel libro dei defunti della parrocchia la causa della morte con l'annotazione: Hostia sanctae castitatis, "sacrificio di santa castità".
Anna Kolesárová è una delle ragazze giovani che hanno difeso la verginità con il martirio. La sua storia riafferma il valore della castità come ideale della vita. Anna si propone come modello alla gente di oggi e soprattutto ai giovani, affinché riscoprano la bellezza di un vero amore e il valore della virtù della purezza nella loro vita.
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