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« Torna agli articoli di Alfredo
Il Centrodestra italiano sarà ricordato positivamente, fra l'altro, per alcune importanti riforme di quadro, dalla legge sulla droga a quella sull'immigrazione, per aver tutto sommato "tenuto" di fronte ad aggressioni periodicamente orientate contro la famiglia e la libertà religiosa, e per aver rivolto una certa attenzione alle sicurezza quotidiana. Per questo sorprende – e non poco – la firma che, in compagnia dell'onorevole Marco Pannella, il presidente Silvio Berlusconi ha apposto ai referendum radicali qualche giorno fa. Bisogna augurarsi che se, sulla scia dell'adesione del leader del Pdl, più d'uno si sente sollecitato a seguire il suo esempio quanto meno legga i quesiti prima di sottoscriverli. Proviamoci noi.
Lasciamo da parte il referendum sul finanziamento pubblico ai partiti e i quesiti sulla giustizia che, per quello che ha dichiarato il presidente Berlusconi, sono quelli che egli realmente condivide e che hanno motivato la sua uscita. Scorro velocemente gli altri.
DROGA
Nel 2006, dopo un lungo confronto con gli operatori del settore e dopo un altrettanto lungo dibattito in Parlamento, in particolare al Senato, l'allora maggioranza di Centrodestra approvò, fra non poche polemiche, la riforma degli stupefacenti, contenuta in un disegno di legge che reca per prima la firma dell'allora presidente del Consiglio Berlusconi. La nuova disciplina si è mossa su due direttrici: quella di una maggiore serietà verso chi detiene droga, dopo che si era consolidata una giurisprudenza permissiva che regalava assoluzioni anche per il possesso di chilogrammi di stupefacente; quella di una più accentuata apertura verso chi, pur avendo commesso reati motivati dall'uso di droga, sceglie di affrontare un percorso di recupero, evitandogli il più possibile la permanenza in carcere. Il quesito dei Radicali, se approvato, abolirebbe il carcere per il possesso di "quantità medie" di stupefacenti, di coltivazione domestica, di piccolo spaccio; eliminando il carcere, fa venire meno anche la misura alternativa del lavoro di pubblica utilità, prevista dalla riforma in un'ottica di recupero.
IMMIGRAZIONE
Il quesito dei Radicali punta ad abolire il reato di immigrazione clandestina: esso, a differenza di quanto sostiene la propaganda contraria, non ha come sanzione il carcere, bensì una pena pecuniaria che di regola viene sostituita dall'ordine di espulsione. Permette quindi di rendere coerente un sistema che, come accade in tutta Europa e in larga parte del mondo, se qualcuno entra clandestinamente in uno Stato che non è il suo e non ha ragioni di persecuzione o di protezione umanitaria da far valere, deve essere ricondotto nel Paese di origine. Abolendo questa disposizione, introdotta dal Parlamento nel 2009 su iniziativa del Governo Berlusconi, salta il sistema delle espulsioni, già reso difficile da complicazioni burocratiche e logistiche. Di più, il quesito dei Radicali elimina il collegamento oggi esistente fra permesso di soggiorno e contratto di lavoro; già oggi, se lo straniero perde il lavoro ha un anno di tempo per trovarne un altro. Condividere questo referendum equivale a dire che l'extracomunitario potrà restare in Italia senza lavorare: mantenendosi come? O con il lavoro in nero, e quindi in una condizione di sfruttamento, o commettendo reati, o comunque vivendo una condizione di marginalità.
DIVORZIO BREVE
Oggi si può ottenere il divorzio dopo almeno tre anni di separazione (dopo un anno in assenza di figli). L'approvazione del quesito referendario eliminerebbe ogni tempo di attesa, e quindi la stessa necessità della previa separazione. La logica del sistema è stata finora quella di favorire, col tempo, una riflessione fra i coniugi in crisi. La logica del nuovo sistema sarà quella di rendere ancora più traballante l'istituto matrimoniale: superando perfino quanto accade a Las Vegas, nei cui hotel il termine per divorziare è di almeno 40 giorni dalle nozze. Più che di divorzio breve sarebbe il caso di parlare di divorzio istantaneo.
