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Il professor Adriano Prosperi ed Ezio Mauro ammetteranno il clamoroso errore? Io penso che, da persone serie, bisogna aspettarselo. Ieri sulla prima pagina di Repubblica infatti è uscito un editoriale dello storico che ha un finale pesantissimo con la Chiesa, ma basato su una notizia letteralmente falsa, smentita dalla stessa cronaca di Repubblica.
Parlando della fanciulla di 9 anni, di Recife in Brasile, che è stata violentata, è rimasta incinta ed è stata fatta abortire, l’editoriale di Prosperi (peraltro letto, quindi amplificato, pure alla rassegna stampa di Radio Radicale), tuonava infatti contro “la durezza atroce, disumana della condanna ecclesiastica che ha colpito con la scomunica la bambina brasiliana e i medici che ne hanno salvato la vita facendola abortire”.
Ora sarebbe bastato che l’autore dell’articolo sfogliasse i giornali, compreso il suo, per accorgersi che la bambina brasiliana non è mai stata scomunicata e anzi, per la Chiesa, è la vittima di una società disumana, da colmare di amore materno. Anche dalla Repubblica risultava infatti che il pronunciamento (sbagliato) del vescovo di Recife non riguardava la fanciulla per la quale il presule ha avuto parole di comprensione. Nell’articolo di Repubblica del 6 marzo, firmato da Orazio La Rocca, si legge: “l’arcivescovo di Recife, nello specificare che il provvedimento non riguarda la bambina, puntualizza che il ‘peccato’ d’aborto ricade esclusivamente sui medici e ‘chi lo ha realizzato - si è augurato il presule spiegando i termini del provvedimento - si spera che, in un momento di riflessione, si penta’ ”.
Non solo. E’ noto che sull’Osservatore romano del 15 marzo è uscito l’autorevole editoriale di monsignor Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la vita, che si intitolava significativamente “Dalla parte della bambina brasiliana” e sconfessava di fatto, anche per quanto riguarda l’anatema sui medici, il vescovo di Recife, per il suo pronunciamento inopportuno e non improntato anzitutto alla misericordia e alla prudenza su un caso tanto delicato.
Fisichella, pur ribadendo le norme del codice di diritto canonico sull’aborto, ha sottolineato che questo caso specifico è molto particolare dal punto di vista della teologia morale, trattandosi della violenza su una bambina la cui vita era messa in pericolo dalla gravidanza stessa, quindi non ci si doveva affrettare a tuonare con quel giudizio che somiglia a una mannaia: “Carmen”, ha scritto Fisichella sull’Osservatore, parlando idealmente alla bambina, “stiamo dalla tua parte. Condividiamo con te la sofferenza che hai provato, vorremmo fare di tutto per restituirti la dignità di cui sei stata privata e l’amore di cui avrai ancora più bisogno. Sono altri che meritano la scomunica e il nostro perdono, non quanti ti hanno permesso di vivere e ti aiuteranno a recuperare la speranza e la fiducia. Nonostante la presenza del male e la cattiveria di molti”.
Di tutto questo non c’è traccia nell’editoriale di Prosperi che ha sentenziato, senza informarsi, parlando di “durezza atroce, disumana della condanna ecclesiastica che ha colpito con la scomunica la bambina”. Sorprende pure lo stato maggiore della Repubblica che ha collocato in prima pagina l’editoriale di Prosperi senza accorgersi che capovolgeva la verità dei fatti che la stessa Repubblica aveva riportato.
A cosa si deve un così clamoroso errore? Non volendo pensare a malafede bisogna attribuirlo a ignoranza o superficialità. Ma Prosperi non è un qualsiasi frettoloso cronista di provincia: è, se non sbaglio, un accademico, un esimio storico, uno di quegli intellettuali togati che fa gli occhi alle pulci e che ben conosce il dovere assoluto di documentarsi prima di scrivere e soprattutto prima di emettere sentenze di condanna di quella gravità.
In questo caso documentarsi era facilissimo perché tutti i giornali hanno riportato la cronaca. Non voglio pensare che anche il professor Prosperi sia così roso da furore anticlericale da ritenere che, quando c’è da bombardare la Chiesa, non sia necessario essere rigorosi, documentarsi e rispettare la verità dei fatti.
Ma il pregiudizio ideologico – che di questi tempi, a Sinistra, rasenta il fanatismo anticlericale – gioca brutti scherzi e, in questo clima avvelenato nel quale si tende quotidianamente al linciaggio morale della Chiesa, anche gli intellettuali più titolati rischiano, per faciloneria o faziosità, di accodarsi alla corrente e trovare qualche buccia di banana.
L’invettiva di Prosperi del resto è andata avanti per molte righe. Accennando vagamente all’articolo di Fisichella l’ha liquidato con una riga: “di fatto non risulta che quella scomunica sia stata cancellata”. Ma se non c’è mai stata alcuna scomunica per la bambina (neanche del vescovo di Recife) come poteva essere cancellata? Oltretutto la scomunica “latae sententiae” non prevede una cancellazione formale, ma semplicemente il confessionale. Ma Prosperi non si attarda a ragionare sui fatti e prosegue la sua invettiva: “Il corpo della donna resta ancora per questa Chiesa un contenitore passivo di seme maschile”.
E qui siamo al problema: Prosperi ha una teoria, sintetizzata da questa terribile frase, e ci teneva a ribadirla. Se i fatti contraddicono la teoria, tanto peggio per i fatti. Basta ignorarli. Questo modo di procedere si chiama ideologia. Nel merito della tesi di Prosperi, fra l’altro, obietterei che è semmai la moderna mentalità laica e libertaria che trasforma la donna in un “contenitore passivo di seme maschile”. Ma Prosperi non sembra sfiorato da dubbi e sbrigativamente mette al rogo la Chiesa, in un processo sommario che condanna la strega cattolica imputandole il falso.
Con la virulenza di un inquisitore laico il professore tira un’ultima legnata tuonando che per questa Chiesa “l’anima di una bambina brasiliana è meno importante di quella di un vescovo antisemita e negazionista”. Il riferimento è a Williamson. A Prosperi non interessa che la bambina mai sia stata scomunicata e anzi sia stata abbracciata dalla Chiesa come Gesù crocifisso, con lo stesso amore materno. A Prosperi non interessa neppure che Williamson sia e resti sospeso a divinis: non ha una funzione canonica e non è abilitato a esercitare legittimamente né l’episcopato né il sacerdozio (inoltre il Vaticano gli ha intimato di rinnegare “in modo assolutamente inequivocabile e pubblico” le sue assurde dichiarazioni sulla Shoah). Questi sono i fatti. Ma chi vive di pregiudizio non ha bisogno dei fatti. Quando i fatti disturbano le opinioni, tanto peggio loro.
Tra i fatti rimossi e ignorati dal pensiero dominante ce ne sono due immensi e tragici: 1) l’enormità, in ogni caso, del fenomeno dell’aborto nel mondo (circa 50 milioni di casi ogni anno) su cui non si può sorvolare con superficialità; 2) quello che la Chiesa ha dovuto subire nell’ultimo secolo: un macello senza eguali, persecuzioni sotto tutti i regimi che hanno fatto decine di milioni di vittime cristiane, accompagnate da massicce campagne di calunnie perpetrate dai totalitarismi del Novecento. Una tragedia per la quale la Chiesa meriterebbe almeno un minimo di rispetto e soprattutto la fine del rancore pregiudiziale che la cultura laica progressista nutre tuttora contro di essa.
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