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« Torna agli articoli di Andrea
«Paese da marciapiede, presidente spazzino, guerre tra poveri... Confesso che leggendo l’editoriale di Famiglia Cristiana mi sono chiesto il perché di questi toni».
È perplesso monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino e Montefeltro, dopo l’ennesima polemica suscitata dalle prese di posizione del settimanale cattolico paolino, che da qualche mese ha inaugurato una linea interventista, non risparmiando critiche a nessuno.
Condivide i contenuti dell’editoriale?
«Non condivido innanzitutto il tono, che – spiace dirlo – mi sembra un po’ venato di isterismo. Ma non condivido neanche il merito, cioè le critiche stesse che vengono rivolte all’esecutivo».
Perché?
«Per prima cosa, perché non credevo di dover leggere in un foglio che si definisce “cristiano” fin dal titolo parole prive di quel minimo di rispetto dovuto alle istituzioni. Poi mi sono chiesto come mai Famiglia Cristiana non avesse tuonato con la stessa forza e con lo stesso sarcasmo quando lo scorso governo ha tentato di portare un attacco senza precedenti alle famiglie cristiane, alle famiglie concrete, non ai giornali, cercando di introdurre il riconoscimento delle coppie di fatto e delle unioni omosessuali. Non ricordo attacchi così tempestivi e forti».
Ammetterà però che i problemi segnalati da Famiglia Cristiana esistono...
«Ma chi scrive questi editoriali frequenta il popolo, la gente? È una domanda più che legittima se un settimanale cattolico definisce il presidente del Consiglio “spazzino”, senza rendersi conto che proprio dalla rapida ed efficace soluzione del problema dell’immondizia che invadeva le strade di Napoli la gente ha tratto un motivo di sostanziale fiducia verso il governo. In due mesi è stato risolto un problema che si trascinava da anni che ci faceva vergognare di fronte al mondo intero».
I militari nelle città italiane ci fanno somigliare all’Angola?
«Non intendo come vescovo entrare nello specifico di queste opzioni, che non mi sembrano fondamentali. Continuo a chiedermi però se chi scrive gli editoriali di Famiglia Cristiana conosca da vicino i problemi della sicurezza nelle periferie delle nostre città. La gente soffre problemi reali e vuole risposte concrete. Non dico che i problemi del Paese si possano ridurre a quello della sicurezza o della spazzatura, però se l’esecutivo tenta delle risposte, non vedo perché attaccarlo».
Non abbiamo parlato del problema della povertà, del venir meno del potere d’acquisto, dell’accattonaggio che viene ora sanzionato in molti Comuni, anche gestiti da sindaci di centrosinistra.
«Condivido il giudizio del cardinale Martino quando afferma che bisogna combattere la povertà, non chi è costretto dalla povertà a sopravvivere. Se però l’accattonaggio è gestito come un racket, se vengono sfruttati dei minori, se gli spazi per chiedere elemosina vengono gestiti da società criminali, è giusto intervenire. E lo dimostra il fatto che le decisioni in questo senso vengono prese da amministratori di entrambi gli schieramenti. Ciò non significa dimenticare la lotta alla povertà, al contrario. Mi sembra, ad esempio, che la “social card”, la possibilità per una fascia di persone di avere a disposizione 400 euro per alleggerire un po’ il carico delle bollette o della spesa, sia un piccolo passo. Piccolo piccolo, se si vuole. Ma pur tuttavia un passo».
Il mondo cattolico ha mosso critiche al governo chiedendogli di fare di più per la famiglia. Cosa ne pensa?
«Quarantott’ore dopo le ultime elezioni dissi che i cattolici dovevano incalzare il nuovo governo sui temi del sostegno alla famiglia e alla libertà di educazione: due emergenze. Mi auguro che anche a questi problemi reali e molto sentiti si cerchi di dare risposta, con una politica animata da una forte cultura popolare».
Vede che in fondo è d’accordo sul fatto di pungolare il governo?
«Eh no, un momento. Una cosa è incalzare, intervenire, fare presenti delle priorità. Un’altra è scendere a certi livelli e usare certi toni che sembrano fatti apposta per creare polemica. Al di là della buona educazione, credo che una rivista che viene diffusa nelle parrocchie e che finisce proprio per questo per apparire spesso come il volto della Chiesa italiana debba contribuire a creare una mentalità di fede in base alla quale affrontare i problemi. Mi chiedo quale prospettiva, quale itinerario si apra con certi editoriali: quello della responsabilità o quello dell’isterismo?».
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