8 PER MILLE
Il meccanismo odierno stabilisce la possibilità di destinare tale quota nella dichiarazione dei redditi in favore di una confessione religiosa con la quale l'Italia abbia stretto l'accordo concordatario (soltanto la Chiesa cattolica) o un'intesa (numerose confessioni presenti in Italia), o in favore dello Stato. Se la scelta non è effettuata, la quota dell'8 per mille viene ripartita fra tutti coloro che ne sono destinatari, in proporzione alle opzioni esercitate. Se il quesito referendario fosse approvato, la quota residua verrebbe destinata per intero allo Stato. Si dice: se uno non ha scelto non si può utilizzare la sua quota – col criterio appena descritto –, a prescindere da una volontà non espressa. Seguendo questa logica, però, la quota andrebbe restituita al contribuente, non conferita in aggiunta allo Stato. Per analogia, sarebbe come se si attribuissero i seggi in Parlamento solo in relazione ai voti validamente espressi: un buon terzo resterebbe non assegnato; sappiamo che non va così e che chi sceglie di non votare di fatto opta perché altri votino per lui. Con l'8 per mille, oggi più che nel passato, la Chiesa cattolica viene incontro a tanta quotidiana disperazione. I Radicali, e chi li appoggia, ambiscono a sostituirsi alle mense della Caritas?
ERGASTOLO
Spero non venga considerato fra i quesiti sulla giustizia che hanno motivato l'adesione all'insieme. Da quasi quarant'anni il "fine pena mai" è solo teorico; da un tempo di poco inferiore "ergastolo" significa, inserito nel quadro dei benefici penitenziari, tornare in libertà piena dopo circa vent'anni di reclusione. Tutti sappiamo che l'ergastolo viene dato per i delitti realmente più gravi, dalle stragi agli omicidi più efferati. Eliminarlo dal codice penale, come chiede il quesito referendario, vuol dire condividere che un assassino o uno stupratore seriale di bambini possa uscire dal carcere dopo circa quindici anni, avendo avuto prima la semilibertà e il lavoro all'esterno.
CUSTODIA CAUTELARE
Che su questo fronte ci siano abusi è incontestabile. Che la soluzione sia approvare il referendum radicale è dubbio. Il quesito punta ad abolire, quale ragione per applicare la custodia cautelare, il rischio – che va documentato – di tornare a commettere delitti della stessa specie di quello per il quale vi è un procedimento in corso. Si immagini un rapinatore professionale, con pagine di certificato penale piene di condanne per reati contro il patrimonio, che ha appena "alleggerito" a mano armata un supermercato, per il quale non vi sia documentato né il pericolo di fuga né il rischio di inquinamento delle prove: l'approvazione del quesito lo lascerebbe a piede libero, "libero" di continuare il suo (dis)onesto lavoro. C'è – come negarlo? – un grosso problema di uso distorto della custodia cautelare: che va affrontato con seri interventi sul piano della responsabilità del magistrato. Se passasse questo referendum, ne patirebbero solo i cittadini onesti.
CONCLUSIONE
Il presidente Berlusconi, avendo a fianco l'onorevole Pannella, ha affermato di aver firmato, pur non condividendo alcuni quesiti, comunque per permettere ai cittadini di far sentire la loro voce. La tesi lascia perplessi: gli italiani si erano già espressi, quando – in varie circostanze – hanno votato il Centrodestra sulla base di un programma elettorale che prevedeva la riforma delle leggi sulla droga e sull'immigrazione, il rispetto della libertà religiosa, la tutela della famiglia e l'attenzione alla sicurezza dei cittadini. Firmando i quesiti radicali, si crea comunque un presupposto perché essi, attraverso la sottoposizione al voto, siano approvati; dunque, non è un gesto neutro. Resta da capire quali sono i referendum che il Centrodestra non condivide, essendo peraltro autore delle leggi che i quesiti intendono modificare o annullare; e se e quando e come - qualora le firme vengano raccolte, grazie anche all'esempio dato da chi con tanta enfasi ha apposto la sua - verrà organizzata una campagna tematica contro di essi.
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