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L'episodio della Trasfigurazione, su cui facciamo attenzione in questa seconda domenica di quaresima, ci invita a dare uno sguardo oltre il visibile. Infatti la nostra vita non è solo ciò che vediamo con gli occhi, ma c'è una dimensione più profonda, una luce che Dio vuole mostrarci.
Immaginiamo dunque di essere uno dei discepoli: Pietro, Giovanni o Giacomo. Gesù ci chiama a seguirlo in un luogo appartato, su un monte, per pregare. Non sappiamo cosa accadrà, ma siamo disposti a fidarci e a camminare con Lui. Poi, improvvisamente, qualcosa di straordinario avviene: Gesù cambia aspetto, la sua veste diventa sfolgorante, e accanto a Lui appaiono Mosè ed Elia.
È un momento di rivelazione, di luce, di bellezza. Ma è anche un momento che interpella i discepoli e ciascuno di noi. Dio vuole mostrarci qualcosa di più grande della nostra comprensione quotidiana. Vuole aprire i nostri occhi alla Sua realtà.
Gesù infatti sale sul monte per pregare e proprio mentre prega il suo volto cambia aspetto e la sua veste diventa splendente. Questo ci dice che la preghiera non è solo parlare a Dio, ma è anche il luogo in cui Dio si rivela a noi. Nella preghiera dobbiamo quindi non solo parlare a Dio, ma soprattutto fare silenzio per sentire cosa Lui ha da dirci.
Inoltre non dobbiamo dimenticarci che Dio si manifesta nei momenti più inaspettati: in un incontro significativo, in una parola che ci tocca nel profondo, in una bellezza che ci sorprende. Ma noi, come i discepoli, rischiamo di essere addormentati, troppo presi dalle nostre preoccupazioni per accorgercene.
Chiediamoci in quali momenti abbiamo percepito una luce speciale nella nostra vita. Dobbiamo anche domandarci se siamo attenti ai segni della presenza di Dio nella quotidianità oppure se siamo distratti da altre cose. Se diamo spazio alla preghiera e se questa è un semplice dovere o un momento in cui ci mettiamo in ascolto per incontrare Dio.
Pietro durante la trasfigurazione è sorpreso e forse un po' confuso. Per questo dice a Gesù: "Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia" (Lc 9,33). È una reazione spontanea: quando viviamo un momento bello, profondo, intenso, vorremmo fermarlo, trattenerlo. Ma Gesù non risponde alla proposta di Pietro, perché il monte non è il punto di arrivo, ma solo una tappa del cammino. Questo accade anche nella nostra vita: ci sono momenti in cui sentiamo la presenza di Dio in modo forte - in una preghiera, in un ritiro, in un pellegrinaggio - e vorremmo che durasse per sempre. Ma la fede non consiste nel restare in quei momenti, ma nel lasciarsi trasformare da essi per affrontare la vita di ogni giorno con uno sguardo nuovo.
Dopo la visione, una nube avvolge i discepoli e una voce dal cielo dice: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!" (Lc 9,35). Poi, quando la nube si dissolve, Gesù è di nuovo solo, nella sua semplicità quotidiana. Questo passaggio è fondamentale: Dio non chiede ai discepoli di cercare sempre segni straordinari, ma di ascoltare Gesù. La vera fede non è fondata sulle emozioni forti, che a volte ci possono essere, ma principalmente sulla fiducia in Lui, anche quando non ci sono luci particolari o momenti di euforia spirituale. Dobbiamo camminare con Gesù anche quando il cielo si oscura, quando la vita diventa faticosa, quando sembra che Dio sia lontano. La voce del Padre ci ricorda che la strada giusta è quella di ascoltare Gesù e fidarsi di Lui, anche quando non comprendiamo tutto.
Alleniamoci ad ascoltare Gesù: nel Vangelo, nelle persone che incontriamo, nei piccoli segni che Dio ci manda ogni giorno. Facciamo qualche proposito concreto per avere anche noi un tempo quotidiano di preghiera "sul monte": cerchiamo un momento in cui spegnere il cellulare, stare in silenzio e ascoltare Dio. Lasciamoci illuminare da Lui e portiamo questa luce nel mondo!
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