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« Torna agli articoli di Alberto Simoni
Eliminato il divieto del predecessore di finanziare associazioni e Ong internazionali che praticano le interruzioni di gravidanza.
Lo aveva promesso in campagna elettorale. E puntuale è arrivato il provvedimento. Ieri il presidente Usa Barack Obama ha firmato un “executive order” che cancella il divieto, confermato invece da Bush nel 2001, di finanziare con fondi federali le associazioni e i gruppi internazionali che praticano o promuovono l’aborto all’estero.
Una decisione tanto attesa quanto scontata. La regola, nota come “global gag rule” (legge bavaglio globale), esclude dal finanziamento anche quelle associazioni che fanno pressioni a favore dell’allentamento delle restrizioni per l’aborto. Secondo i critici questo inficia la libertà di parola, da cui il soprannome «legge bavaglio globale».
Fu Reagan durante il Summit dell’Onu a Città del Messico nel 1984 a imporre la regola nota poi come «Politica di Città del Messico». Bush senior nel 1988 confermò il divieto che venne invece tolto da Clinton nel 1993. Il resto è storia recente. Di fatto i presidenti repubblicani hanno mantenuto il no al finanziamento di Ong e agenzie Onu (come l’Unfpa) che nella pianificazione familiare includono l’aborto. I democratici hanno invece sempre smontato la «global gag rule».
La decisione di Obama è giunta all’indomani della Marcia per la vita che ha visto sfilare oltre 200mila persone per le strade di Washington. Un tentativo quello di non far coincidere l’“executive order” con la Marcia, interpretato come un segno di volontà di non andare allo scontro con gli antiabortisti. L’altra sera, nel 36esimo anniversario della sentenza Roev Wade che ha legalizzato l’interruzione di gravidanza nel Paese, Obama è intervenuto con un comunicato sull’aborto. Nel messaggio il leader statunitense ha invitato a «trovare un punto di incontro» fra coloro che sostengono che l’aborto sia un diritto e coloro che lo negano. Tuttavia Obama ha ribadito con forza il suo pensiero: «Resto determinato a proteggere la libertà delle donne di scegliere». «Questo anniversario – ha aggiunto il presidente – ci ricorda che questa decisione non solamente protegge la salute delle donne e la libertà di riproduzione, ma simboleggia un principio più ampio: che il governo non si deve intromettere nelle questioni di famiglia più intime». Le posizioni del nuovo inquilino della Casa Bianca fanno preoccupare i vescovi statunitensi. In un’intervista alla Radio Vaticana il vescovo di Orlando, monsignor Thomas Gerard Wenski ha detto che la Chiesa Usa «è preoccupata per il fatto che gli ideologi pro-aborto possano prevalere in Congresso e presentare a Obama una proposta di legge abortista più radicale». Ha quindi invitato i fedeli a mobilitarsi e a contattare i loro rappresentanti al Congresso per opporsi «a qualsiasi legge tesa a ampliare il diritto all’aborto». Le preoccupazioni riguardano il Foca (Freedom of Choice Act), che se approvato negherebbe ai singoli Stati il diritto di promulgare leggi che limitino la possibilità di abortire. Obama ha più volte detto che se la legge arrivasse sul suo tavolo vi apporrebbe la firma per la ratifica. Il Foca, ha spiegato il direttore del servizio informazione del Segretariato pro vita della Conferenza episcopale Usa, Emer McCarthy, «elimina quelle norme che tutelano la donna da un aborto; chiede a tutti gli Stati di consentire la nascita parziale ed ogni altro tipo di aborto a gravidanza avanzata». Inoltre violerebbe – per McCarthy – il diritto all’obiezione di coscienza di infermieri e medici.
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