I DISASTRI DELLA GESTIONE DELLA PANDEMIA
In Italia si fanno meno figli, non si hanno i soldi per le medicine e aumentano i casi di ansia e depressione
di Raffaella Frullone
La (non) notizia è su tutti i giornali di oggi. Così come da ieri è sulla home page dei siti delle principali testate italiane, l'hanno data le agenzie come i Tg. Vediamo qualche titolo. Repubblica: «Istat, record denatalità: 15mila nascite in meno nel 2020. E già 12.500 nel 2021 - La pandemia accelera una tendenza che va avanti ormai da anni. Il numero medio di figli di donne italiane è stato dell'1,17, è il numero più basso di sempre». Ansa: «Istat: il Covid svuota le culle, 12.500 nuovi nati in meno in Italia nel 2021Mai così pochi figli per donna, scendono a 1,17 bambini a testa». Corriere: «Istat, nascite in calo in Italia: nuovo record negativo. È recessione demografica».
In gergo si dice che non c'è la notizia. Perché la notizia ovviamente non è che un cane morda un uomo, casomai che l'uomo morda un cane, e nell'ultimo report dell'Istat non c'è niente di nuovo sotto il sole. L'Italia è un Paese per vecchi e la pandemia - sì quella che doveva "renderci migliori" - non ha fatto che accentuare la tendenza già in atto alla recessione demografica. 405mila nascite a fronte di 740mila decessi. Un saldo tra nati e morti che nel 2020 segna quindi -335 mila italiani, un valore inferiore, scrive il Corriere: «solo a quello record del 1918 (-648 mila), quando l'epidemia di "spagnola" contribuì a determinare quasi la metà degli 1,3 milioni di decessi registrati in quell'anno». Il rapporto evidenzia che «alle conseguenze della pandemia sull'eccesso di mortalità si sono aggiunte le ripercussioni che le misure volte a contenere la diffusione dei contagi hanno prodotto sulla vita delle persone in termini di restrizioni degli spostamenti sul territorio».
A questo proposito solo qualche giorno fa la rivista scientifica Lancet stimava un aumento globale di 53 milioni di casi di depressione e di 76 milioni per disturbi d'ansia nel 2020. Un dato che fa il paio a quello redatto dall'Istituto Piepoli redatta per il Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, secondo cui sono aumentati dell'83% i disturbi legati all'ansia, del 72% i problemi di depressione e del 61% quelli relazionali. Chiaramente un quadro che cancella dall'orizzonte la fiducia, e quello slancio necessario per aprirsi alla vita anche quando tutto intorno sembra scoraggiarlo.
Aggiungiamo poi un dato che l'Istat non considera, ma noi sì: sono stati 67.638 gli aborti dell'anno 2020. Quasi settantamila cittadini italiani.
Si parla tanto di "salvare il Natale", di "ripartenza" e di "crescita" ma non ce n'è nemmeno l'ombra. La pandemia non ci ha reso migliori. Solo che lo ammettiamo unicamente di fronte ai numeri, in questo caso delle culle vuote. Eppure non c'è natalità da salvare se non si prende atto che è il Natale a salvare noi. Solo uno sguardo rivolto al cielo può spalancare la vita terrena alla speranza e invertire la rotta di un Paese che sembra aver perso fiducia nei suoi figli.
Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo seguente dal titolo "Non ci sono soldi per curarsi: la colpa è dei governi" spiega che nel 2021 c'è un aumento del 37,63% di poveri non in grado di acquistare medicinali di cui hanno bisogno. Non è un effetto della pandemia ma della sua sciagurata gestione.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 dicembre 2021:
Pochi giorni fa è stato presentato il IX Rapporto sulla povertà sanitaria a cura del Banco Farmaceutico, e ciò che emerge non può certo stupire. Quasi 600mila persone (597.560 per l'esattezza) nel 2021 non sono in grado di acquistare medicinali di cui hanno bisogno, un aumento del 37,63% sull'anno precedente. Un'impennata mostruosa. E non stiamo parlando di chissà quali farmaci, anche uno sciroppo per la tosse - male di stagione - è fuori dalla portata. Peraltro, ci dice ancora il Banco Farmaceutico, «nonostante il forte universalismo del nostro Servizio sanitario Nazionale, il 42,2% della spesa farmaceutica è a carico delle famiglie».
