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Parla monsignor Guido Marini, maestro delle celebrazioni pontificie: "Indossa la vecchia ferula di Pio IX. E' più leggera".
A Genova, dov’è cresciuto, invece che Marini lo chiamavano don «Guidino», perché è alto e magro. A Roma, dov’è arrivato per scelta di Benedetto XVI lo scorso ottobre, si è fatto stimare per la sua gentilezza ma anche per la sua decisione di mettere fedelmente in pratica le idee liturgiche di Ratzinger. Monsignor Guido Marini, classe 1965, è da qualche mese il nuovo maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, succeduto all’omonimo Piero Marini, per molti anni artefice delle liturgie di Giovanni Paolo II e degli inizi dell’attuale pontificato. Se dal punto di vista del nome non ci poteva essere passaggio più soft, l’arrivo di don Guido - plurilaureato, già cerimoniere e cancelliere di due arcivescovi genovesi - non è passato inosservato, grazie al recupero di alcuni paramenti tradizionali. Sono stati riesumate mitrie antiche e il Pontefice ha cambiato pure pastorale abbandonando quello moderno d’argento per prendere una «ferula» (bastone sormontato dalla croce) di Pio IX. Al punto che, durante il recente viaggio negli Usa, la stampa ha parlato di un Papa «vintage». Il Giornale ha incontrato il cerimoniere nel suo ufficio, dal quale si gode una delle più belle vedute su piazza San Pietro. Innanzitutto per chiedergli la ragione del recupero dei preziosi copricapi dei predecessori: ad esempio, lo scorso Natale, Ratzinger ha usato mitrie appartenute a Paolo VI, Giovanni XXIII e Benedetto XV.
«I paramenti adottati, come anche alcuni particolari del rito - spiega il maestro delle cerimonie - intendono sottolineare la continuità della celebrazione liturgica attuale con quella che ha caratterizzato nel passato la vita della Chiesa. La chiave interpretativa della continuità è sempre il criterio esatto per leggere il cammino della Chiesa nel tempo. Questo vale anche per la liturgia». «Come un Papa cita nei suoi documenti i Pontefici che lo hanno preceduto, in modo da indicare la continuità del magistero della Chiesa - continua Marini - così nell’ambito liturgico un Papa usa anche paramenti e suppellettili sacre dei predecessori per indicare la stessa continuità anche nella celebrazione. Vorrei però far notare che il Papa non usa sempre paramenti antichi. Ne indossa spesso di moderni. L’importante non è tanto l’antichità o la modernità, quanto la bellezza e la dignità, componenti importanti di ogni celebrazione liturgica».
Un altro vistoso cambiamento, più recente, è l’abbandono della moderna croce pastorale d’argento di Paolo VI. Ratzinger ne ha infatti adottata una più grande, di Pio IX. «Ovviamente - spiega Marini - vale ancora ciò che ho appena detto a proposito della continuità. In questo caso, però, c’è anche un elemento di praticità: la ferula di Pio IX risulta più leggera e maneggevole. Tanto che il Papa ha deciso di usarla abitualmente, come si è visto anche negli Stati Uniti».
In qualche occasione, come nel concistoro per la creazione dei nuovi cardinali, è stato ripristinato l’alto trono papale. Nostalgie per il potere temporale? «Nessuna nostalgia - risponde con il sorriso sulle labbra il capo dei cerimonieri pontifici -. Il cosiddetto trono, usato in particolari circostanze, vuole semplicemente mettere in risalto la presidenza liturgica del Santo padre».
Infine, è stata notata, da quando monsignor Marini ha preso possesso dell’incarico, la presenza di una croce al centro dell’altare, come si usava un tempo. Anche in questo caso, il cerimoniere ci tiene a far comprendere il significato profondo di una scelta che non ha nulla di nostalgico: «La posizione della croce al centro dell’altare indica la centralità del crocifisso nella celebrazione eucaristica e l’orientamento esatto che tutta l’assemblea è chiamata ad avere durante la liturgia eucaristica: non ci si guarda, ma si guarda a Colui che è nato, morto e risorto per noi, il Salvatore. Dal Signore viene la salvezza, Lui è l'Oriente, il sole che sorge a cui tutti dobbiamo rivolgere lo sguardo, da cui tutti dobbiamo accogliere il dono della grazia».
Il telefono squilla in continuazione. Ci sono da mettere a punto gli ultimi dettagli per le liturgie che Benedetto XVI celebrerà a Savona e a Genova il 17 e 18 maggio. Chiediamo se sia difficile fare il maestro delle cerimonie. «È un compito impegnativo non solo per la quantità del lavoro, ma anche e soprattutto per la responsabilità che comporta. Ho avvertito molto la responsabilità di vivere con totale fedeltà al Santo padre il compito che mi è stato affidato, tenendo conto che la liturgia che sono chiamato a servire e “organizzare” è la liturgia della Chiesa, del Papa».
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