LA SUORA IN PURGATORIO CHE HA LASCIATO LA SUA IMPRONTA
A un passo dal matrimonio un male inguaribile la ridusse in fin di vita, così fece voto alla Vergine che se fosse guarita si sarebbe consacrata nel convento francescano di Foligno, ma il bello viene dopo la sua morte...
di Rino Cammilleri
L'attivissimo don Marcello Stanzione qualche anno fa su Aleteia.org portò alla luce un caso singolare riguardante una mano impressa soprannaturalmente a fuoco su una porta, fatto appurato da un'inchiesta vescovile e ancora visibile nel convento delle terziarie francescane di Foligno.
La protagonista era una suora corsa, Maria Gesta, nata a Bastia nel 1797 e figlia di Domenico, un facoltoso commerciante. Già da bambina ebbe problemi: una spina di pesce che le si era conficcata nell'unghia quasi la invalidò (la ferita ci mise anni a guarire), costringendola a usare per sempre l'altra mano, la sinistra. Giunta all'età giusta il padre la fidanzò a un bravo giovine, cosa che lei accettò per obbedienza pur se già si sentiva attratta dal chiostro. Ma a un passo dalle nozze sopravvenne un male inguaribile che la ridusse in fin di vita. Tumore, dissero i medici. Sul petto. Però la medicina dell'epoca non brillava né per diagnosi che per rimedi, tanto che si pensò seriamente a un trapianto di pelle dopo l'asportazione. Per fortuna non ce ne fu bisogno: non erano riusciti ad aver ragione di una semplice lisca di pesce, figurarsi che cosa avrebbero combinato con quel tumore esterno. Chi fa da sé fa per tre, e Maria si rivolse direttamente in alto.
Una notte che il male non la faceva dormire fece voto alla Vergine: se fosse guarita si sarebbe consacrata in religione. L'indomani si svegliò completamente sana e subito mantenne. Due nobili umbri: Filippo e Stefano Bernabò, esiliati in Corsica per non avere voluto giurare fedeltà a Napoleone, le trovarono il posto: il convento delle terziarie francescane di Sant'Anna a Foligno. Così, nel 1825 la Nostra divenne suor Teresa Margherita e subito prese il nuovo ruolo con la massima serietà.
Espletava tutti i servizi più umili sempre col sorriso sulle labbra. Per sé sceglieva panni vecchi e rattoppati, vestendo di quel che le altre scartavano. Del suo corredo donò tutto alle consorelle, tenendo per sé lo strettissimo essenziale e prediligendo sempre le tele più ruvide e navigate. La sua cella rasentava lo squallido: dormiva su un saccone di paglia e non usava praticamente mobilio. Una così zelante non poteva non essere scelta per le varie cariche dopo aver espletato tutte le mansioni.
Gli ultimi tre anni, dei trentatré trascorsi in convento, la videro addirittura come badessa. E fu in tale veste che morì. Il 4 novembre 1859, dopo la refezione a mensa, mentre scriveva una lettera al fratello fu colpita da apoplessia e stramazzò sul pavimento. La soccorsero quando si insospettirono per la sua assenza agli atti comuni. Cioè, troppo tardi. Morì la notte stessa e fu sepolta nel cimitero del convento. Ma è adesso che comincia il bello.
LA VOCE DELLA MORTA
Dopo tre giorni dalla morte, alcune suore dissero di aver sentito come dei lamenti provenire dalla cella della defunta. Lì per lì si pensò a fantasie di donne impressionabili. Ma suor Anna Felice Meneghini da Montefalco, che era una tosta, udì proprio la voce della morta, che conosceva bene avendola avuta come compagna in diversi incarichi. Proveniva dalla stanza dei guardaroba. E lei e suor Teresa Margherita, erano state insieme come guardarobiere per anni. Vi si diresse, frugò dovunque, aprì tutti gli armadi. Niente. D'un tratto la stanza si riempì di fumo e la voce si palesò ancora, lamentandosi. La suora, fattasi forza, chiese il perché di quei lamenti. La voce rispose che era per via della povertà se si trovava in Purgatorio. Quell'altra trasecolò: la defunta aveva vissuto quasi da misera, di cosa era incolpata? La voce chiarì che, sì, lei aveva amato la povertà ma, da badessa, non aveva vigilato affinché anche le altre la osservassero a puntino. Poi aggiunse che non l'avrebbe sentita mai più ma le avrebbe lasciato una prova della sua presenza. Ci fu come un gran colpo sulla porta e suor Anna Felice vide la sagoma della defunta uscire dalla stanza. Subito il fumo scomparse e accorse tutto il convento.
Suor Maria Angelina Torelli e suor Maria Vittoria Vicchi dovettero sorreggere Suor Anna Felice, che era mezza tramortita. Tutte le suore avevano sentito la botta. Videro con sgomento che sulla porta si era formata l'impronta di una mano, come se fosse stata impressa a fuoco. Andarono a chiamare la badessa e anche lei costatò il segno. Intanto l'ora si era fatta tarda e, non sapendo che pesci prendere, la badessa comandò a tutte di andare a dormire. L'indomani si sarebbe visto che cosa fare.
NULLA È IMPOSSIBILE DIO
La più spaventata di tutte era colei che aveva assistito ai fenomeni, suor Anna Felice. Questa nella sua cella, prima di coricarsi si inginocchiò per recitare sette salmi espiatori per l'anima della consorella defunta. La notte stessa sognò suor Teresa Margherita tutta gioiosa. La quale la ringraziò per le preghiere che aveva recitato e che le avevano ridotto la pena in Purgatorio: doveva starci ancora un po’ per via della eccessiva indulgenza nei confronti delle suore al tempo della sua direzione, ma con qualche altra preghiera sarebbe stata finalmente ammessa alla visione beatifica. Qualche settimana dopo, suor Anna Felice, di notte mentre era a letto e recitava il Miserere, sentì la solita voce che la chiamava.
Si rizzò a sedere e di colpo un globo di luce comparve nella sua cella illuminandola a giorno. La voce le disse che il venerdì seguente sarebbe finalmente uscita dal purgatorio, la ringraziò e si congedò per sempre perché mai più l'avrebbe sentita. La notizia di questi fatti non tardò a valicare le mura del convento e a interessare tutta la città. Il vescovo volle vederci chiaro e, sentita la badessa, ordinò un'inchiesta. Dopo i minuziosi accertamenti e gli interrogatori si procedette alla riesumazione del corpo della defunta. Fu divelta la porta con l'impronta e fu portata accosto alla bara: la mano della morta coincideva perfettamente con quella impressa nel legno. E non ci fu altro da aggiungere.
Alcune notazioni. La morta a Suor Anna Felici aveva detto di essere stata condannata a quarant'anni di Purgatorio, poi ridotti a quindici grazie alle preghiere di intercessione. Ma c'è il tempo in Purgatorio? Ci sono gli anni? O è una metafora dell'anima purgante per farsi intendere?
Altra cosa: una suora zelantissima c'era finita non per mancanze sue, ma per non aver vigilato con la necessita severità sullo zelo altrui, di cui era responsabile. In effetti, dice il Vangelo che "a chi molto è stato affidato, molto verrà chiesto". Vien da dire, come gli Apostoli: "ma allora chi potrà salvarsi?". Gesù rispose che ciò era impossibile agli uomini ma non a Dio. Ed è questa la nostra speranza. Mah, e poi dicono che l'inferno è vuoto...
Titolo originale: Il caso della suora in Purgatorio
Fonte: Il Timone, ottobre 2024
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