Se consideriamo che i poveri hanno mediamente un budget sanitario mensile di 10,25 euro, possiamo immaginare cosa ne possa uscire in termini di farmaci e visite mediche. Ma il problema dal punto di vista sanitario riguarda tutti, poveri e non poveri: il Rapporto ci dice che ben 4 milioni 83mila famiglie (poco meno di 10 milioni di persone) «ha risparmiato sulle cure, limitando il numero di visite e degli accertamenti o facendo ricorso a centri diagnostici e terapeutici più economici».
I numeri parlano da soli e per il 2022 possiamo aspettarci anche di peggio visto l'andazzo. C'è però una questione da sottolineare: quando si parla di dati economici negativi, si usa dire «a causa della pandemia», e anche il Banco Farmaceutico lo fa. Ma è una affermazione imprecisa, sarebbe giusto dire «a causa della gestione della pandemia». E già, perché quanto è accaduto e sta accadendo sul piano politico non è l'esito ineluttabile di un grave problema sanitario.
Questa è la narrazione romanzata del governo, che poi ci racconta come ha agito bene per minimizzare gli effetti negativi. Invece è l'esito di una strategia sciagurata che ha puntato dall'inizio su un lockdown in stile cinese, applicato in modo drastico a tutti e ovunque senza considerare le diversità da regione a regione e per fasce di popolazione.
Si è bloccata l'intera economia del paese, in attesa poi di un vaccino "salvifico" che avrebbe per incanto risolto tutti i problemi. Non contenti, i nostri governanti - da Roma fino all'ultima delle Regioni - presi da furia vaccinista stanno creando ulteriori problemi all'economia e al mondo del lavoro in nome dell'assurda caccia ai non vaccinati. Il risultato di queste scelte è sotto gli occhi di tutti: popolazione in gran parte vaccinata, ma ormai nella prospettiva di un buco ogni 3-5 mesi, con il virus ancora in crescita e la quasi certezza di nuovi, dolorosi, lockdown (e non solo per i non vaccinati). E nel frattempo la popolazione si è impoverita, con la facile previsione che il peggio debba ancora venire.
L'avevamo detto fin dall'inizio che sarebbe finita così e che è criminale mettere in contrapposizione salute ed economia e considerare il Covid come fosse l'unica malattia grave da affrontare. Basta solo un po' di buon senso per capirlo, se non ci sono soldi peggiora anche la salute: se non si produce ricchezza non ci saranno neanche fondi per l'assistenza sanitaria; se non si lavora e porta a casa uno stipendio decente, non c'è la possibilità di curarsi per malattie banali, figurarsi se capita qualcosa di serio.
Senza considerare che il clima di terrore creato e le scelte di politica sanitaria (vedi ad esempio aver boicottato in ogni modo le cure domiciliari e la medicina del territorio), con gli ospedali diventati cittadelle Covid, hanno provocato gravi conseguenze per la diagnosi e la terapia di altre patologie gravi.
Sarebbe interessante se i ricercatori dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, che curano il Rapporto sulla povertà sanitaria, facessero un ulteriore passo in avanti e calcolassero anche la mortalità dovuta alla povertà sanitaria o quanto questa incida sulla speranza di vita. Sarebbe un contributo importante per avere un quadro completo delle responsabilità di questa inetta classe politica.
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Titolo originale: Quelle culle vuote non sono una notizia. Purtroppo
Fonte: Sito del Timone, 15 dicembre 2021
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