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« Torna agli articoli di Alessandra De Luca
A gli spettatori italiani che nei prossimi giorni faranno la fila per vedere il kolossal fantasy La bussola d’oro – nei 450 cinema dove sarà proiettato – senza aver letto il primo capitolo della trilogia di Phillip Pullman dal quale il film è tratto, sembrerà insensato che le avventure di una ragazzina in viaggio in un universo parallelo abbiano suscitato tanto sdegno e polemiche tra i cattolici e gli evangelisti americani. Accusata di fomentare l’ateismo tra i più giovani, la pellicola è oggetto negli Usa di boicottaggio da parte di numerosi gruppi di attivisti. Eppure nel film (apparentemente) non vi è traccia di offesa al cristianesimo. La storia è infatti quella della piccola Lyra Belacqua che, entrata in possesso di una bussola creata per indicare sempre la verità, si mette in cerca del suo migliore amico rapito per conto di un’organizzazione chiamata Magisterium. Ad aiutare la bambina ci saranno lo zio, che ha scoperto l’origine di una misteriosa polvere, una strega buona, un avventuriero texano e un orso polare armato di corazza.
Che siano allora i cristiani d’oltreoceano ad aver perso la bussola ? Niente affatto. E chi si accosterà al film avendo letto il libro di Pullman se ne accorgerà. Perché la saga dello scrittore britannico è profondamente antireligiosa, cosa che deve aver creato non poco imbarazzo a Hollywood se fin dall’inizio tutti, ma proprio tutti, dai produttori, al regista e agli attori – Nicole Kidman in prima fila – hanno negato qualunque attacco al cattolicesimo nel film. Il temibile Magisterium, ad esempio, che nella pellicola consiste in una non meglio definita organizzazione tirannica tesa a sottrarre agli uomini il libero arbitrio, nel romanzo si identifica con la chiesa cattolica. E se nella pellicola prevale il tema della cara, vecchia lotta tra bene e male (come sottolineato anche dalla conferenza episcopale americana, la quale non ha appoggiato apertamente il boicottaggio), il messaggio della saga letteraria sostiene invece ciò che viene difeso da gruppi ateisti americani come Freedom from Religion, e cioè: la religione esercita una vera e propria tirannia sugli uomini e bisogna liberarsene.
Ma perché allora scegliere di tradurre per il grande schermo e per un pubblico di giovanissimi una storia così apertamente anticristiana per poi ripulirla cancellando un po’ ipocritamente qualunque riferimento troppo scomodo? Forse perché la cattolica Kidman non avrebbe mai accettato di interpretare un film anticattolico. O forse perché il regista Chris Weitz, autore anche della sceneggiatura, non aveva le spalle abbastanza larghe per affrontare un tale sfida. Ma la ragione più evidente è che la New Line (la casa di produzione della trilogia de Il signore degli anelli)
ha investito una tale quantità di denaro in questo progetto (oltre 210 milioni di dollari) da non potersi certo permettere il lusso di perdere quella larga fetta di pubblico inevitabilmente offesa dal film.
Meglio lanciare il sasso, nascondere la mano, negare tutto e sperare che una bella polemica contro il film lo aiuti al botteghino. D’altra parte qualcosa dell’ateismo di Pullman è necessariamente trasudato anche nella pellicola: l’anima dei personaggi, ad esempio, vive all’esterno dei loro corpi sotto forma di animale, idea che contrasta con ciò che dice la Bibbia. E cosa ne sarà poi di quel personaggio chiamato Dio e ucciso dalla piccola protagonista nel terzo libro? Ma c’è ancora un altro aspetto da considerare. In un circo mediatico dove le strategie di promozione si fanno sempre meno trasparenti, l’arrivo del film nelle sale funzionerà certamente da traino per il libri di Pullman, soprattutto in paesi, come l’Italia, dove la saga non è ancora così popolare. Vale a dire che regista e produttori avranno pure filtrato il film trasformandola in una favola per tutti, ma se La bussola d’oro spingerà il giovane pubblico all’acquisto dei romanzi per sapere in anticipo come andrà a finire il viaggio di Lyra, ecco che le preoccupazioni dei cattolici risultano tutt’altro che insensate.
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